ATE: una finestra per gli anziani

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Turismo illegale I

Era tempo di guerra. Malgrado il rigido razionamento della carne, il pranzo di nozze di Margherta, cugina di Fiore, passò alla storia del paese per l’abbondanza di carne d’agnello. Circolava il sospetto che si trattasse di carne di contrabbando. E lo era, come trapelò un po’ alla volta quando ad ogni buon conto il reato era ormai prescritto.

Quella volta Fiore era salito da pochi giorni al monte con il bestiame. Nel cuore della notte si svegliò di soprassalto. Qualcuno di sotto stava bussando alla porta e lo chiamava garbatamente per nome, come volesse farsi sentire solo da lui. – Chi sarà? Qualcuno nel bisogno?

Era una limpida notte del mese d’aprile. Fiore balzò dal letto e al chiaro di luna consultò l’orologio: l’una o poco più. Guardò fuori: le vette innevate foravano il cielo stellato con denti aguzzi; la luna piena brillava sul lago tra il San Romerio e il Valuglia. Ma cosa c’era giù nel prato costellato di colchici primaverili? Un uomo con il cappello d’alpino, un mantello a ruota e un lungo bastone, e poco in là un branco di pecore illuminate dal riverbero della neve fresca fino a metà montagna; a Fiore parve di vedere la scena dei pastori di Betlemme la notte di Natale.

La voce soffocata di prima continuava a chiamarlo. Fiore si mise i calzoni e la giacca e scese ad aprire.

– Chi sei?

– Sono Innocente.

– Innocente? Allora siamo in due; sono innocente anch’io.

– Sempre in vena di scherzare, caro Fiore, eh! Ma io non scherzo, ti ho portato le bestie – disse Innocente e con un gesto della mano indicò un certo numero di pecore che, sentendo il rumore della porta, erano rimaste lì come impietrite, con gli occhi opalescenti, poi si erano rimesse a brucare avidamente e silenziose i colchici e la prima erba; erano fradice fino a metà, sfinite per il lungo viaggio sopra il Passo di Canciano in mezzo alla neve.

In quel momento Fiore si ricordò che l’autunno prima a un conoscente della Val Malenco, che gli aveva portato un po’ di riso, aveva parlato della difficoltà di trovare carne sufficiente per le nozze di sua cugina.

– Caro il mio Innocente, cosa ti è saltato in mente? Ti avevo detto una o due.

– Per una o due non vale la pena di fare il viaggio.

– Ma come far sparire un gregge di pecore senza contrassegno auricolare, per di più di una razza diversa dalla nostra? Se mi beccano le guardie sono rovinato.

– Macché gregge, rispose Innocente, sono dodici in tutto, e guarda che bella roba, tutte bestie di un anno o poco più. E se sapessi che viaggio ho fatto. Non mi vorrai mica rimandare indietro.

Fiore si prese il tempo di considerare la situazione. Con il suo occhio esperto calcolò il valore delle bestie e il guadagno che avrebbe potuto fare se tutto fosse andato liscio. Poi si rivolse al pastore:

– Senti! Metti le pecore nella stalla, dagli un po’ di fieno, così non belano; accendi il fuoco, riscaldati e aspettami qui. Tornerò presto.

Poco più di un’ora dopo Fiore era di ritorno con il macellaio suo amico, disposto, in quei tempi di economia di guerra, a correre qualche rischio pur di riempire la ghiacciaia con carne di ottima qualità.

Fu così che grazie all’improba sgambata di Innocente alla festa di nozze di Margherita ci fu un’insolita abbondanza di costolette e di cosciotti d’agnello.


Massimo Lardi