Non ti faccio niente – Paola Barbato

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Oggi esce questo libro qui.
E’ un libro che ho visto nascere, crescere, diventare.
Ho visto Paola difendere la sua storia da chi la voleva snaturare, allontanarsi da chi la voleva distruggere, non credere a chi per anni ha cercato di convincerla che “se non ci metti un investigatore norvegese, purtroppo”. L’ho sbirciata per mesi mentre la scriveva appollaiata sulla sedia nelle posizioni più improbabili, gli avambracci poggiati sulla piccola scrivania della nostra camera, le mani che correvano veloci sulla tastiera del portatile, gli occhi che le brillavano. Il ticchettio delle sue dita mi ha fatto compagnia in tanti giorni e tante notti, come la musica di una pioggia sottile.

E’ un romanzo che ti prende dalla prima pagina e non ti molla più, che ti emoziona, ti rivolta, ti getta a terra e ti lascia senza fiato, poi sul più bello ti solleva come una carezza. E’ una storia che parla di madri, di padri, di figli, è un thriller che parla alle nostre paure più profonde ma è, soprattutto, la storia di un amore vero che si protegge, senza cedimenti.
E’ edito da Piemme che per prima ci ha creduto, è scritto dalla miglior scrittrice che io conosca.
Potrei dirvi di comprarlo perché Paola lo merita, per premiare il suo coraggio, per non aver mai avuto smania di tornare a pubblicare e per aver anzi difeso l’unica volontà che conti: quella di raccontare una storia in cui credeva e crede, con tutta sé stessa. Per averla rispettata e attesa. Perché sono così orgoglioso di lei.
Invece vi dico semplicemente: procuratevelo, e leggetelo.
Perché è il romanzo più bello, intenso, commovente, vero, che io abbia letto negli ultimi dieci anni.
Perché è un libro totale.
E perché l’amore fra Nives e Vincenzo parla di tutti noi.

1983. L’uomo seduto nella macchina blu è nuovo di quelle parti, ma Remo non ha paura, non sa che cosa sia un estraneo. L’uomo ha tra le mani un passerotto caduto dal nido, almeno così dice, e chiede a Remo di aiutarlo a prendersene cura. Il bambino, sette anni passati quasi tutti per strada, che i genitori hanno altri pensieri, non esita neppure per un attimo. E sale. Tre giorni dopo viene restituito alla famiglia, illeso nel corpo e nell’anima; racconta di un uomo biondo, bellissimo, che lo ha riempito di regali e che ha giocato con lui, come nessun adulto aveva mai fatto. Non è la prima volta che succede e non sarà l’ultima. Trentadue bambini in sedici anni. Tutti tenuti per tre giorni da un uomo che cerca di realizzare i loro desideri e li restituisce alla famiglia, felici. Quando la polizia comincia a collegare i rapimenti lampo, l’uomo scompare. 2015. Il padre di Greta non è mai arrivato una sola volta in ritardo a prenderla. Ma lo sgomento negli occhi della maestra gli fa capire che qualcosa non va, perché Greta a scuola non è mai entrata. Scompare così, la figlia di Remo Polimanti, come lui era scomparso trent’anni prima. Anche lei viene subito restituita alla famiglia, ma priva di vita. Greta non è che la tappa iniziale di una scia di sangue che collega i figli dei bambini rapiti anni prima. Ma perché il rapitore “buono” si è trasformato in un assassino? O forse c’è qualcuno che intende emularlo. O sfidarlo. O punirlo.


di Matteo Bussola (scrittore e compagno di Paola Barbato) / pagina fb