Pensieri per Gianni

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Caro Gianni, grazie per averci accompagnato in tutti questi anni. Il tuo essere è stato per noi un esempio di saggezza. Un’anima sensibile e profonda e una presenza allegra ed importante.
Ad ogni incontro la tua energia ci travolgeva di felicità, avevi il dono di fare sentire preziosa ogni persona che incontravi.
Capivi i messaggi delle cose semplici della natura, le tue montagne ti riempivono di gioia, eri riconoscente per tutto questo. Dicevi: “Non frequento molto la chiesa, ma io ogni volta da lassù prego Dio e lo ringrazio per tutta questa ricchezza!”
Un perno per la nostra famiglia, una guida per tutta la comunità. E adesso ci troviamo qui tristi ed allibiti, ma tu ci hai insegnato la via e adesso tocca a noi praticarla.
Ti rallegravi di avere una bella famiglia unita e in questo grande dolore lo siamo ancora di più. Spesso eri tu quello con le lacrime agli occhi, ma oggi ci hai lasciato tutti noi in lacrime.
L’ultima volta che ci siamo visti, mi hai detto: “Credo che mi manchi, perché ti sogno”, adesso siamo noi a chiederti: “A volte vieni a trovarci nei nostri sogni, e che la tua anima ci accompagni sempre”! Grazie per averci fatto sentire sempre amati!

Elisa Dorsa


Da dove verrà l’aiuto?

Alzo gli occhi verso i monti: chi mi potrà aiutare? L’aiuto mi viene dal Signore che ha fatto cielo e terra. (Salmo 121,1-2)

Che cosa abbiamo portato con noi in chiesa oggi? – Molte domande su questo incidente, pensieri, speculazioni: perché doveva accadere, perché lui, perché così presto?
E cosa ci aspettiamo da quest’ora? – Che le domande trovino risposta, almeno parziale.
Ma cosa porteremo con noi quando torneremo a casa dopo questo funerale? – Temo che non otterremo nulla di ciò che abbiamo sperato: le domande rimarranno, i pensieri continueranno a occuparci, gli interrogativi ci accompagneranno, forse per sempre.

Perché? – Io credo e voglio dirlo, anche se sembra difficile: perché rivolgiamo il nostro sguardo, i nostri pensieri e le nostre domande nella direzione sbagliata. Guardiamo indietro, ma lì non c’è risposta. Vogliamo sapere perché è successo, ma chi ce lo dirà? Non possiamo più guardare indietro. Dobbiamo farcene una ragione. E questo potrà avvenire solo in futuro.

Guardiamo quindi nell’altra direzione, in avanti. Lì c’è una promessa, lì c’è – se Dio vuole – una consolazione, lì possiamo anche trovare delle risposte.
Passiamo dal chiederci “perché è successo” al chiederci “che cosa può venirne fuori”. Se ci chiediamo il “perché” non ne usciamo. Ma se ci chiediamo “che cosa può venirne fuori” allora possiamo trovare una strada. Anche davanti alla peggiore disgrazia, al peggior destino.

Con tutto ciò che ci appesantisce e ci deprime, ci spaventa, ci tormenta, guardiamo avanti e chiediamoci: “Che cosa può venirne fuori?”. E prendiamo come punto di partenza ciò che Dio ha detto a tutti noi e mette ogni giorno davanti ai nostri occhi, alle nostre orecchie e ai nostri cuori: Alzo gli occhi verso i monti: chi mi potrà aiutare? L’aiuto mi viene dal Signore che ha fatto cielo e terra.

Un uomo è morto, giovane, in un terribile incidente. Due figli non hanno più un padre. Una moglie non ha più un marito. Qui percepiamo con particolare chiarezza che la domanda sul “perché” non ci porta da nessuna parte. Alimenta solo il dubbio, forse anche la disperazione. Tuttavia dietro ai perché si apre una strada: siamo chiamati ad essere presenti, solidali. Una cosa è certa: la benedizione di Dio vi accompagnerà: Alzo gli occhi verso i monti: chi mi potrà aiutare? L’aiuto mi viene dal Signore che ha fatto cielo e terra.

Il compagno, il collega, l’amico è scomparso. Non giova guardarsi indietro e dire quanto è stato bello e chiedersi perché dovesse finire così. Chiediamoci piuttosto a cosa potrebbe portare il fatto che ora non è più con noi. Forse potrebbe portare a questo: che ognuno di noi si renda conto che l’amicizia significa aiuto reciproco, che lavorare insieme non significa solo guadagnare soldi e passare del tempo in compagnia, ma anche condividere un pezzo di vita, conoscere le preoccupazioni dell’altro, rispettare il suo modo di essere, assumere responsabilità per lui.

Con tutto ciò non sostituiremo colui che è morto così presto – nessuno può farlo -, ma potremo rafforzare la certezza che siamo presenti gli uni per gli altri e che possiamo anche fidarci e contare gli uni sugli altri.

Chiediamoci anche a cosa può portarci l’esperienza che abbiamo dovuto fare. Forse, riflettendo su una fine così precoce, riusciremo a imparare di nuovo a rispettare e apprezzare di più la nostra vita? A renderci nuovamente conto del grande dono che ci è stato affidato? Abbiamo tempo, possiamo dare forma alle nostre giornate, dare loro un significato attraverso le nostre azioni. Abbiamo vicino a noi persone che ci amano, che hanno bisogno di noi, che non possono immaginare una vita senza di noi e per le quali siamo importanti. Abbiamo la possibilità di soddisfare ciò che vogliono da noi, o di deluderli. Oggi, nel giorno di un addio così precoce, questo può diventare più chiaro del solito. Usiamo questa consapevolezza per ripensare le nostre vite. Dio ci promette: L’aiuto mi viene dal Signore che ha fatto cielo e terra.

Domenica scorsa, ciò che Dio aveva iniziato con Gianni non si è concluso. Nessuna storia di vita viene interrotta per sempre. Una persona passa da questa vita all’altra – e qui, come là, ha a che fare con lo stesso Dio che Gesù Cristo ci ha fatto conoscere. Al termine della nostra vita, non è il nulla. Alzo gli occhi verso i monti: chi mi potrà aiutare? L’aiuto mi viene dal Signore che ha fatto cielo e terra. Non possiamo dire di più, non dobbiamo dire di più. Ma va detto anche questo: “Non siamo destinati alla morte, ma alla vita!” Forse da questa conoscenza trarremo nuovo coraggio per la nostra esistenza. Forse impareremo ad amare di nuovo la vita. Forse saremo portati su una nuova strada, forse più vicina a Dio.

Portiamo questi pensieri con noi nel tempo del lutto. Cerchiamo di metterli in pratica nella nostra vita, come amiche e amici, come familiari e parenti, come compagni di lutto, come membri della comunità cristiana, e non da ultimo come esseri umani che sono stati profondamente colpiti da questa morte. In tutto ciò che facciamo, non dimentichiamo questa parola di Dio, che ci darà la forza di cui abbiamo bisogno: Alzo gli occhi verso i monti: chi mi potrà aiutare? L’aiuto mi viene dal Signore che ha fatto cielo e terra.

Paolo Tognina, pastore