“Standing ovation” per Finghin Collins in Casa Console

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Era piena all’inverosimile la mansarda di Casa Console sabato sera per il concerto del giovane irlandese Finghin Collins. Il suo curriculum, per altro strepitoso, lo rivela talentuoso fin dall’età di 6 anni e lo vede attualmente solista nelle migliori orchestre del mondo oltre che direttore artistico di “Music for Galway” in Irlanda. La strada che lo ha portato a Poschiavo parte proprio da lì, dove Anna Lardi, originaria di Le Prese è direttrice esecutiva di quella rassegna musicale. Deve esser sembrato molto speciale a Collins salire tre piani di romanticismo, trovarsi in una mansarda illuminata come un salone di un palazzo viennese,  vedere un piano a coda e un pubblico praticamente di famiglia (in parte la sua, in parte quella di Anna Lardi).

Tre i compositori presentati: Mozart, Brahms e Schubert, anticipati da alcune spiegazioni dell’artista stesso che si è pure generosamente cimentato in italiano. Poi ha lasciato parlare la musica.
Quasi due ore di concerto senza una pagina di spartito musicale. Tu lo guardavi e capivi che le note non erano neanche più in testa, dove crediamo che la memoria si depositi, no, erano nelle mani. Come se il corpo ormai sapesse, per sempre.
Ho seguito il concerto da una posizione particolare, dal soppalco della mansarda (per dire: più in alto di così c’era solo il cielo). Il primo momento pareva un privilegio: mi son detta, così come il caldo (e che caldo!) anche la musica salirà verso l’alto. Il pianoforte aperto mostrava tutta la sua meccanica: si vedevano benissimo i martelletti danzare impazziti ad una velocità vertiginosa e picchiare le corde. Diciamo che da quell’altezza si capiva che davvero il pianoforte è uno strumento a percussione. Ma il privilegio è finito lì. Purtroppo l’acustica a quell’altezza non favoriva l’artista: la musica arrivava molto…violenta e non rendeva merito al musicista che appariva invece molto preso dalla dinamica dei forti, dei piani e dell’evoluzione del brano. Guardavo il pubblico dall’alto: tanti ascoltavano a occhi chiusi, completamente catturati dalla bravura di quel giovane talentuoso, gentile, alto e magro.

Prima di rispalancare le finestre, lasciar circolare una po’ d’aria e permettere alle ultime note di andarsene sopra i tetti, ecco un bis: un notturno di Chopin, quasi ad augurare buona, la notte, a tutti i presenti.
Tutti in piedi, in una standing ovation.


Serena Bonetti