* Gabriele Paleari, AlterItà. Saggio sulle culture ‘italiane’ indigene di Istria, Dalmazia, Bocche di Cattaro e Grigioni italiano: vitalità, fragilità e legami , Edizioni Dino e Fausto Isepponi, Poschiavo 2018.
Un avvincente studio delle culture ‘italiane’ indigene al di fuori dei confini d’Italia con particolare attenzione al Grigioni italiano.
Il 10 aprile al Centro Culturale di Soazza è stato presentato il libro fresco di stampa di Gabriele Paleari sulle culture autoctone «italiane» di Istria, Dalmazia, Bocche di Cattaro e Grigioni italiano. Uno studio che, ancora in fieri, l’autore aveva presentato a Bellinzona e a Brusio l’autunno scorso con lo scopo di assicurarsi il sostegno necessario per la pubblicazione.
Se negli ultimi decenni è stato compiuto uno studio serio, appassionato e originale sul Grigioni italiano, questo è lo studio di Gabriele Paleari. Finalmente uno studio che non vede le nostre quattro valli come una propaggine secondaria della Svizzera italiana costituita essenzialmente dal Canton Ticino, ma che le eleva a protagoniste di una realtà che simile, al di fuori dei confini nazionali d’Italia, si riscontra solo in alcuni territori balcanici dell’antica Repubblica di Venezia. Nel Grigioni italiano l’autore l’ha fatto stampare e ad esso si è ispirato per la copertina.
Paleari ritiene fondamentalmente diversa la situazione nel Canton Ticino in quanto esso costituisce un vero e proprio Stato, con una sola lingua ufficiale, un governo, un parlamento, una magistratura, televisione e università, ecc., in altre parole, è più paragonabile a un’Italia su scala ridotta. Ciò che non si può assolutamente dire delle altre realtà culturali analizzate, dove dominante è una lingua non italiana, senza un apparato statale proprio; per queste minoranze essere rappresentati in governo, in parlamento e nella magistratura dipende nella migliore delle ipotesi dalla costituzione dei singoli Stati, altrimenti dall’arbitrio delle maggioranze, dalla loro benevolenza o dalla loro ostilità, conseguenze dello sviluppo storico che le singole realtà hanno conosciuto.
In questo campo il confronto tra il destino del Grigioni italiano e degli antichi domini della Repubblica di Venezia non potrebbe essere più diverso. Se la nostra storia è contrassegnata da sei secoli di stabilità, pace e democrazia, la storia degli ‘italiani’ di Istria, Dalmazia e Bocche di Cattaro, relativamente libere e autogovernate sotto l’antico regime, a partire da Napoleone e in particolare nel secolo scorso con le guerre mondiali e i regimi totalitari di destra e di sinistra hanno subito persecuzioni, discriminazioni, pulizie etniche ed emorragie irreparabili (le foibe e gli esodi in massa). In questi decenni la popolazione ha cambiato più volte nazionalità. Solo a partire dalla caduta del muro e dal disfacimento della Iugoslavia la situazione si è alquanto normalizzata. All’aspetto storico Paleari ha ovviamente dedicato la massima attenzione con spirito di imparzialità.
Non meno affascinanti e stimolanti sono gli altri criteri con i quali egli ha analizzato e confrontato dette realtà dal punto di vista del concetto di nazionalità e dei confini con tutte le loro implicazioni vecchie e nuove, della fragilità e vitalità culturali, dei simboli e della memoria, della letteratura e dell’osservazione diretta. Criteri che lasciamo al lettore il piacere di scoprire.
Un criterio particolarmente concreto è l’urbanistica con le opere architettoniche ed edilizie. Paleari riconosce la “italicità” delle case, dei palazzi e delle chiese del Grigioni italiano (si consideri a proposito la casa Gervasi nel risvolto di prima pagina di copertina). Una “italicità” che, come la lingua stessa, affonda le radici nella romanità. Discorso che vale altresì per le zone dell’ex Iugoslavia, con la differenza che essendo in gran parte terre di mare che per lunghi secoli furono alleate e sostenitrici di una splendida potenza marittima come Venezia, ne imitarono lo splendore, creando opere di tipo veneziano, purtroppo in parte smantellate dai dominatori di turno. Parla dunque di venezianità, mandando in pensione concetti nazionalistici e generici come ‘italianità’ che hanno alimentato in passato i movimenti irredentistici a noi tanto invisi.
Importanti capitoli sono dedicati ai mezzi di comunicazione, ai legami con l’Italia (il rapporto privilegiato con la Valtellina per quanto riguarda la Bregaglia e Poschiavo), la cucina e il vino con le varie specialità regionali, i pizzoccheri e il vino valtellina per noi, i piatti di pesce e i vini di collina per le zone adriatiche della costa balcanica, l’organizzazione scolastica. Avvincenti sono anche quei settori che tradizionalmente sono considerati le vere spie della cultura, come la letteratura. È interessante per noi conoscere alcuni scrittori istriani, dalmati e montenegrini con tematiche patriottiche con sfumature ben diverse dalle nostre. Per il Grigioni italiano Paleari ha analizzato alcuni racconti di Gerry Mottis e un romanzo di qualcun altro, concentrandosi sulla tematica del confine.
Il professor Jean-Jacques Marchand coglie magistralmente l’essenza e l’originalità di questo studio. Dice senza mezzi termini che «rompe con una tradizione italocentrica e che ha aperto la via a una metodologia scevra di pregiudizi, aperta a riflessioni teoriche a livello internazionale e a metodologie multiple».
Non posso che felicitarmi con l’autore e con chi ha capito l’originalità dell’opera, in primo luogo con i sostenitori che sono l’Ufficio della cultura del Cantone dei Grigioni e la Repower. Mi fa invece specie che altri non l’abbiano capito.
Massimo Lardi