L’assenza di neve non sta creando problemi solo agli impianti sciistici; infatti, parlando in generale di precipitazioni, anche l’agricoltura sembra messa a dura prova da questo inverno con temperature miti e poca acqua. Le previsioni per la prossima stagione agricola, se questa situazione anomala di siccità e clima mite dovesse perdurare ancora a lungo, non sono affatto buone. Abbiamo chiesto l’aiuto di Marcello Dorsa, presidente dell’Unione Contadini Brusio, per fare il punto sulla situazione a Brusio.
Questo perdurare delle temperature miti e delle poche precipitazioni (già dalla scorsa estate) che effetto avrà sulla prossima stagione agricola a Brusio?
E’ molto difficile fare previsioni, vedremo solo al momento opportuno quale sarà la situazione, madre natura non si conosce. Quel che posso dire è che dobbiamo abituarci a questo nuovo tipo di situazioni climatiche e trovare nuove soluzioni. Fortunatamente noi a Brusio abbiamo un impianto di irrigazione su tutto il territorio, garantito dall’acqua del lago che è ancora pieno. L’investimento enorme fatto sulla gestione dell’acqua ci permette di tenere il terreno umido dando semplicemente una “bagnata” a fine autunno, creando una crosta che impedisce la formazione di strati polverosi in inverno, una garanzia per i piccoli frutti.
Cosa si può fare per migliorare ancora di più la situazione a Brusio?
Sono fermamente convinto che in qualsiasi contesto si debba sfruttare quel che si ha a disposizione, nel nostro caso un territorio con molti terrazzamenti dove, intensificando il pascolo di diverse specie di animali, si può sicuramente mantenere la biodiversità. Diciamo che a Brusio, diversamente da Poschiavo dove c’è più campicoltura, abbiamo un’agricoltura significativamente differente, fatta di piccoli fazzoletti terrazzati, l’idea comune è quella di diventare una valle biologica, in linea con la filosofia del 100% Valposchiavo. In questi anni sono state riprese diverse coltivazioni di piante di mele, abbiamo piantato gli ulivi, i piccoli frutti di Nicolò Paganini sono ormai una garanzia e abbiamo tante idee su come sfruttare i piccoli appezzamenti di terreno sparsi sul territorio, idealmente con prodotti che si colgono a mano, sfruttando così al minimo macchinari agricoli di grosse dimensioni.
Se vogliamo possiamo chiamarla un’agricoltura di nicchia, dove si può confidare sui prezzi dei mercati legati alla qualità del prodotto. Non serve quindi necessariamente un grande appezzamento per sostenere un territorio se con quello che si ha, pur piccolo sia, si fanno coltivazioni a regola d’arte. Sono altresì convinto che il buon lavoro che stiamo svolgendo darà la possibilità a molti giovani di rimanere a lavorare in Valle.
Ha notato qualche stranezza legata a questo clima mite dell’ultimo periodo?
Effettivamente, nel periodo tra Natale e fine anno ho notato un rinverdimento che ha fatto iniziare a girare i cervi selvatici fuori stagione, questo potrebbe portare a perdite anomale nella selvaggina. Avendo la maggior parte del bestiame in stalla poi, con un caldo insolito per la stagione, le bestie hanno un maggior consumo di foraggio ed è più facile il diffondersi delle malattie. Per fare un esempio, le mucche nutrici con il freddo consumano molto meno; se dovessi fare una stima direi che quest’anno, per il momento abbiamo consumato il 15% in più di foraggio.
A livello parassitario invece?
Il mondo cambia ogni anno, arrivano sempre più in zona specie animali e insetti che non abbiamo mai visto dalle nostre parti, dobbiamo solo imparare a gestirle, dobbiamo adeguarci. Queste minacce non sono più, come in passato, cose che capitano a lungo termine, ma avvengono mese per mese, settimana per settimana. Le soluzioni ci sono e di certo impegnandoci le troveremo, avendo poi piccole quantità ed essendo interconnesse, ci sono certamente più possibilità di contenere il fenomeno.
Come si prospetta a suo modo di vedere l’agricoltura del futuro a livello globale?
Il cambiamento vero e proprio nel settore agricolo è avvenuto negli ultimi anni, non negli ultimi 50, ma essendo oggi tutto così veloce forse è già tardi per uscire dagli schemi degli anni ’90 e adeguarsi al cambiamento. Se in passato lavorare nel settore agricolo era un lavoro spesso simile e ripetitivo, oggi il discorso è cambiato, solo chi è dotato e si tiene aggiornato e attivo può avere dei buoni risultati. I giovani che iniziano ora sono ancora troppo legati alle vecchie tradizioni e questo li fa partire già svantaggiati. C’è bisogno di un cambio radicale anche nell’insegnamento dell’agricoltura.
E a livello locale, in piccole realtà come Brusio?
Per le piccole realtà come Brusio, come dicevo prima, non si può pretendere di coltivare cose per cui non ci sono gli spazi, bisogna adattarsi al contesto e sfruttare quel che si ha a disposizione. Solo in questo modo si riusciranno a coltivare cose che ci daranno delle soddisfazioni; un esempio che mi viene in mente ora sono i meloni di Campascio.
Una cosa che ci tengo a far capire, e che forse negli ultimi anni molti hanno capito, è che la situazione va guardata dal basso e non dall’alto. Finalmente negli ultimi anni le due società agricole di Brusio e Poschiavo hanno trovato voce in capitolo e vengono interpellate dai giornalisti, dal Cantone e da altre organizzazioni agricole, per capire come comportarsi in base al clima, ai cambiamenti del territorio e tutte le questioni legate alle coltivazioni.
È gratificante sapere che buona o almeno parte dei “nostri” contadini di montagna, come Marcello, lavorano con le mani, ma usano anche la testa e il cuore! I contadini ci danno da mangiare e si prendono cura (o meno) della terra che dovrà sfamare anche i nostri figli e i figli dei loro figli: hanno una responsabilità enorme e noi “consumatori” influenziamo ogni giorno il tipo di agricoltura che viene praticato. Chi può e chi vuole sostenga l’agricoltura in armonia con la natura, perché una terra fertile è un patrimonio preziosissimo!
Un’esperienza personale: ho piantato un paio di piante di pomodoro standard ricevute in regalo (comprate) in un’aiula con poca terra dove per anni sono stati piantati fiori esotici “usa e getta”. Il mio vicino ha invece piantato piantine da lui cresciute dopo aver selezionato semi di una specie vecchia. Nel suo orto lui pratica la permacultura da anni ed è un continuo svolazzare di insetti, lombrichi e lumache si contano a centinaia.
Risultato: io dovevo bagnare i pomodori quotidianamente, lui ha bagnato le piante all’inizio e poi non più, il resto lo faceva il terreno, che era vivo. La mia terra morta non aveva nulla da dare ai pomodori. I semi che il mio vicino ha raccolto saranno capaci anche l’anno prossimo di produrre pomodori nonostante la siccità, io le mie piante le ho buttate a fine stagione, ma ho avuto una buona lezione dal vicino.