Nuovo centro medico e riorganizzazione ginecologia- ostetricia e chirurgia: la conferenza stampa

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La Conferenza del Centro Sanitario Valposchiavo si è svolta nella Sala Torre, luogo perfetto per garantire il rispetto delle distanze e delle norme anti Covid-19. Tra i temi principali trattati, il punto sul Covid-19, l’ampliamento del CSVP con la realizzazione di un centro medico, alcuni chiarimenti sul tema della riorganizzazione di ostetricia – ginecologia e la riorganizzazione della chirurgia.

Come sottolineato anche dal dottor Emanuele Bontognali nelle fasi di domande e risposte conclusive, si tratta di una modalità che, da un lato, va a migliorare la comunicazione sui temi sanitari, diminuendo quindi i rischi di incomprensioni, dall’altro serve da anticipazione per la popolazione, in un momento nel quale non si può tenere una presentazione pubblica (che avrà comunque luogo in futuro). Con la moderazione di Piero Pola, assistente di direzione del CSVP, ad aprire gli interventi è stato invitato il dottor Cristian Raselli, medico di base accreditato.

Il punto sul Covid-19

“Dopo novembre-dicembre, nei quali c’era stato un forte aumento dei casi di Covid-19 in Valposchiavo, la situazione è oggi migliore sia nella popolazione che nelle strutture. In Casa Anziani non vi sono più ospiti positivi e al San Sisto sono presenti soltanto due casi esterni (ma in miglioramento) e uno nel reparto di lungodegenza, che è però in via di negativizzazione.
Il Dottor Raselli ha incitato a non abbassare la guardia, nonostante i buoni segnali, perché la situazione non è risolta e perché a St. Moritz, oltre Bernina, si sono già registrati i primi casi delle nuove varianti, presumibilmente più contagiose”.

Il dottore ha inoltre sottolineato come ci si debba attenere alle direttive e seguire le precauzioni che ormai tutti ben conosciamo.
Per quanto riguarda le vaccinazioni, giovedì e venerdì arriverà in Valposchiavo l’equipe mobile per iniettare il vaccino agli ospiti della Casa Anziani e del San Sisto. Non è ancora invece chiaro quando toccherà alla popolazione, per la quale il Cantone deve ancora comunicare una data.

Per quanto riguarda il personale sanitario – sul quale Il Bernina ha voluto informarsi nella fase dedicata alle domande – inizialmente saranno vaccinati soltanto coloro che sono a stretto contatto con i pazienti e i degenti, mentre il resto si potrà annunciare per un momento successivo.
Abbiamo inoltre chiesto al Dottor Raselli se chi è stato contagiato dal Covid-19 ed è guarito è opportuno che si vaccini: attualmente, l’indicazione che proviene è quella che, a tre mesi dalla guarigione, anche chi ha contratto il virus si può vaccinare.

Nuovo Centro Medico

La parola è poi passata a Giovanni Jochum, Presidente del Consiglio di Fondazione dell’Ospedale San Sisto e podestà di Poschiavo, che ha presentato il concetto di ampliamento del CSVP con la realizzazione di un nuovo Centro Medico.
Jochum ha ricordato che si tratta di un’idea nata quasi un decennio fa, che oggi giunge finalmente nella sua fase realizzativa. L’obiettivo è creare una struttura che migliori e potenzi l’offerta di prestazioni mediche in Valposchiavo, crei sinergie con l’ospedale e agevoli il ricambio generazionale dei medici incrementando l’attrattività di Poschiavo, offrendo un ambiente di lavoro al passo con i tempi. Saranno necessari sia degli adeguamenti alle strutture che nel modo di operare.

Ci saranno, dal punto di vista delle strutture, maggiori spazi, uniti e ben accessibili. In una prima fase verranno realizzati quattro studi medici, una farmacia, una nuova sede Spitex e gli ambulatori per gli specialisti esterni, nonché la piattaforma per l’elicottero sopra la nuova struttura. Nella seconda, invece, si metterà mano agli spazi liberati dagli studi medici attuali e dalla sede della Spitex per fornire altri spazi di cura, camere per il personale di picchetto e nuovi uffici.

I costi ammonteranno a circa 8 milioni, 6.5 dei quali per la prima fase e il resto per la seconda. L’intero intervento sarà sostenuto dal fondo di investimento del centro sanitario che ha accantonato nel tempo le risorse necessarie e che è quindi oggi in grado di finanziare i lavori senza chiedere contributi ai comuni.

“Allo stesso proposito – ha sottolineato il Dottor Emanuele Bontognali, Presidente del Comitato del Consiglio di Fondazione – la garanzia di un buon servizio a livello di salute dipende dalla presenza di 4 medici di base in valle. Oggi, anche grandi agglomerati hanno difficoltà a reperire medici. Solo la creazione di un centro medico può renderci attrattivi per mantenere questa presenza. Anche gli specialisti sono importanti per la sopravvivenza anche del Centro Sanitario. Se la gente comincia ad andare per le visite in Engadina e Coira poi ci resta anche per le cure e l’offerta medica si impoverisce”.

Riorganizzazione della ginecologia ostetricia

Sempre Bontognali si è incaricato di parlare della delicata questione della riorganizzazione della ginecologia-ostetricia e della dibattuta questione dello spostamento dei parti a Samaden.

La tematica risale a molti anni fa, una cinquantina circa. Fino a quel momento, la maternità in valle era prevalentemente a domicilio, ma le cose cambiarono con la costruzione del San Sisto. Gradualmente, alla fine degli anni ’70, i parti giunsero a essere oltre un centinaio. Negli anni ’80, tuttavia, calarono e i parti si spostano in gran parte a Samaden: questo perché i controlli di gravidanza non venivano fatti in valle e così anche il parto avveniva altrove. Perciò, alla fine degli anni ’80, vi erano di nuovo pochi parti.
In seguito, si è impiegata la levatrice e ci si è dotati dei necessari strumenti tecnologici: si è cominciato a eseguire i controlli di gravidanza in valle, così le donne sono tornate a partorire.

Bontognali ha ribadito come fosse noto da anni che ai parti in valle avremmo dovuto rinunciare. I medici di base, secondo le attuali normative, non possono essere coloro che gestiscono i parti (se non di emergenza e senza complicazioni) e soprattutto non si può pensare di ospitare un ginecologo residente, perché non ci sono i numeri.

L’altro grande tema riguarda gli anestesisti, indispensabili nei parti cesarei: “Non abbiamo anestesisti che servono per coprire le complicazioni del parto. Per anni – chiarisce – abbiamo tirato avanti grazie a due anestesisti (oggi di 72 e 76 anni) e uno dei due sapevamo che avrebbe finito a fine 2020… ”.

Dall’inizio dell’anno, il CSVP aveva iniziato a trattare con l’Ospedale di Samaden un protocollo di collaborazione: l’idea era cedere i parti, ma mantenere in Valposchiavo i controlli di gravidanza: l’annata eccezionale e particolare ha però anticipato la decisione di pensionamento dei due anestesisti, così che il CSVP si è visto costretto a trasferire immediatamente i parti a Samaden, concludendo l’accordo nei termini desiderati successivamente, a fine anno.

L’ambulatorio ostetrico continuerà anche in futuro a essere disponibile per 24 ore al giorno e 365 giorni l’anno e per di più vi sarà un numero diretto esclusivo per donne incinte o dopo il parto con problemi urgenti.

Anche in futuro, le donne potranno scegliere il/la ginecologo/a di fiducia (3 specialisti che vengono in settimana). Si è infatti recentemente aggiunta agli specialisti già attivi la dottoressa Ladina Christoffel, primario dell’Ospedale di Samaden. Si tratta dell’inizio di una collaborazione che – ha scandito Bontognali nella fase delle domande e risposte – farà sì che attraverso un coordinamento con Samaden vi siano disponibili anche in futuro tre ginecologi, intervenendo qualora uno di essi volesse andare in pensione.

La petizione

Arturo Plozza, membro del Consiglio di Fondazione, Presidente della Regione Bernina e Sindaco di Brusio, ha invece affrontato la questione della petizione a favore della riapertura del reparto di ostetricia e ginecologia stazionaria.
Plozza ha ricordato come in Svizzera ogni cittadino possa democraticamente inoltrare una petizione a un’autorità, come domanda, suggerimento o reclamo.

“Nel caso specifico siamo di fronte a un suggerimento e a un reclamo. Chiunque, indipendentemente da età, nazionalità, sesso, domicilio, può firmare una petizione. Nel caso di questa, avente come prime firmatarie le signore Raffaela Solèr e Alessandra Della Cà, si è trattato di ben 1’070 firme, provenienti da Brusio, Poschiavo e altri luoghi. Il totale delle firme fuori valle (altri comuni, altri cantoni, dalla vicina Italia) era pari al 12%”.

“Inoltrare una Petizione – ha ricordato – è far sentire la propria voce: un diritto sacrosanto, perché il popolo deve poter esprimersi. Tanto più che le idee della petizione e la sua motivazione, per le donne e la loro salute, per le giovani coppie, per la sicurezza delle partorienti e contro lo spopolamento sono ampiamente condivisibili”.

“Si tratta di un atto che di per sé non ha valore giuridico. L’autorità interpellata è tenuta a prenderne atto, ma non è tenuta a risponderne. Su un tema del genere, tuttavia, e con una tale ampiezza di firmatari, risulta doveroso chinarsi sul problema e dare una risposta.
Di solito una petizione è rivolta alle autorità comunali, cantonali e federali; in questo caso, invece, al Centro Sanitario. Il CSVP è una fondazione di diritto privato, non una vera e propria autorità politica, ma essendo costituita dai due comuni e visto che nel consiglio vi sono due rappresentanti politici di Brusio e due di Poschiavo, nonché tre specialisti nominati dai politici, si tratta di una realtà strettamente legata all’autorità.
Non esiste però un preciso iter politico, nemmeno un obbligo di risposta. E inoltre, il Consiglio di Fondazione è autonomo, pur sottostando agli organi di controllo”.

Plozza ha poi riassunto la storia ospedaliera della Valposchiavo, iniziata nel 1913, con il primo ospedale alla Rasega e culminata nel 2016 con la nascita del CSVP, una struttura innovativa che raggruppa ospedale, Spitex e Casa anziani.

“La difficoltà per quanto riguarda i medici in generale, ma soprattutto per il servizio ginecologia e ostetricia, è stata soprattutto nel reperimento del personale, ma anche economica”, ha poi specificato. Nel settembre 2019, il Consiglio di Fondazione si è rivolto ai comuni per avere risorse aggiuntive per mandare avanti ostetricia e ginecologia. Si trattava di 100.000 franchi l’anno per garantire il servizio. E i comuni hanno risposto di sì riconoscendone l’importanza. Quindi non era una questione di soldi. Ma il reclutamento del personale era di più difficile soluzione di quello finanziario: serviva qualcuno 365 giorni l’anno e 24 ore su 24.
Il tema non è stato preso alla leggera, sappiamo che è giusto combattere. Però combattere va bene se c’è la possibilità di vincere la battaglia. Questa decisione, se pure sofferta, è stata ineludibile”.

In chiusura, un chiarimento sulla questione del passo chiuso o innevato e dell’esigenza di partorire. “Si tratta di pochi giorni all’anno, ma sappiamo, è la cronaca di questi giorni, che il Passo può chiudere e che i bambini non aspettano. Se non sarà possibile trasportare quindi una partoriente a Samaden e in caso di situazioni estreme, i medici presenti in valle si occuperanno del parto e garantiranno il servizio, tenendo conto delle circostanze eccezionali”.

Riorganizzazione del reparto di chirurgia

Per ultimo è toccato intervenire a Guido Badilatti, direttore del CSVP, questa volta a proposito della riorganizzazione del reparto di chirurgia, strettamente connessa alla questione della ginecologia ostetricia.

“Secondo il mandato di prestazione conferito al CSVP dal Cantone, gli interventi chirurgici presso l’ospedale possono essere forniti su base elettiva (cioè programmandoli), ma anche in urgenza. Negli anni passati, i due specialisti citati dal dottor Bontognali, oggi in pensione, hanno garantito da soli una reperibilità di 365 giorni all’anno e di 24 ore al giorno, con un preavviso di mezz’ora soltanto: si tratta però di una situazione eccezionale e irripetibile. Ecco perché, con i due nuovi anestesisti che abbiamo trovato, abbiamo rimodulato l’offerta. Oggi la reperibilità chirurgica e anestesiologica è garantita 5 giorni la settimana (lunedì -venerdì) e in orario diurno (7-19). Negli altri orari si procederà al trasporto in ambulanza o con la REGA in altri ospedali, come in realtà già accadeva precedentemente nella gran parte dei casi. Se analizziamo i dati del 2020, la stragrande maggioranza degli interventi chirurgici realizzati in urgenza sono stati parti cesarei, mentre di altri 5, 4 sono stati eseguiti in settimana e 1 in orario diurno. Ciò significa che, al netto della riduzione della reperibilità e dello spostamento dei cesarei, 1 solo (su 122) sarebbe stato il paziente in più da trasferire a un altro ospedale. Oggi il team si compone di un chirurgo, del suo sostituto e di due anestesisti, ma per completarlo ne stiamo cercando un terzo”.

“A questo proposito – ha aggiunto Bontognali – tengo a sottolineare che i due anestesisti nuovi li abbiamo trovati proprio perché le condizioni sono cambiate e perché ora, non avendo più le urgenze dei cesarei, possiamo permetterci un tempo di preavviso non più di 30 minuti, ma di un’ora”.


Maurizio Zucchi

Maurizio Zucchi
Membro della redazione

5 COMMENTI

  1. Allora: spariti i parti si trovano subito due-tre anestesisti. Dunque questi tre anestesisti non volevano fare i picchetti per urgenze entro 30 minuti dei ca. 30 parti all’anno.
    Adesso se ci fosse un’urgenza per un’ intervento chirurgico l’anestesista arriva solo dopo un’ora e non più 30 minuti, solo di giorno e solo per 5 giorni la settimana. Capito giusto?

    • Due dei tre medici anestesisti attivi fino al 31 dicembre 2020 hanno smesso l’attività per la loro anzianità e non per la reperibilità dei 30 minuti garantita negli ultimi 12 anni.
      Solo grazie al nuovo concetto, elaborato prima della ricerca dei medici anestesisti, è stato possibile impiegare un nuovo specialista. L’altro anestesista presta servizio dal 2020. La ricerca di un terzo medico è tuttora in corso.

  2. Cara Madleina
    la “casa maternità “ o “casa del parto” non può certo essere una vera alternativa…
    Queste istituzioni vengono di solito gestite solo in prossimità di un ospedale/maternità, attrezzato appunto per gestire eventuali e impreviste complicazioni di un parto in atto. Se fosse sempre chiaro a priori quali siano i parti a rischio, da trasferire oltralpe, si potrebbe allora senz’altro continuare a gestire tutti gli altri al San Sisto, come fin’ora, anche senza una “copertura” chirurgico-anestesiologica.
    Come sai il buon esito di un travaglio dipende fortemente dallo stato d’animo della partoriente, e forse (e l’esperienza insegna) sapere di correre dei rischi evitabili, in questo contesto, non aiuta certamente…
    Cordiali saluti
    Emanuele.

    • carissimo manu

      la tua risposta mi lusinga, grazie!
      nutrivo molta ammirazione per il
      modello familiare in cui le mamme valposchiavine potevano dare alla luce i loro figli, e ora, vista la situazione, provo grande empatia nei confronti di quei genitori costretti ad una situazione di sconforto, in uno dei momenti più importanti della loro vita.
      sono d’accordo sul fatto che lo stato d’animo della partoriente è fondamentale per il buon esito parto, proprio per questo credo che affrontare un viaggio (..addirittura un passo!) in pieno travaglio, sia uno stress che sicuramente non giova al processo della nascita.

      capisco la situazione e sono certa che non è stato lasciato niente al caso. credo comunque che sia importante continuare a cercare soluzioni, poiché un atto miracoloso ed estremamente sensibile come una nascita, merita il massimo dei servizi!

  3. vista la soluzione deludente circa i parti fuori valle, potrebbe essere un’alternativa fondare una casa maternità, gestita dalle ostetriche valligiane, e trasferire oltre bernina solo i parti a rischio o coloro che desiderano un parto ospedalizzato.