Dopo l’esperienza iniziata lo scorso novembre fra i ranghi della formazione svedese del Brynäs IF, Evelina Raselli torna alle origini, firmando un contratto con le sue Ladies Lugano per la prossima stagione. La discatrice di Le Prese torna nella squadra dove è cresciuta per contribuire alla vittoria di altri titoli nazionali e con un pallino in testa: le olimpiadi di Pechino 2022. L’abbiamo intervistata.
Evelina, ritorno alle origini nel Lugano dopo l’esperienza svedese con il Brynäs IF, cosa ti ha lasciato questa avventura estera?
L’esperienza da professionista in Svezia è stata sicuramente tra gli highlights (momenti salienti) della mia carriera fino ad ora. L’hockey femminile in Svezia, rispetto alla Svizzera, ha totalmente un altro valore/importanza. Potersi allenare ogni pomeriggio nelle migliori condizioni, con una squadra nella quale ogni giocatrice vuole dimostrare il suo valore ad ogni allenamento, è stato per me qualcosa di sensazionale. Sono davvero felice di aver trovato il coraggio di cogliere questa opportunità ed aver vissuto questa esperienza. Ora però si torna alla normalità.
E il coronavirus come l’hai vissuto?
All’inizio della pandemia, o comunque quando ancora non si sapeva precisamente della forza/importanza di questo virus, sono stati annullati i nostri mondiali; se devo essere sincera per me è stato veramente un duro colpo; ero più in forma che mai e il piano era quello di chiudere la mia carriere di giocatrice con un ottimo mondiale, aiutando così la nazionale a qualificarsi direttamente per le olimpiadi 2022. Il destino alla fine ha voluto che la qualificazione diretta sia arrivata anche senza giocarsela sul ghiaccio, ed io, dopo varie riflessioni, ho deciso di continuare, almeno per ora.
10 stagioni, 6 titoli nazionali (arrivando sempre alla finale) tutti con il Lugano, possiamo chiamarla la tua squadra del cuore? Credi che finirai la tua carriera indossando questi colori?
Le Ladies sono sicuramente la “MIA” squadra, sono entrata a farne parte da ragazzina ed ho vissuto tutti i passaggi che si possono affrontare in una squadra di hockey. All’inizio ho fatto parecchia panchina, ho dovuto imparare molte cose, ma poi, passo dopo passo, un po’ alla volta, sono riuscita a diventare capitano di questa squadra. Posso senza ombra di dubbio dire che le Ladies mi hanno reso la giocatrice che sono, dandomi anche, di riflesso, l’opportunità di poter giocare con la nazionale.
Ti rimetti in gioco dopo 275 partite di serie A, 180 reti e 188 assist. Quanta voglia hai e quante speranze riponi nella partecipazione, per la terza volta, ai giochi olimpici con la nazionale elvetica?
Come detto sopra, dopo la stagione scorsa ho dovuto pensare bene se davvero era il caso di continuare. Per questo mi sono anche presa il tempo necessario, giungendo alla conclusione che, in questo momento, per me ha senso continuare solamente se ho ancora la motivazione necessaria. Torno a Lugano per ritrovare il gruppo e con tanta voglia di divertirmi, ma sicuramente senza la motivazione della nazionale con i mondiali e le olimpiadi di Pechino tra poco più di un anno avrei deciso diversamente.
Lavorerai e ti allenerai a Zugo, per poi seguire la squadra sul campo nei fine settimana. Come funzionerà questa preparazione a distanza?
La nazionale ha messo in piedi un progetto con il quale alcune delle giocatrici hanno la possibilità di allenarsi durante la settimana nel centro OYM a Cham (un nuovo centro sportivo super tecnologico, inaugurato a marzo 2020) e poi raggiungere il proprio club nel weekend. Io approfitto in parte di questo progetto e mi allenerò in settimana a Cham, per poi raggiungere le mie compagne a Lugano per l’allenamento del venerdì sera e le partite nel fine settimana.
Infine, per la conclusione della tua carriera agonistica (che ti auguriamo sia il più lontano possibile) pensi che resterai nel mondo dell’hockey? Magari come allenatrice?
Questa situazione più che mai ci ha reso coscienti di quanto sia importante vivere il presente e godersi ogni minuto di esso. Questo [dice sorridendo] è quello che cercherò di fare.
A cura di Ivan Falcinella