“Il pigro” Matteo Badilatti passa alla Israel Cycling Academy

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La notizia ci giunge direttamente dai social media della Israel Cycling Academy (ICA), team nel quale Matteo corre come stagista da inizio estate: “Badilatti entra a far ufficialmente parte della squadra”.
Ma torniamo indietro un attimo, perché il ciclista poschiavino scala il mondo della bici con la stessa velocità di come affronta il passo del Bernina. Ad inizio 2018 Matteo approdava nel mondo dei professionisti con il Team Vorarlberg-Santic, formazione austriaca del circuito UCI Continental. Dopo aver corso solo qualche gara con il team austriaco gli si presenta però la possibilità di fare un periodo da stagista con la ICA, team giovane fondato nel 2014 che sta crescendo in modo esponenziale. Incontro Matteo per una chiacchierata, tra una gara ed un allenamento.

 

Cosa significa concretamente questo passaggio alla ICA?
Si tratta per me di un passo avanti nel mondo del ciclismo professionistico. Le corse alle quali posso partecipare con questa squadra sono di livello superiore e il tutto, dalle corse, all’organizzazione, alle trasferte, sarà più professionale.

Due sono gli elementi del tuo lavoro che ai miei occhi risultano insormontabili: le rinunce alimentari e le cadute in gara. Cosa mi dici?
È vero che come atleta si deve prestare attenzione a ciò che si mangia e, specialmente, come ciclista in salita ogni mezzo chilo in più lo si sente. C’è anche però da dire che spesso la storia dell’alimentazione la si esagera un po’. Io cerco di mangiare in modo equilibrato evitando magari certe cose che io personalmente sento non mi facciano bene nei momenti più importanti. Ci sono momenti dove hai una fame da lupo ma sai che non puoi e allora diventi nervoso… il che è più un problema per chi ti sta attorno che per te stesso. Ma questi momenti non rappresentano la quotidianità. A stagione finita ovviamente ci si può concedere qualcosa di più. C’è di positivo che ho cominciato a mangiare molte verdure che prima detestavo!
Riguardo le cadute invece, quelle ci sono, fanno parte del mestiere. Quando cadi ti devi rimettere subito in sella perché, se ti fermi a riflettere, ti assale la paura e non riparti più. Ma il peggio è il giorno dopo la caduta, quando dolorante e gonfio ti devi rimettere sulla bicicletta. Ci sono dei ciclisti che assolutamente non conoscono la paura e si buttano nella mischia in discesa come non ci fosse un domani, sfiorando magari i 100km/h. Ecco io sono ancora un po’ timoroso in queste situazioni e cerco di tenere un poco le distanze.

Una volta ricordo che mi dicesti di essere essenzialmente pigro. Quest’anno hai percorso, tra gare e allenamenti, all’incirca 24’000 km (e no, i voli in aereo non rientrano nella statistica). A questo punto chiedo delucidazioni…
Sono essenzialmente pigro nel senso che, spesso, in allenamento tendo a fare qualcosina di meno, piuttosto che qualcosina di più. E so che ci sono invece atleti che fanno sempre più del necessario… ecco, in questo senso, a volte, mi reputo un atleta “pigro”.

Un tempo la bicicletta era il tuo hobby. Ora che ne hai fatto una professione, che fai nel tempo libero?
Per gli hobby non c’è molto tempo e la cosa che più mi manca è poter andare in montagna. Ogni tanto lo faccio comunque (non ditelo agli allenatori) per la testa e lo spirito… Anche se le gambe il giorno dopo me la fanno pagar cara.

La tenacia, la forza di volontà e la passione per questo sport caratterizzano sicuramente il tuo percorso. Che consiglio vuoi dare ai più giovani?
Un’idea che ho maturato nel corso degli ultimi anni è che non bisogna cominciare troppo presto. Spronare dei ragazzini di 15 anni, portarli ad allenamenti estenuanti e a competizioni di alto livello, per me, non ha senso. Fino ai 18 anni, lo sport (o perlomeno la bici) deve essere esclusivamente divertimento… solo così potrà restare una passione anche negli anni a seguire. Conosco tanti atleti che hanno cominciato prima di me e si sono poi bruciati.

In tutte le interviste trapela la tua umiltà e, come tu stesso dici, sei sempre restato coi piedi per terra. Però, se oggi sei arrivato fin qui, di motivi per sognare in grande ne hai. Il sogno nel cassetto?
Ho ancora da pedalare un bel po’ ma, chissà, vincere un Giro un giorno… una tappa ad un Giro… sarebbe davvero forte.

Chiedo a Matteo se è felice e lui ride. Sì, il valposchiavino si diverte come un matto e ridendo mi racconta di cose dette o fatte da personaggi come Valverde o Sagan. Insomma, anche chi di ciclismo, come me, non ne capisce molto sa che Matteo è davvero approdato tra i grandi della bici.
Ora sta volando in Cina, per l’ultimo appuntamento della stagione. Ad attendere il nostro pigro corridore ci sono nove tappe per un totale di 1500 chilometri.
Tanti auguri, Matteo. Pedala, ma soprattutto continua a divertirti.


Elisa Bontognali