M13, storia di una convivenza difficile

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M13 è tornato, ospite del Museo poschiavino (di I. Falcinella)
Si è aperta sabato 11 giugno 2016 la mostra “L’orso in Valposchiavo: dal Seicento a M13” proposta dal Museo poschiavino per riflettere su un importante capitolo della storia locale. L’esposizione durerà due anni, mentre una tana appositamente allestita al secondo piano del Palazzo de Bassus-Mengotti accoglie in modo permanente l’orso M13. Guarda la galleria fotografica.

 

La mostra prende spunto dalla situazione venutasi a creare in seguito alla ricomparsa del grande predatore nella nostra regione. L’ultimo orso presente in Svizzera è stato abbattuto nel 1904 in Engadina. Nel 2005 il plantigrado è tornato a battere il suolo svizzero, quando un orso è sconfinato in Val Monastero dal vicino Trentino, dove il progetto di reintroduzione dell’orso “Life Ursus”, avviato nel 1999, ha portato a un notevole aumento della popolazione di orsi fino a quel tempo sopravvissuta nel Parco dell’Adamello Brenta. Da allora ogni anno altri orsi hanno regolarmente fatto la loro comparsa in Engadina, spingendosi anche nelle zone limitrofe, soprattutto esemplari maschi in cerca di nuovi territori.

M13 è arrivato in Valposchiavo nell’estate del 2012 e si è rivelato subito un orso problematico in quanto attraversava centri abitati, assaliva animali da reddito e non dimostrava paura nei confronti dell’uomo. Dopo un anno di permanenza, M13 ha avvicinato due turisti e una ragazza all’interno del paese di Miralago, rendendosi così pericoloso. Secondo quanto prescrive la legge svizzera in questi casi, M13 è stato abbattuto, il 19 febbraio 2013.

Il ritorno dell’orso ha scatenato fra l’opinione pubblica un acceso dibattito a livello locale, Oltralpe e in Italia. È possibile oggigiorno condividere il nostro territorio con un animale che è autoctono, ma che è percepito dall’uomo come un rivale e un pericolo?

La mostra suddivisa in sei sezioni
La mostra parte proprio da questa domanda: una convivenza possibile? Interrogativo al quale il Museo volutamente non dà risposta. Non entra nel merito della discussione; non è il suo compito. Attraverso il percorso espositivo, invece, fornisce stimoli e informazioni affinché il visitatore possa approfondire le proprie conoscenze, scoprire l’ampio contesto in cui la domanda si situa e fare le proprie riflessioni.

La mostra dunque parte dal presente, mostrando le misure di protezione che la Valposchiavo ha dovuto adottare. Ma l’orso era di casa in Valposchiavo anche in passato: una sezione è dedicata alla storia della presenza in valle del plantigrado: toponimi, documenti comunali, libri delle taglie ecc. ne attestano l’interazione con la popolazione fin dal Seicento, e prima ancora. Già ai tempi l’orso costituiva una minaccia per l’uomo e soprattutto un pericolo per gli animali da reddito, spesso l’unica fonte di sostentamento, assieme alla terra, per molte famiglie. La caccia era dunque legale e col tempo ha contribuito a portare all’estinzione del grande predatore. L’ultimo orso in Valposchiavo è stato ucciso nel 1889.

Una parte della mostra scandaglia i motivi che hanno portato al ritorno dell’orso in Svizzera, in particolare il già citato progetto “Life Ursus”, e propone una carrellata di tutti gli orsi comparsi finora. Ampio spazio è dedicato a M13, ai suoi spostamenti e al suo comportamento, che tanto hanno scombussolato la vita in Valposchiavo. Per conoscere meglio il soggetto a cui si è confrontati, una sezione è dedicata alla presentazione dell’orso come animale, in particolare alle sue caratteristiche fisiche e comportamentali. Un’ultima sezione segue le tracce dell’orso alla scoperta di ulteriori informazioni, confronti, curiosità sul plantigrado.

La visita culmina nella tana che ospita M13: un cubo ricavato da un locale del museo fiancheggiato su tre lati da una foto panoramica retroilluminata della Valposchiavo (opera di Federico Pollini, Albosaggia) che situa l’orso nel suo habitat naturale, sui pascoli e nei boschi in cui ha vissuto.

La pelle di M13 è stata donata al Museo poschiavino dal Dipartimento costruzioni, trasporti e foreste dei Grigioni ed è stata affidata a uno specialista di tassidermia, tecnica che permette di conservare e imbottire le pelli degli animali (non più con paglia come un tempo, ma con materiali nuovi) conferendo loro l’aspetto che avevano da vivi.

Un’esposizione per tutti
Il Museo poschiavino ha inteso dare alla mostra un taglio didattico e interattivo, come ha spiegato il curatore Pierluigi Crameri. L’esposizione si sviuppa su più livelli in modo da andare incontro alle differenti esigenze dei visitatori, dai più “classici” ai più piccoli. Oltre ai pannelli con testi di approfondimento (in italiano e tedesco), propone ricostruzioni da osservare, come le recinzioni antiorso o la trappola usata un tempo; nove box che contengono oggetti da toccare (come la pelle dell’orso), da guardare, da annusare (come gli alimenti di cui si nutre l’orso), coinvolgendo quindi tutti i sensi; postazioni multimediali con video e audiointerviste, realizzate da Luca Beti, a persone che con l’orso in qualche modo hanno avuto direttamente a che fare; un grande gioco dell’orso permette di ripercorrere le tappe principali della vita di un orso nell’arco di un anno; libri da leggere per i più piccoli; racconti e poesie sull’orso da ascoltare; una bilancia di fronte a cui si invita a riflettere sulla propria opinione in merito al ritorno del grande predatore.

L’audioguida della mostra su cellulare
Per la prima volta, il Museo ha realizzato anche un’audioguida, sotto forma di app scaricabile gratuitamente sul cellulare, in italiano e in tedesco, che accompagna il visitatore lungo l’esposizione. Di particolare interesse un totem gentilmente messo a disposizione dalla Radiotelevisione Svizzera che, tramite uno schermo tattile di facile utilizzo, offre al visitatore circa 100 servizi o trasmissioni riguardanti l’orso, andati in onda alla radio e alla televisione svizzera a partire dalla ricomparsa dell’orso.

 

Guarda la galleria fotografica
M13: storia di una convivenza difficile

 

Pubblico delle grandi occasioni per l’inaugurazione in Casa Torre
All’inaugurazione della mostra è intervenuto anche il Consigliere di Stato del Cantone dei Grigioni, capo del Dipartimento costruzioni, trasporti e foreste, l’onorevole Mario Cavigelli. “Ringrazio tutti gli abitanti della Valposchiavo – ha affermato – per aver agevolato, con il loro comportamento molto posato e concreto, il compito del Cantone nei confronti della gestione di M13, che tutti, volenti o nolenti, abbiamo dovuto accettare come nuova sfida. L’arrivo di nuove specie non è, infatti, una sfida semplice da affrontare. Alcune, come lo stambecco o il gipeto barbuto sono state reintrodotte, si sono integrate bene e ora rappresentano i Grigioni; altri animali, come l’orso e il lupo, già antichi abitanti delle nostre zone, purtroppo non possono più trovare posto nel nostro Cantone (ad eccezione di un branco di lupi, di 8-10 capi, come quello che attualmente vive nel massiccio del Calanda). L’habitat di questi grandi predatori è troppo esteso perché gli animali non entrino in contrasto con gli abitanti di un territorio intensamente abitato e sfruttato come quello grigionese”.

Una pubblicazione storica dedicata all’orso in Valposchiavo
In concomitanza con l’apertura della mostra è stato presentato al pubblico un nuovo libro curato da Andrea Tognina: “L’orso in Valposchiavo. Dal Seicento a M13”, edito dal Museo poschiavino. La pubblicazione ripercorre alcuni secoli di storia locale di convivenza con l’orso, evoca simbologie, normative e strategie adottate dall’uomo nel tempo per limitare i danni.
“Questo piccolo libro, sullo stile del libro su Casa Tomé – ha spiegato l’autore – è una ricerca storica su di un argomento di cui si sono occupati già in passato molti archivisti; non ho quindi scritto cose nuove, bensì ho cercato di indagare sulla storia del rapporto degli abitanti della Valposchiavo con l’orso per averne un quadro più preciso. È stato un compito molto delicato, con la consapevolezza che le domande che ci si pone sull’orso sono di stretta attualità anche se si riferiscono ad eventi successi due secoli fa. Ho cercato di collocare il mio scritto prevalentemente in valle, ma l’orso non conosce confini statali, difficile farne una storia limitata ad una zona circoscritta”.

Una galassia di collaboratori
Alla realizzazione della mostra temporanea e dell’allestimento permanente della tana con M13 – ha specificato il presidente del Museo poschiavino Paolo Raselli – ha partecipato un’intera squadra di lavoro, molto affiatata: Pierluigi Crameri, il curatore; Gustavo Lardi e Cristiana Plozza, coordinatori del progetto; Santina Bolandrini, curatrice del Museo; i consulenti Arturo Plozza e Daniele PapacellaUrbano Beti per il concetto tecnico della tana dell’orso; Luca Beti per le interviste; Stefan Gratzer, il tassidermista; gli allestitori Luca Bonetti, Giorgio Murbach, Daniele Raselli, Alessandra Jochum-Siccardi, Arno Zanetti, anche autori, questi ultimi due, dei testi dell’esposizione insieme a Daniele Papacella; la traduttrice Martina Tuena-Leuthardt.

 

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Ivan Falcinella
Membro della redazione