La cruna dell’ago. Variazioni su Campocologno e dintorni

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    Dopo il 1912, nei primi decenni del Novecento. © Delia Nussio Pola

    Invitato dalla redazione dei “Quaderni Grigionitaliani” a scrivere un contributo su Campocologno come “non luogo”, Roberto Nussio ne parla a modo suo, attingendo a ricordi di quaranta anni di attività professionale nella frazione e usando una metafora musicale.


    Campocologno, nel dialetto locale “Cunculugn”, è una località di Brusio (Valposchiavo, Canton Grigioni) situata a 540 m.s.l.m. sul confine tra Svizzera e Italia.

    Ragionamento in poltrona con la pipa accesa (adagio, riflessivo)

    Come in ogni luogo di confine, le opportunità di lavoro e guadagno dipendono dalle tantissime diversità del momento fra i due stati: dai prezzi, dai servizi, dalle leggi, dalle tasse e dalle condizioni generali adottate verso persone e aziende. Inoltre, esistono le differenze di formazione professionale, di qualità, di moda, di metodo, del gestire il bene pubblico e del come ci si presenta alla clientela.

    I valori di questi parametri non sono stabili nel tempo e, ciò malgrado, la somma di tutte queste forze e la direzione che ne deriva, sembrerebbe volgere a un movimento ciclico. Altre volte, si potrebbe pensare che il “controvento soggettivo” avvertito, duri giusto il tempo per potersi “reinventare”. Quel periodo che serve per trovare nuovi sbocchi, da una parte o dall’altra del confine. Come tra fratelli siamesi siamo entrambi attaccati allo stesso cordone ombelicale e con la linfa che non scorre mai in favore di tutte e due le parti.

    Vedo quanto credo? (adagetto, malinconico)

    Pensa, sono ritornato a Campocologno dopo quaranta anni. Guarda, mi avevano avvisato: “Tutto è cambiato, e in peggio!” Le case sulla strada, quel maledetto traffico, tutti quei negozi e ristoranti chiusi da decine di anni, mi danno una tristezza! È finita la cuccagna del contrabbando, del cioccolato e del caffè. Sai, sono in crisi pure i distributori di benzina. Colpa del franco forte, mi hanno detto. Ti ricordi quando gli svizzeri tedeschi si fermavano e scendevano dal treno? E tutte quelle vacche che erano esportate in Italia e muggivano tutte le notti? Che commercio! La Confederazione dava degli incentivi all’esportazione della “razza bruna” e gli italiani, di nascosto, ne facevano bistecche. Non vedi e non senti più nulla. Non hanno più nemmeno il capostazione, ti devi servire da un automatico. Anche la posta che brulicava di italiani: soppressa. Si va a Brusio. E cosa è successo con tutti gli impiegati della Ferrovia Retica e le guardie di confine che s’incontravano di buon mattino nel ristorante di Teresa a raccontare le notizie della notte? I primi fanno unicamente manovre con carichi di benzina, gasolio e legna su di una rampa al lato sinistro del fiume, i secondi sono quasi spariti. Passati i tempi in cui “Campo”, come durante le guerre mondiali, era una delle due porte della Svizzera verso l’Italia. Ora i doganieri si trovano talvolta al valico, alle volte pattugliano per strada, ma le sorveglianze, sul terreno in montagna, sono quasi finite. Si usa l’elicottero di giorno o di notte. E tutti questi frontalieri cosa ci portano? E il traffico estivo per Livigno? Puzza e rumore! Sì, c’è pure una banca. Mi chiedo cosa stia facendo ora che hanno tolto il segreto bancario.
    Guarda, sembra di passare per la cruna dell’ago: strada, ferrovia, fiume, alta tensione, legname. Per ultimare, non ho visto dei giovani. Guarda, un “non luogo”! È un posto senza storia, narrazione e identità: solamente trascuratezza e abbandono.

    Inizio 1900 prima della Ferrovia Retica e delle Forze Motrici Brusio.
    © Delia Nussio Pola
    Ai nostri tempi (2016)

    Credo quanto vedo? (moderato, insistente)

    Non sarei così sfiduciato. La gente, i “rugnulun da Cunculugn”, dimostra grandi vincoli d’appartenenza. Devi però attraversare i binari, andare a Ca da zur, negli orti, nelle selve castanili, in chiesa e, perché no, al cimitero, per vedere come la gente cerca la vicinanza, s’incontra, si aiuta, si discute. E ricordati: puoi avere le più grosse controversie e impennarti quanto vuoi, ma alla fine ridiventa tutto come prima.

    Lo sai che fra le camere più belle della Valposchiavo ci sono quelle del B&B di Campocologno? Hai magari già sentito che sotto lo stesso tetto, d’estate puoi trovare delle signore che arrivano da lontano per imparare a confezionare un cappello? Un copricapo da sogno per le grandi occasioni mondane? Chi è? Insomma, è stata capo costumista al Grand Théâtre di Ginevra ed è rientrata nei luoghi della sua fanciullezza da una ventina di anni.

    Poco più giù, sulla strada, c’è l’ufficio di un gruppetto di specialisti che girano l’Europa del Nord a ispezionare con i loro droni la stabilità delle pale eoliche e delle stesse turbine. Che dire, che se ti fai un caffè nel bar in fondo al paese, il barista che ti serve è lo stesso che scrive egregiamente sulla vita politica di valle su un giornale online locale? E nello stabile dove avevano sede gli uffici postali, doganali e la stazione di polizia, che ci trovi? Nuovi uffici, gente che lavora, che guadagna, vive e paga le imposte al Comune di Brusio. Come fanno, d’altra parte, le due grosse ditte (farmaceutica l’una e plastiche d’alta qualità per lo stesso settore, l’altra) che vedi andando verso nord e che impiegano, assieme, circa 200 persone. Aziende che negli ultimi anni sono diventate vitali per le finanze del Comune di Brusio.

    Vedrai, pure la vecchia fabbrica delle conserve tramuterà la sua veste e si occuperà d’altro. Sarà un simbolo per Campocologno? Prima conserve, in seguito caffè, poi plastiche d’alta qualità e in futuro? Vedremo tra poco. Un po’ come la metamorfosi che ha fatto pure la banca: ha iniziato quando il contrabbando verso l’Italia stava incominciando a cedere, si è specializzata nella gestione professionale di capitali fiscalmente neutrali, per incominciare, già nel lontano 2004 a pensare a dei capitali dichiarati al fisco, e a proporre i primi prodotti con questa caratteristica, già nel 2010. Ultimamente, con il clima creatosi dall’altra parte della frontiera, si sentirà appagata. Chissà se tra una decina di anni, al posto di benzina non si venderà energia elettrica per le nuove vetture!

    Dopo il 1912, nei primi decenni del Novecento.
    © Delia Nussio Pola
    Ai nostri tempi (2016)

    Fatti (staccato molto marcato)

    Entrando dall’Italia, in un territorio riconosciuto dall’Unesco come “patrimonio dell’umanità” e vedere certe parti della zona industriale nonché commerciale (forse l’unica della nostra valle pianificata a questo scopo), scoraggia qualsiasi passante. L’impressione che si riceve è quella di una mancanza di considerazione per un bene comune. Di sicuro non facciamo né bella figura né onore al marchio ricevuto. Il traffico dei frontalieri ci da fastidio? Siamo onesti: le nostre aziende (e parlo per tutta la regione) vivono e prosperano in gran parte grazie a questi nostri vicini di casa con la loro professionalità, tenacia e disponibilità.

    La scuola è vuota. Per motivi demografici gli scolari vanno tutti a Brusio, almeno per i primi sei anni. L’edificio è però utilizzato: per corsi, per ritrovi, per ginnastica e tant’altro. Certo, spazio di manovra ne esiste ancora. I terreni agricoli fino a Campascio e oltre sono stati rivalutati da pochi ma tenaci e capaci piccoli imprenditori. Producono mele, pere, lamponi, fragole, more, mirtilli e noci. Ho detto tutto? Un piacere alla vista, tutto ben ordinato. Campocologno sognava la circonvallazione più di venti anni fa. Ora la sognano molti in Valposchiavo, ma altrove.

    Negli ultimi 10-15 anni a Campocologno si sono formate famiglie grazie a matrimoni con giovani donne sudamericane e di famiglie portoghesi che, con i loro figli, hanno vivacizzato la contrada. L’amore per il loro paese e per i loro ricordi di scuola dei Cunculugnin che sono dovuti partire è altissimo.

    Come per ogni villaggio di periferia in tutto l’arco alpino, nonostante l’attaccamento e l’orgoglio, lo spopolamento non è novità. Solo una grossa crisi economica a livello planetario potrebbe capovolgere questa tendenza. Di sicuro non si vive con questa prospettiva e si continuano a cercare delle aperture alternative: ma non chiamiamo “non luoghi” laddove gente lavora, vive, si ama e combatte una lotta che non è quella di una città! Lo sbocco migliore per Campocologno? Che la Svizzera non entri mai nell’Unione Europea, poi ci penseranno loro.

    Lucidità commerciale non legata al contrabbando (staccato)

    Negli anni a cavallo del 1900 (da metà XIX secolo) fin verso gli anni ‘20, di qua e di là del confine ci furono degli importanti movimenti migratori verso terre lontane come America, Argentina e Australia. Un commerciante di Campocologno, Giacomo Zanolari, ebbe l’idea brillante di fondare un’agenzia di viaggio. I poveracci che dovevano o volevano partire potevano riservare i biglietti per i piroscafi che solcavano le rotte delle mete prescelte. Ho avuto in mano il libro contabile di quest’agenzia. Le liquidazioni trimestrali, rapportate ai nostri giorni, sarebbero arrivate da una a due centinaia di migliaia di CHF nei periodi più trafficati. Sì, i nostri, da ambedue le parte della dogana, dovevano andarsene! Ricorda magari qualche cosa? Lo stesso commerciante fu tra i primi a importare mirtilli dalla vicina Valtellina. Un commercio che incoraggiava intelligentemente, mandando delle cartoline postali agli inizi di primavera rendendo attenti i clienti che, purtroppo, la stagione era stata difficile… Un marketing perfetto, anche se non se ne conosceva ancora il nome. Poco dopo l’arrivo del telefono a Campocologno, un altro Zanolari (Riccardo) cugino di quello appena accennato, acquistava e vendeva partite di coloniali mentre gli stessi prodotti viaggiavano ancora sulle navi. Bastava un telefono, le informazioni della NZZ e di un qualche broker che a quei tempi si chiamavano intermediari. A Campocologno si vendeva più cioccolato che nella città di Zurigo. Il Toblerone era sulla e nella bocca di tutti. Un Paganini (Orlando), accortosi del grosso divario di prezzo tra Svizzera e Olanda, riuscì, dopo una spedizione di autotreni nei Paesi Bassi, a ritrattare i prezzi con la direzione della casa madre. La forza di questo Paganini, rispettivamente della cooperativa d’acquisto che aveva organizzato assieme ad altri, era basata sui seguenti pilastri: la quantità (grazie al magazzino riunito) e la ripartizione dei guadagni in relazione agli acquisti dei singoli negozi da una parte e dal capitale messo nell’organizzazione, dall’altra. Sì, a quei tempi si guadagnava pure con prodotti non da contrabbando. Che l’unione faccia la forza e crea nuove opportunità di guadagno, l’hanno capito già da parecchi anni anche i commercianti e produttori di frutta della bassa valle.

    Stacco artistico (allegro)

    L’artista cunculugnin Paolo Pola, nel 1997 ha installato nell’atrio della sede bancaria di Campocologno una sua opera, che riassume perfettamente quanto ho raccontato. L’opera è chiamata “Tre volte cambio”; quello dei poveracci che dovevano trovare altri lidi, il passaggio da uno stato all’altro, e il cambio come operazione bancaria. Personalmente mi piace credere che sia la nave (il voler cambiare la propria vita per lidi ritenuti migliori), sia i risparmi delle persone (il fiume) non si “preoccupano” del confine (tratteggiato in pietra chiara e oscura): gli passano semplicemente sopra, verso l’ignoto (rappresentato dal blu del mare)!

    Tre volte cambio. Rilievo a parete, materiali diversi.
    Sala sportelli della Banca Cantonale dei Grigioni, Campocologno, 1997

    Roberto Nussio

    1 COMMENTO

    1. Roberto Nussio, formulato e scritto molto bene. Variazioni su Campocologno e dintorni. “La storia di un “non paese” di frontiera ( anche Valle di Poschiavo), che mi tocca fino alle ossa! La storia dal vero! Che ti fa riflettere. Di alti e bassi. Come un’opera musicale all’infinito. Senza “requiem”! Tutto andrà per il meglio !
      Salve