Doppia iniziativa «Buona scuola», l’opinione di un promotore

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Entro il prossimo 25 novembre il popolo grigionese si recherà alle urne per decidere sul futuro dell’istruzione nel Cantone. Il comitato «Buona scuola Grigioni» ha lanciato una doppia iniziativa (relativa a una modifica costituzionale e della legge scolastica) con lo scopo di cambiare l’iter di emanazione dei programmi didattici, che oggi sono di competenza esclusiva del Governo. Se entrambe le iniziative fossero accolte, i programmi dovrebbero essere prima trattati in Gran Consiglio e soggetti al referendum facoltativo. L’avvocato Plinio Pianta di Brusio fa parte del comitato promotore delle due iniziative e gli abbiamo perciò rivolto alcune domande. 

 

Avvocato Pianta, ci spiega come si è arrivati a lanciare le due iniziative «Buona scuola» e perché questa votazione è strettamente legata alla recente introduzione nelle scuole pubbliche del Cantone del «Piano di studio 21»?
Il Piano di studio 21 non è come quelli fino ad oggi usuali, che fissano un quadro entro il quale si insegna e si impara. Esso è invece caratterizzato da un cambiamento radicale non dichiarato di paradigma del compito sociale della scuola. Già nel 2012, in occasione della revisione della Legge sulla scuola, quest’ultima è stata adattata in modo tale da permettere l’introduzione del Piano di studio 21. Sarebbe invece stata l’occasione di dare al Gran Consiglio la competenza della sua delibera. A quel tempo un tale cambiamento delle responsabilità non si voleva. Nel 2014 l’UDC ha inoltrato un incarico di frazione concernente l’obbligo di sottoporre i piani di studio al referendum facoltativo, e questo prima dell’introduzione del Piano di studio 21. La richiesta è stata bocciata. Purtroppo la problematica dell’impostazione errata si sta sempre più evidenziando nel tempo!
Perciò il nostro Comitato ha scelto la via dell’iniziativa, anche per rendere finalmente pubblica la discussione sullo sviluppo errato nel campo dell’insegnamento. La nostra prima iniziativa, che si riferiva esplicitamente al Piano di studio 21 quando era stato inoltrato il primo testo al Governo, era stata minacciata da bel principio di venire annullata, poiché i piani di studio non sono regolati in campo legislativo e non possono perciò essere oggetto di una votazione o di un referendum. Fummo così costretti pertanto a lanciare anche un’iniziativa costituzionale, per assicurare innanzitutto la base costituzionale e, quindi su questa base poter sottoporre la delibera da parte del Parlamento dei piani di studio.

La società è in continuo mutamento: è quindi naturale che anche la scuola si adatti ai tempi. Se i nostri genitori e nonni non si fossero adattati saremmo rimasti a lavagnetta, gesso e pallottoliere. Perché il comitato delle due iniziative è radicalmente contrario al «Piano di studio 21»?
È indubbio che anche la scuola debba adattarsi ai bisogni del tempo. Questo sarebbe stato possibile anche senza un nuovo concetto scolastico. Si sarebbero potute introdurre senz’altro anche nuove materie come per esempio «media» e «informatica». La nostra critica al Piano di studio 21 è motivata dalla fissazione per iscritto, in un concetto comprendente 470 pagine, degli sviluppi erronei degli ultimi decenni, invece di attenersi ai risultati più recenti della ricerca in campo pedagogico. Simili concetti in altri paesi sono già falliti e si sta facendo retromarcia, poiché comportano conseguenze disastrose. La nostra critica si incentra in primo luogo al concetto dell’orientamento alle competenze, poiché le conoscenze non sono più trasmesse sistematicamente e non esistono più obiettivi annuali chiari e vincolanti. I 2’304 passi di competenza servono a rendere possibile il paragone e la misurazione per il tramite dei test alla fine dei cicli quadriennali. Con ciò si corre il pericolo di promuovere la concorrenza per fare buona figura in campo internazionale e si incentra la formazione sullo sfruttamento economico, trascurando lo sviluppo personale del bambino. Nella scuola invece si dovrebbero trasmettere le capacità fondamentali dello scrivere, del leggere e del far di conto, con l’obiettivo di formare una solida base per la futura attività professionale. Critichiamo pure la teoria dell’«apprendimento autogestito». Ciò significa che i bambini imparano lasciati a loro stessi, con un piano settimanale, con offerte di apprendimento a diversi livelli scelti dai bambini stessi; in primo piano sono il processo di apprendimento e i metodi. Il ruolo dell’insegnante viene degradato ad accompagnatore del processo d’apprendimento e la responsabilità del progresso dell’apprendimento viene delegata al bambino, che in molti casi non ne è all’altezza. I bambini vorrebbero che l’insegnamento venga fatto da insegnanti entusiasti della loro materia che si dedicano loro di prima persona in modo benevole e che pretendono qualcosa. Specialmente nelle classi inferiori si esige troppo pretendendo che i bambini organizzino loro stessi l’apprendimento. Nel Piano di studio 21 per molte competenze si legge: i bambini devono ricercare, riflettere, giudicare, presentare, parlare del proprio stato d’animo, valutare lo stato di cose concrete, caratterizzare sé stessi, ecc. Tutto questo non corrisponde allo sviluppo di bambini delle prime classi elementari. I bambini vogliono sentire parlare di cose interessanti che concernono la loro vita concreta e non riflettere continuamente su sé stessi. È anche dimostrato da tempo che un insegnamento di classe ben condotto dà risultati migliori che se i bambini sono lasciati in balia di sé stessi, magari con il tablet. Questo non è a misura di bambino e riduce il successo dell’apprendimento.

Con l’iniziativa «Buona scuola» (Proposta 1 – modifica costituzionale) si ancorerebbe nella Costituzione cantonale il diritto di referendum facoltativo in questioni specifiche relative all’istruzione pubblica. Non vi è il rischio di creare un precedente costituzionale che spalancherebbe la porta a ulteriori iniziative in altri ambiti specifici ma strategici per il Cantone quali ad esempio la socialità, la sanità, l’ambiente o la polizia?
Riteniamo la scuola dell’obbligo talmente importante da non volerla lasciare nelle mani di un gruppo di esperti che gestiscono lo sviluppo della stessa in una direzione errata, dove in primo piano troviamo il principio dell’utilitarismo. Con la scuola si vogliono fare soldi, è un mercato milionario. I perdenti sono la molteplicità culturale, i valori morali, le materie artistico-musicali. Vogliamo tollerare una crescente burocratizzazione, più controlli, una monocultura pedagogica, la riduzione della libertà pedagogica e perfino la privatizzazione e l’influsso di grandi gruppi multinazionali nel campo della formazione? Sviluppi, questi, che si possono osservare in molti altri campi. Noi cerchiamo di prendere un’altra direzione. Negli USA, per esempio, in alcune scuole-élite già oggi si tolgono gli apparecchi digitali dalle aule scolastiche e si ritorna ad una pedagogia che mette l’essere umano al centro dell’attenzione.

Gli oppositori delle due iniziative sulla «Buona scuola» affermano che il sistema politico è già ben rodato e che il potere legislativo (Gran Consiglio e Popolo) debba solo fissare il contesto generale (condizioni quadro) con cui il potere esecutivo (Governo e Amministrazione) possa attuare le leggi e operare, conformemente alla separazione dei poteri fissata nell’Art 4, cpv. 1 della Costituzione cantonale. Cosa si sente di obiettare a tal proposito?
Naturalmente la separazione dei poteri è importante, il Parlamento legifera, il Governo mette in atto. Ma nella fase precedente si è consapevolmente cambiata la Legge sulla scuola in modo da poter prescrivere il Piano di studio 21 elegantemente e senza discussioni, prendendo la via del decreto. Ora si critica che i deputati in Gran Consiglio si debbano esprimere sulla messa in opera, e si dice che si tratta di uno spostamento inammissibile delle competenze. Ma il Gran Consiglio è l’organo supremo, e come tale ha il compito di sorvegliare e, se necessario, di correggere l’attività del Governo.

Perché è così importante dire SÌ a queste due iniziative?
Possiamo limitare i danni e in futuro partecipare alle decisioni. Con le nostre due iniziative non possiamo eliminare il caos e abolire il Piano di studio 21, possiamo solo limitare i danni. Chiediamo infatti che siano introdotti entro due anni contenuti vincolanti e obiettivi annuali. Così influenziamo concretamente il Piano di studio e un gruppo di esperti in materia potrà proporre questi cambiamenti. Si tratta di ottenere di nuovo chiarezza su che cosa e in quale classe i bambini imparano a scuola. Anche i genitori vogliono saperlo.
E in futuro vogliamo la codecisione nel caso di riforme. La popolazione deve avere la possibilità di dare l’allarme in caso di bisogno o almeno di fare alcuni passi fuori dal vicolo cieco. L’iniziativa doppia dà finalmente nelle mani della popolazione un mezzo per dimostrare la loro indignazione per le conseguenze deleterie assunte dallo sviluppo della scuola, che già ora si può constatare. Si sa già da tempo che il concetto dell’orientamento verso le competenze è fallito, gli allievi sanno sempre di meno. Si sa anche che con le forme aperte di insegnamento si ottengono peggiori risultati. I bambini non sono ancora in grado di organizzare loro stessi l’apprendimento. In poche parole, le riforme degli ultimi 25 anni, che con il Piano di studio 21 hanno assunto lo stato di ufficialità, non hanno condotto a risultati positivi.


A cura di Achille Pola