A due anni dal suo avvio, giunge al primo giro di boa in questi giorni il progetto di salvataggio dei castagneti di Brusio, iniziativa varata per proteggere le selve dal cancro del castagno che minaccia, come altre, anche quest’area alpina.
Gli esperti che nell’estate del 2021 si sono recati in valle per i primi sondaggi e le prime contromisure, sono tornati sul posto per raccogliere tutti gli elementi necessari a comprendere i primi risultati, sui quali si avranno notizie nel giro di qualche giorno.
Il tentativo di mettere al sicuro e valorizzare questa parte del patrimonio arboristico locale non é cosa nuova: esattamente trent’anni fa, era il 1993, un gruppo di cittadini di Brusio si mise al lavoro proprio con l’obiettivo di salvare e risanare il maggior numero possibile di castagno sulle alture del paese: fra loro Eugenio Zanolari, che da allora è saldo punto di riferimento in quest’ambito.
“Per i nostri primi interventi di risanamento decidemmo di aderire all’Associazione dei Castanicoltori della Svizzera italiana: la neonata sezione di Brusio svolse una lunga e minuziosa opera di ricerca per risalire a tutti i proprietari dei boschi – racconta Zanolari – e questo fu molto importante, perchè solo una volta avuti tutti i nominativi é stato possibile raccogliere il consenso dei singoli e procedere così alla manutenzione: ogni pianta é stata curata mediante un piccolo contributo procapite (meno di dieci franchi per albero) mentre il resto dei costi é andato a carico della Confederazione”.
I lavori di pulizia e manutenzione furono resi possibili grazie al forestale Luca Plozza, oriundo di Brusio, oggi residente in Mesolcina, che si era interessato della questione nelle sue funzioni di ingegnere forestale.
Si era dunque all’inizio degli anni novanta, quando arrivarono i primi contributi disponibili a livello centrale per questo tipo di interventi; da lì in poi si é andati avanti fino al censimento degli alberi affidato ad un ufficio di rilevazione specializzato, incaricato dai comuni di Brusio e Poschiavo: tutti i castagni sono stati in questo modo mappati, numerati e attribuiti ai rispettivi proprietari.
Per arrivare ai passaggi più recenti, due anni fa, le mappe sono state inoltrate all’Ufficio Fondiario della Valposchiavo che ha sottoposto la questione al Cantone da cui é arrivato il suggerimento di procedere con l’iscrizione presso l’Ufficio Fondiario nel registro dei diritti di piantagione.
“Tutto questo prima non c’era perché molte selve erano abbandonate – rimarca Zanolari – adesso invece le proprietà sono certificate e garantite, con conseguenze molto positive per la loro cura e la manutenzione da parte delle famiglie, che – fra le altre cose – se vogliono vendere la proprietà ora possono fare un regolare trapasso. Resta il fatto che i castagneti di cui parliamo sono su suolo pubblico – tiene a precisare – terreno per la maggior parte del Consorzio delle Contrade di Zalende e Campocologno, il maggior proprietario fondiario dei terreni su cui crescono questi alberi; si tratta di una condizione particolare che esiste in poche aree, fra cui la Valposchiavo o il gallese per quanto riguarda i vigneti e che evidentemente funziona per sottrarre le selve all’incuria”.
L’efficacia di questi strumenti è nei numeri: basti pensare che sono stati risanati in questo modo 1’600 castagni e altri potrebbero ricevere le stesse attenzioni nelle fasce più in quota dove sono allo stato selvaggio; al momento, però, la strategia é di consolidare i risultati raggiunti, rinunciando a metterne in sicurezza altri, privilegiando potature e interventi di pulizia e mantenimento del patrimonio già acquisito.
E il prodotto? Brusio ha preso esempio dal Ticino: le castagne vengono conferite e sottoposte a cernita in un unico centro a cui fanno riferimento tutti i coltivatori; una volta classificata, la frutta viene venduta con relativo pagamento, a fine stagione, ad ogni singolo conferente.
Il ruolo é esercitato oggi da Nicoló Paganini, che riceve controlla e commercializza l’intera produzione locale con ottimi risultati sia economici che di immagine del territorio.
I quantitativi sono di tutto rispetto: 800 chili vengono venduti durante la settimana che precede la Sagra della Castagna – nata nel 2001, quest’anno é in calendario dal 7 al 15 ottobre – mentre altri 500 chili finiscono nei negozi locali e di Coira e altri 100 alle associazioni che fanno le castagnate in valle.
Certamente l’evento d’autunno rappresenta un volano formidabile per l’intero progetto: il lavoro instancabile di 15 volontari dell’associazione “I marunat da Brüs” permette di preparare e servire ben quattro quintali di castagne: “Persone giovani e meno giovani che si impegnano per lo stesso obiettivo – conclude Eugenio Zanolari, coordinatore del gruppo – a dimostrazione del fatto che c’è un bel clima e che anche fra di noi, come nel bosco, possiamo contare su un ricambio generazionale che dá buoni frutti e difende il patrimonio”.
Tre i soggetti organizzatori: i castanicoltori con Paganini rappresentante, la Societá Osti di Brusio con il presidente Davide Migliacci e Valposchiavo Turismo nella persona di Kaspar Howald.