Scuola professionale: come vanno le cose? Ne parliamo con Gabriela Menghini-Inauen

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Mentre è da poco ricominciato l’anno scolastico, la questione della Scuola professionale di Poschiavo continua a essere di stretta attualità. Nello scorso mese di gennaio, infatti, era rimbalzata sui media (locali e non) la notizia di alcune formazioni a rischio per mancanza di iscritti. 
Che cosa è accaduto nel frattempo a livello politico? A tale proposito abbiamo intervistato Gabriela Menghini-Inauen, granconsigliera dal 2022, membro della giunta di Poschiavo dal 2015 e presidente uscente della Commissione di sorveglianza della Scuola professionale Poschiavo. Da sempre impegnata nel sostegno della formazione professionale, nel 2022, nel corso di un’intervista a “Il Bernina” ebbe modo di dichiarare: “Se avessi una bacchetta magica vorrei poter offrire presso la nostra Scuola professionale l’insegnamento di tutte le professioni che si possono svolgere nelle aziende della Valle”. 

Buongiorno Gabriela, quando è iniziato il tuo impegno per la scuola?
Dobbiamo tornare a 8 anni fa, quando ho iniziato a far parte della Commissione di sorveglianza. Nei primi quattro anni come membro e negli ultimi quattro come presidente. Da agosto, tuttavia, ho lasciato l’incarico per motivi di tempo. 
In quanto membro della Commissione della formazione e della cultura del Gran Consiglio, resto in ogni caso un punto di riferimento.

Vedi in pericolo la Scuola Professionale a Poschiavo?
Onestamente, a livello di esistenza non la vedo minacciata, da un lato perché è l’unica in lingua Italiana e dall’altro perché, oltre che a noi offre una buona base di manodopera all’Engadina che ne ha bisogno quanto noi. Credo che la nostra scuola nel futuro possa avere una buona prospettiva. 
Vorrei inoltre fare una premessa. Non è la prima volta che qualcosa di simile a quanto salito agli onori delle cronache accade e la Scuola Professionale di Poschiavo non è l’unica a essere messa sotto pressione perché ci sono dei regolamenti tecnici da seguire. Naturalmente è importante che ci si impegni sempre per avere dei numeri adeguati e si deve dimostrare che è sensato mantenere i corsi. Quello di quest’anno non è un fenomeno nuovo. Quello che se mai è una novità è che queste tematiche siano state discusse pubblicamente.

Tornando quindi alla questione dell’anno scolastico 2022/23, che cosa era accaduto?
Ogni anno si devono annunciare quali apprendisti ci saranno e dopo aver avviato l’anno scolastico 2022/2023 l’ufficio cantonale competente ha contattato i direttori presentando l’evoluzione dei numeri negli ultimi anni. Risaltavano due sezioni in situazioni un po’ critiche. Il numero minimo per avviare una sezione è infatti di 8 persone ma, vista l’evoluzione nel tempo, si metteva in luce la difficoltà di approvare sistematicamente delle eccezioni. Questa sorta di revisione, tuttavia, avviene in misura differente in continuazione: è, di fatto, un processo annuale. Poi c’è stata una discussione in commissione sorveglianza e ci siamo attivati anche a livello cantonale, fissando nel frattempo un appuntamento con il Direttore del Dipartimento dell’educazione, cultura e protezione dell’ambiente dei Grigioni, Dr. Jon Domenic Parolini, ed il Direttore dell’Ufficio della Formazione professionale, signor Curdin Tuor, per capirne le intenzioni.

A livello di Gran Consiglio che iniziativa è stata presa?
A giugno 2023 vi è stato un atto parlamentare che ha avuto tre firmatari di partiti diversi: Jürg Heini, dell’Alleanza diCentro, Jürg Rodigari, dei Liberali e io per l’UDC: alla fine lo hanno sottoscritto 102 granconsiglieri di tutti i partiti rappresentati al Gran Consiglio, quasi un record. Nella sessione di ottobre ci sarà dunque, verosimilmente, una votazione parlamentare sull’incarico da conferire al Governo. L’incarico rappresenta uno degli strumenti di un certo peso con il quale affrontare un problema di questo tipo.
Con l’atto, in pratica, si chiede di definire delle misure per rafforzare la formazione professionale e, se necessario, creare delle nuovi basi legali per intervenire. Inoltre, si chiede di mettere a disposizione i fondi necessari. A mio parere le basi legali esistono già e la legge cantonale già dà sufficienti armi al Governo per intervenire ma, come detto, eventualmente se fosse necessario sono possibili anche delle modifiche in tal senso.

Quindi non si tratta soltanto di un problema della Valposchiavo?
Niente affatto, anzi a mio parere noi siamo messi meglio di altri: i problemi della Scuola professionale, come dimostra l’interesse per questa iniziativa, sono trasversali, e vanno da Coira alla più piccola regione del Cantone. 

Qual è il punto di forza della scuola di Poschiavo?
La formazione professionale, soprattutto da noi, rispecchia il mondo del lavoro. La richiesta di manodopera qualificata è alta e grazie a questa scuola i nuovi assunti arrivano con la formazione giusta, siano abitanti del posto o studenti che provengono dalla vicina Valtellina. Questa scuola è fondamentale nella sfida continua di renderci competitivi anche oltre Bernina. 

A proposito: in Engadina sono numerosi i licei, quasi in maniera anomala, ma non pare di aver mai ascoltato un cenno alla loro riduzione. E dire che i costi cantonali sono alti a studente, anche per quelli privati…
C’è, in generale, una tendenza all’accademizzazione. In Svizzera, in media, circa venti persone su cento arrivano alla maturità liceale mentre le altre si rivolgono all’apprendistato o altro: in Engadina la proporzione è molto diversa, con un tasso di maturità molto più alto, dovuto alla presenza di diversi licei!
Non credo sia un problema di denaro ma, in ogni caso, se necessario ci si deve impegnare per mettere a disposizione delle scuole anche professionali un trattamento equo. Voglio ricordare due cose. La prima è che non esiste una scuola di serie A e una di serie B e che ciascuno, anche iniziando con una scuola professionale, può comunque arrivare a qualsiasi livello grazie al sistema di formazione svizzero.
La seconda è che il nostro sistema duale di formazione professionale è studiato e invidiato in tutto il mondo e quindi non va abbandonato ma, al contrario, rafforzato. 

Per conseguire la maturità si deve per forza uscire dalla Valposchiavo: questo può forse spostare il centro di affetti e interessi, rendendo difficile un rientro?
Io credo che quello che dobbiamo e possiamo fare a Poschiavo sia rendere attraente il nostro territorio. Anche la SUP (Scuola universitaria professionale) a Coira deve essere utilizzata come un’opportunità per offrire la formazione più utile alla nostra economia. Per esempio si deve formare chi sia in grado di portare avanti un’azienda: anche da noi ci sono stati dei casi di imprese sane che hanno chiuso per mancanza di una successione. 

E il problema demografico non incide?
Certo che incide e in misura variabile da un territorio all’altro. Ma a dire il vero si tratta di una questione molto complessa e di difficile soluzione, che in maniera diversa rappresenta una sfida per tutti i paesi sviluppati. 

Sempre a livello politico / corporativo, mi parlavi di un’iniziativa secondo te importante e ancora non molto nota…
Esattamente: recentemente l’Unione grigionese arti e mestieri ha costituito una Commissione formazione, composta da sedici persone  provenienti dagli ambiti più vari, tra cui scuola, economia, politica e molto altro ancora. Di questo gruppo di sedici persone faccio parte pure io come una dei rappresentanti della politica cantonale. Il nostro obiettivo è quello di elaborare, cominciando da settembre, una strategia denominata “Formazione professionale Grigioni 2030”. Si tratta, dunque di studiare misure che possano essere implementate e di definire le priorità per la formazione professionale grigionese del futuro. In questo percorso saremo accompagnati anche dalla Scuola universitaria federale per la formazione professionale e la strategia verrà infine pubblicata. 

Maurizio Zucchi
Membro della redazione

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