Poteva essere un giorno come oggi, grigio, freddo, con nuvoloni scuri all’orizzonte e anziché svegliarci in una casa calda di cose e affetti, potevamo trovarci in piedi, stipati con altri, vecchi e bambini, dentro un vagone merci, o in fila, disperatamente soli a camminare ignari verso docce di gas. Potevamo esser bruscamente svegliati e vederci togliere tutto, dignità e affetti, da uomini in divise di follia.
Abbiamo avuto fortuna: siamo seduti nella nostra cucina a far colazione.
Ma oggi è la Giornata internazionale della Memoria in ricordo dell’Olocausto. Un ricordo vergognoso e doloroso, un sentimento che si vorrebbe schivare ma che ha senso non dimenticare.
La Storia segna ma sembra proprio non insegnare, per questo è importante tenere visibile quella ferita. La Storia siamo noi dice una canzone, è vero: la Storia è anche presente, non solo passato, sta succedendo anche adesso, in questo momento.
Sta succedendo per esempio intanto che ascolto alla radio la testimonianza toccante di Liliana Segre, 87 anni, sopravvissuta ad Auschwitz. Con voce limpida e dolce racconta:
aveva 13 anni quando la presero e la deportarono ad Auschwitz, sola, dopo aver perso tutta la sua famiglia.
Lì si era fatta un’amica: Jeannine. In un giorno, forse come oggi, stavano tutte in fila, a sfilare davanti a uomini in uniforme, che in base alle loro condizioni, ne decidevano il destino: ancora utili per lavorare o da eliminare.
Chi racconta passò l’esame, intanto, dietro di lei, Jeannine cercava di nascondere la ferita alla mano. Nei lavori alle macchine si era tranciata due dita.
La presero: buona per i forni.
Liliana non si girò neppure, non un ultimo sguardo, non un ultimo saluto, incapace di sopportare ancora una perdita.
Jeannine –racconta Liliana – non ha potuto invecchiare, diventare sposa, mamma, nonna, le è mancato un futuro. Io sono sopravvissuta, ma ho avuto per tutta la vita il rimorso costante di non essermi voltata quel giorno.
Ci vorrebbe un silenzio per lasciar cadere a riposare queste parole sulla neve…
ma a non essersi voltata quel giorno fu anche tutta l’Europa.
C’è stato, è vero, chi ha rischiato o dato la vita per combattere la follia nazi-fascista, ma l’Olocausto è stato possibile perché anche altri stati (o quello che restava di uno stato) lo resero possibile. Anche la Svizzera!
Per questo, per quell’indifferenza, ha senso ricordare.
Oggi allora giriamoci tutti verso Jeannine: guardiamola negli occhi, non lasciamola sola, avrebbe potuto anche lei vedere stamattina questa nostra stessa neve.
Serena Bonetti
Grazie Serena!
Vorrei esternare anch’io il mio pensiero,
Ma mi vien solo da piagere.
Giampietro
Grazie Serena per averci ricordato questo. Anche se in ritardo a fine lavoro mi sono voltato anch’io a salutare Jeannine. Per non dimenticare e non commettere in futuro gli stessi errori dobbiamo ricordare.
Buona sera Serena
Il tuo commento riguardante la sorte di Jeannine colpisce nel segno. Avendo vissuto soltanto di striscio gli orrori della seconda guerra mondiale, la vera crudeltà è arrivata alla mia mente solo più tardi. Ho visto la trasmissione il Filo della storia. Spesso mi chiedo: quale privilegio mi sia toccato, essendo giunto in questo mondo in una regione, che è rimasta estranea a tante mostruosità. Jeannine e anche tanti altri, purtroppo hanno dovuto soccombere per la malvagità del momento e questo fa pensare; come mai abbiamo avuto una sorte così particolare? L’inestimabile serenità e sicurezza sul proprio territorio, rispetto al solo pensiero di essere spinti e torchiati in un carro merci. Dobbiamo girarci riverenti verso chi ha subito il triste destino.
Grazie e Buona notte
Mario Costa