Tra una nevicata e l’altra, nebbia, sole e vento, le vie del borgo antico di Bormio (un gioiello dell’architettura alpina della zona) sono tutto un pullulare di giacche colorate, cappelli variopinti, volti giovani segnati dal sole e dall’aria, con il caratteristico segno degli occhialoni da sci che contraddistingue buona parte degli agonisti.
E’ tempo di Coppa del Mondo, tornata sulla pista Stelvio dopo le entusiasmanti edizioni di Santa Caterina Valfurva, sulla celeberrima Compagnoni, una pista meno tecnica della Stelvio ma assai suggestiva per il contesto in cui si snoda e le difficoltà riservate nella parte bassa del tracciato. Organizzazioni impeccabili, capaci di far fronte a cambiamenti di tempo davvero repentini; d’altro canto le due stazioni sciistiche, dopo l’esperienza dei Mondiali di Sci del 1985 e del 2005, hanno maturato solidità e capacità, compresa quella di valorizzare il territorio.
Quest’anno la Bormio in versione World Cup ha saputo accogliere atleti e appassionati con efficienza, regalando davvero a tutti la possibilità di divertirsi: per i più mondani con il Villaggio allestito in zona arrivo e tribune, per gli atleti e i tanti emuli con aree attrezzate per seguire al meglio tutte le fasi della competizione.
Quattro giorni ancor più intensi del programmato, grazie all’imprevedibilità del tempo che ha costretto pure ad annullare la seconda prova. I risultati agonistici sono ormai noti, con il trionfo dell’italiano Paris nella discesa di Coppa e il francese Pinturault nella combinata alpina. La televisione, tuttavia, non può restituire il clima frizzante che ha animato la Magnifica Terra; dedizione ed entusiasmo tra gli addetti ai lavori sono una costante dei popoli di montagna; tutt’altro che scontata la partecipazione dei turisti che, invece, hanno accettato di buon grado di condividere le proprie vacanze con un evento del calibro delle gare di Coppa del Mondo, accettandone gli inevitabili (ancorché relativi) disagi. Passeggiare in zona traguardo e incrociare tante persone con la giacca dei propri “eroi”, qualunque sia la squadra nazionale di appartenenza, è un segno di rinnovata partecipazione allo sci di vertice, un segnale che potrebbe essere preludio a una rinnovata passione, in tempi in cui sempre più stazioni a vocazione prettamente sciistica si interrogano sul proprio futuro.
Sci e alpinismo hanno plasmato la storia del turismo moderno dell’arco alpino; i Grigioni – e la Svizzera tutta – ne sono maestri nel mondo; e proprio dall’arco alpino europeo si attendono oggi proposte per un rinnovato approccio alla montagna, territorio impegnativo e per questo metafora della storia e della vita dei popoli.
Chiara M. Battistoni