Chiedilo alla montagna

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Silvia Montemurro dedica un racconto alla Bregaglia e al difficile momento che sta vivendo.


 

Ci sono fiori che nascono in mezzo alle rovine. Ci sono speranze che riemergono dal fango. Perché qualsiasi disastro possa accadere all’uomo, è la forza dell’amore che lo porterà in salvo.

Mia nonna dice sempre che quando si decide di vivere in montagna, o quando ti capita di esserci nato, bisogna convivere con una signora potente e maestosa. Questa signora può anche arrabbiarsi, ogni tanto. Fare i capricci. E le sue lacrime rischiano di trasformarsi in pericolose valanghe.
Quella mattina mi svegliai con una voglia immensa di fare un giro per il solito sentiero e di arrampicarmi sulla vecchia Signora. Mi guardai allo specchio: coda di cavallo a stringere i miei capelli neri, cappellino e occhiali da sole. La montagna mi stava aspettando.
Salutai la nonna con un bacio sulla fronte.
«Non fare tardi», si raccomandò lei «oggi c’è una nebbia strana. E se ti va, portami qualche Non Ti Scordar di Me.»
Amava quei fiori. Diceva che simboleggiavano i ricordi, il tempo passato e la speranza verso un nuovo futuro. Le mettevano allegria.
«Credi che verrà a piovere?»
Lei si strinse nelle spalle.
«Chiedilo alla montagna», rispose. Lo diceva sempre, lei, che in montagna era nata e cresciuta, che aveva visto gente morire per sfidare la grande Signora, che aveva camminato in lungo e in largo e adesso guardava il mondo da una finestrella al primo piano della nostra casetta ai piedi del fiume.
Scossi la testa e le sorrisi, prima di uscire.
Mi incamminai per il solito sentiero, senza notare nulla di anomalo. C’era solo una strana, leggera nebbia, che di tanto in tanto oscurava l’orizzonte. Ma non ci feci caso. Iniziai a raccogliere i Non Ti Scordar Di Me per la nonna.

Spesso i dettagli sono chiari avvertimenti. Solo che ce ne rendiamo conto quando è troppo tardi.

Poi, dopo una mezz’oretta di cammino, sentii un boato.

Era l’urlo di una donna tradita.
Era la disperazione della natura, indisciplinata, a volte incomprensibile.
Era la rabbia della vecchia Signora, tenuta a lungo repressa.

Mi fermai. Gli uccelli avevano smesso di cantare. Vidi un masso e lo raggiunsi, mentre un mare bianco si avvicinava nella mia direzione. Iniziai a piangere. I rami mi venivano addosso, le pietre cadevano. Con l’ultimo istinto di sopravvivenza che mi era rimasto, mi misi a correre in direzione di un altro masso, che sembrava più al riparo. Mi ci aggrappai con tutte le forze che rimanevano.
Pensai alla mia nonna, che dalla sua finestrella avrebbe visto la montagna venirle incontro. Immaginai il terrore nel suo sguardo. Pensai al figlio di mia sorella, che stava per nascere. Pensai che non avrei più visto niente di tutto questo. Lasciai cadere a terra i fiori che avevo raccolto, come per placare la montagna.
Chiusi gli occhi e attesi. Ero sicura che sarei morta. Mi parve di sentire la voce di mia nonna.

Chiedilo alla montagna, se potrai restare in vita.
Chiedi alla vecchia Signora, quanto tempo ancora vorrà franare.
Chiedi alla montagna ciò che vuoi e lei ti risponderà.
Tra uomo e natura c’è lo stesso rapporto di odio e amore che sussiste tra amato e amante. Non sempre si può andare d’accordo. Non sempre si può prevedere il decorso degli eventi.

Poi sentii il rumore dell’elicottero. Qualcuno era arrivato per trarmi in salvo.
Prima di tendere la mano all’uomo che mi stava portando via da quell’incubo, con un gesto meccanico, raccolsi uno dei fiori che prima avevo gettato.
Quando salii sull’elicottero, scoppiai a piangere.
Non mi sembrava vero di essere ancora viva.
Qualcuno mi abbracciò, qualcun altro mi mise una coperta sulle spalle.
Ma fu solo quando rividi mia nonna, che cominciai a respirare davvero. Aveva una strana espressione. Nei suoi occhi scorsi ricordi di valanghe passate e stralci di terrore.
«Cosa tieni in mano?», mi chiese.
Aprii il pugno serrato e le mostrai l’unico fiore che ero riuscita a salvare.
«Mai perdere la speranza», mormorò lei «tua sorella è entrata in travaglio proprio ora. Un altro figlio della montagna sta arrivando»
Ci abbracciammo e tra i singhiozzi, ancora scossa dal terrore, le chiesi: «Nonna, smetterà? Quando tornerà tutto come prima?»
Lei sospirò e il suo sguardo si perse lontano.
«Chiedilo alla montagna», rispose.

Ci sono fiori che nascono in mezzo alle rovine. Ci sono speranze che riemergono dal fango. Perché qualsiasi disastro possa accadere all’uomo, è la forza dell’amore che lo porterà in salvo.


Silvia Montemurro