Sportiva Palü sull’Ortles via Hintergrat 3905 m

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Quella di domenica 9 luglio è stata una giornata per me e per molti altri indimenticabile. La Sportiva Palü Valposchiavo ha organizzato una “gita” sul mitico Ortles (in ted. Ortler), la più alta montagna dell’Alto Adige nel parco nazionale dello Stelvio. Gli alpinisti considerano l’Ortles la vetta più ambita delle Alpi orientali. Noi siamo passati per l’Hintergrat, per certi versi paragonato allo Hörnligrat o al Biancograt: una scalata classica, accessibile anche per chi, come il sottoscritto, non è uno specialista dell’arrampicata, ma che è comunque più ardua dell’ascesa lungo la via normale.

Eravamo in molti, e tutti giovani, a parte qualche “over 60”… E’ stata questa una bella sorpresa: una quindicina di giovani dalla Valposchiavo, tra cui una donna, tutti molto in gamba nel vero senso della parola, forti nel fisico e nella mente, impegnati e contenti. Durante la salita sentivo spesso battute scherzose, che essendo di un’altra generazione capivo solo a metà. Mi sembra che le prime risate siano cominciate poco dopo la partenza e siano terminate quando ci siamo lasciati la sera in pizzeria.

Per il resto è come sempre, forse un tantino più impegnativo del solito: Salita da Sulden fino alla capanna dell’Hintergrat (bella stüa con ottima cucina), sveglia a metà notte e partenza alle 4 con le lampadine. Salita lungo la morena principale, prima fatica per superare un vallone detritico abbastanza ripido. Arrivo al primo nevaio alle luci dell’alba dopo vari caminetti e canali franosi, poi una cresta alternata a rocce instabili, seguita dal secondo tratto nevoso piuttosto esposto con pendenza fino a 40 gradi, per arrivare all’ultimo quarto con il passaggio chiave della via, una piccola parete di cinque metri valutata IV-, non facile da superare con gli scarponi, perché liscia e unta. L’arrivo in vetta è spettacolare: Ti trovi di fronte al Cevedale e il Gran Zebrù (Königspitze), sotto di te tutta la Val Venosta e i tornanti dello Stelvio, non tanto lontano lo Scalino e il Palü, e ti trovi sopra a una bellissima calotta nevosa con un ghiacciaio da sogno. Si diffonde una sensazione euforica di felicità, perché ti sembra di toccare il cielo, e ti fa dimenticare che sei esattamente a metà delle difficoltà, in quanto la via normale di discesa non è meno lunga e complessa…

Oltre a dover superare vari crepacci seguiti da creste rocciose alquanto aeree, dobbiamo presto fare i conti con un problema che neanche l’abile guida Moreno Demonti è in grado di risolvere (“mai vüdü ‘na roba inscì in 12 an da guida”). Restiamo infatti bloccati da una ventina di alpinisti molto lenti che si trovano di fronte a una ripida parete di una quindicina di metri. Una vera e propria coda come davanti galleria del Gottardo… Dobbiamo attendere almeno un’ora, e anche qui ho ammirato i giovanotti della Sportiva, che non si sono spazientiti più di quel tanto, mantenendo una calma assoluta per aspettare il proprio turno. Al via libera Demo in pochi minuti ci cala in corda doppia senza tante complicazioni. Inutile dire che arrivati al rifugio Peyer, e solo lì, ci si può rilassare con una buona birra.

Ringrazio di cuore l’ottima guida Moreno Demonti e l’organizzatore della Sportiva Elia Beti, oltre ai vari monitori che ci hanno portati sicuri su questa montagna che ritenevo insuperabile, e tutti gli altri per la bella avventura (foto da sinistra a destra, prima fila: Elia Beti, Silvano Cortesi, Debora Forer, Moreno Demonti, Lorenzo Misani, Sandro Carozzi; seconda fila: Ewan Cortesi, Luciano Lanfranchi, Mirco Luminati, Stefano Danchi, Hans Russi, Roberto Pola, Gianluca Cortesi, Mauro Cortesi, Andrea Lanfranchi.