Come ogni anno l’estate giunge al termine, le temperature si abbassano, i cacciatori terminano di preparare le loro postazioni di caccia, i cervi e i caprioli perdono il velluto, la tensione nell’aria sale e si è pronti per iniziare una nuova stagione venatoria.
La caccia fa parte della nostra cultura valligiana e questa non comporta solo l’abbattimento degli animali: dietro c’è tanta passione e dedizione verso gli animali selvatici e la natura. La cura e salvaguardia dei nostri boschi e l’osservazione degli animali selvatici nel loro ambiente naturale durante tutto l’anno fanno parte di questo hobby e passione.
In questi anni ho avuto la fortuna di vivere in prima persona diverse esperienze di caccia grazie a mio padre e mio zio, tutto ciò non ha fatto altro che alimentare la mia passione e la voglia di andare a caccia, di stare in mezzo alla natura e di ampliare le mie conoscenze in questo ambito.

È la sera prima dell’inizio di una nuova stagione venatoria, l’adrenalina sale, si decidono gli ultimi piani per la giornata seguente e si va a dormire (o almeno ci si prova). Nonostante i pensieri la notte passa e puntuale la sveglia suona alle 04:45, un caffè e ci si prepara. 05:15 scarponi ai piedi, zaino in spalla, torcia in fronte e si parte verso la posizione di caccia. Siamo appostati da 5 minuti ormai e il chiarore aumenta, guardo l’orologio e segna le 6 in punto, ora è ufficialmente iniziata, la cartuccia viene posta in canna e adesso si presta la massima cautela.
Il tempo passa ma non notiamo nessun movimento, poi partono due colpi nelle vicinanze e neanche 10 minuti dopo arriva un messaggio che un cervo femmina era a terra. Molto contenti andiamo in aiuto, siccome trascinare fino in strada nel bosco un esemplare di circa 50 chili risulta comunque difficoltoso. Una volta portato a monte abbiamo festeggiato con un buon pranzo e qualche buon “calicino” di vino. La giornata è poi giunta al termine con un giretto tranquillo vedendo però solo di sfuggita un qualche capriolo.
La mattina seguente ci siamo appostati dove la sera prima avevamo notato un po’ di attività, sfortunatamente però non ha portato nessun successo. Erano ormai le 8.30 e il sole era già sorto; dopo un attimo di indecisione abbiamo deciso di provare una battuta sperando in una cattura. Io accompagnavo, durante questo tentativo, e devo dire che non è stato molto semplice, il dislivello da percorrere era abbastanza elevato; dopo circa 2 ore siamo arrivati nella zona prestabilita. Intanto l’altro cacciatore era già appostato, pronto per un’eventuale uscita dal bosco di un animale. Eravamo però molto dubbiosi sulla riuscita di questa battuta.
A metà percorso, però, la quiete è stata interrotta dal frastuono di un colpo appena poco più avanti. Ignari di cosa stesse accadendo siamo avanzati e sempre sull’attenti siamo usciti dalla parte fitta del bosco notando subito tracce di sangue: qualcosa dev’essere sicuramente accaduto qui. Passo dopo passo seguiamo le tracce e dopo appena 10 metri parte il secondo colpo: un cervo si è accasciato appena poco più avanti e, vedendoci, ha tentato la fuga ma è stato subito fermato. Rotolando per una quindicina di metri si è fermato appena sotto di noi: il tanto agognato cervo era finalmente a terra.

Qui ho avuto la possibilità di eviscerare il mio primo cervo: è sempre una sensazione particolare ed è solo provando che si può imparare. Portare il capo abbattuto fino in strada non è stata una passeggiata, ma l’emozione e la soddisfazione superano la fatica fatta. La giornata si è poi conclusa festeggiando come si deve.
Sono momenti indimenticabili: l’adrenalina è alta e dopo tante ore di costanza e dedizione il premio era proprio lì di fronte a noi: eravamo al settimo cielo e non potevamo chiedere di meglio.
Testo e immagini di Mattia Passini