Quando ho incontrato Bernardo Tuena ho avuto immediatamente l’impressione di un uomo molto concreto, lavoratore, solido come la legna dei tronchi che passano per la sua segheria. La nostra intervista si è svolta con domande in valtellinese e risposte in poschiavino, perciò quella che segue è, per così dire, una traduzione.
La storia
La ditta è una storia di famiglia, che affonda le radici in ormai un secolo fa: “Mio nonno nel 1923/24 lavorava qui come carradore: faceva carri, slitte e tutti gli attrezzi che servivano a tutti i contadini. Poi mio padre e mio zio nel 1946 hanno costruito il capannone qui vicino. La passione principale di mio padre era la segheria e quella parte la ha costruita lui nel 1956”.
Bernardo mi mostra un documento cantonale che testimonia l’inizio dell’attività, ma insieme c’è anche un altro interessante pezzo scritto a macchina. Un “gruppo di cittadini” zelanti che chiede all’allora podestà Placido Lanfranchi che il Consiglio scolastico e quello comunale si oppongano al fatto che “davanti alla scuola del Capitello (…) venga da un tal cittadino messa una segheria, una rasiga”. Le lamentele del gruppo (le cui firme non sono apposte al foglio) non sono ritenute così convincenti e l’attività può continuare.
“Ga li fait vedé a ün ex dal Consiglio Comunale staduman: al ghèra già casín e mal da ventru anca na volta”, conclude poi ridendo.
Successivamente le attività dei due rami della famiglia si separano e nel 1974 Bernardo entra in ditta. Aveva svolto l’apprendistato e poi diversi corsi di perfezionamento.
La formazione come alunno e insegnante
Oltre all’artigiano, Bernardo è stato anche insegnante alla Scuola professionale, dal 1982 al 2000.
Aiutare i giovani a formarsi è una grande soddisfazione, “tanto più che io avevo fatto il mio apprendistato a Samaden con un Colonnello militare, in una falegnameria speciale che esiste ancora e si occupa solo di istruire apprendisti falegnami. Ordine e pulizia il suo motto: il venerdì sera riuniva tutti gli apprendisti (quattro per anno) e a uno a uno mostrava qualità ed errori del lavoro che avevano svolto. Poi faceva il giro dell’officina (bagni compresi) e controllava che tutto fosse a posto, prima di congedarli per il fine settimana. Era dura, ma mi è stato molto utile per imparare l’ordine e la disciplina. E quando ho fatto l’insegnante non ho mai avuto nessun problema di disciplina con gli apprendisti. Me ne sono passati per le mani 49, di cui ben 45 erano valposchiavini. Nella professione però ne sono restati solo 13, gli altri hanno preso strade diverse”.
Bernardo sembra un po’ rammaricarsi della mancanza di studenti valligiani e di falegnami in generale. Anche in ditta sono passati ben dieci apprendisti nel corso del tempo.
“E poi con il papà è stato un altro tirocinio: si lavorava mezz’ora al taglio e poi erano 15 minuti di controlli, livelli dell’olio, sistemazioni e così a seguire. Però quella macchina che c’è ancora in officina è stata alla segheria Ghilotti, a Tirano, dal 1970 al 1978. Poi la aveva comprata il papà. Funzionava dalle sette del mattino a mezzogiorno e dall’una alle sei: in una parola non si fermava mai.” E non si è ancora fermata: recentemente un meccanico specializzato ha avuto occasione di vederla e dopo averla ascoltata e analizzata ha emesso la sua sentenza: “Vai avanti così che per le prossime due generazioni questa macchina continua a funzionare perfettamente”.
Alla testa della ditta
Nel 1996 il padre cede a Bernardo la ditta, così lui può iniziare a gestire l’attività in maniera finalmente autonoma e tranquilla. In un primo momento oltre alla segheria c’era il lavoro di costruzione di mobili, poi, gradualmente, con l’arrivo di prodotti standardizzati e più economici, questa parte di attività è andata diminuendo, sostituita da armadi, porte e finiture interne.
I seguito i lavori per complessi un po’ più impegnativi ma ricchi di soddisfazioni: Repower, il convento, ospedale, gli Hotel di Le Prese…
Negli ultimi 10/12 anni Bernardo torna al lavoro della segheria, con un picco altissimo di lavoro dovuto alla tempesta Vaia: in un anno si sono tagliate e lavorate in Valposchiavo le piante che normalmente si trattano in cinque o sei. La conseguenza è che in seguito per un po’ non si è potuto (e non si potrà) tagliare molto: le uniche piante che si sono viste trasportate con l’elicottero erano tagli a causa del bostrico.
E in conseguenza dell’abbondanza di legname, visto che si stava lavorando ai Curtín al nuovo campo con gli spogliatoi è arrivata la decisione di utilizzare il legno e non il cemento per le solette e i rivestimenti.
Difficile spiegare a parole l’orgoglio di Bernardo nel mostrare le foto dei lavori ai Curtín, al Mulino Aino e ai bungalow dell’Hotel Le Prese.
E nel congedarsi una cosa ci tiene proprio a dirmela: “Approfitto dell’occasione per ringraziare indistintamente tutta la clientela per i bei lavori da falegname che ho potuto svolgere in questi 45 anni!!!”.
La nuova generazione avanza
Viene poi il turno dell’intervista a Luca: “La prima roba ca ta pos scriva sü l’é ca le alt un metru e nuvanta” commenta lo zio nel cedergli la parola. Luca Costa, classe 1997, è nipote di Bernardo per parte della moglie ed erede designato dell’attività, ora che Bernardo sta iniziando a farsi da parte.
“Sono nato e cresciuto a Poschiavo. Fin dalla scuola dell’obbligo ho sempre pensato che avrei voluto restare qui, lavorare qui, crescere la mia famiglia in Valposchiavo. Perché per me la mia valle è tutto. Poi, finita la scuola dell’obbligo ho fatto un decimo anno a Thusis per imparare un po’ di tedesco e sono tornato “a casa” per l’apprendistato come falegname”. Dopo il servizio militare un ulteriore periodo nella ditta formatrice, Luca cambia strada con un nuovo apprendistato come disegnatore in Repower, con la scuola che stavolta era a Samaden…
“In realtà già quattro anni fa mi era venuto in mente che avrei potuto venire a lavorare qui e magari un domani… Però poi non gli ho detto niente”.
Un mese prima che finisse la nuova formazione, lo scorso mese di maggio, Luca comincia a pensare che gli sarebbe davvero piaciuto rilevare l’attività dello zio… Ne parla con i suoi e lo sostengono.
“E ilura ì preparù tüt un bel discors par na setimana… Rivi chilò par ga parlà al ziu, cuminci a ga dì ca ga pensi sü, e lü al ma dis sci sci ta pos tö sü la dita. Gnanca tacù ‘l discors”.
Ma per un po’ Bernardo, anche se il passaggio è imminente, resterà ad aiutare e a insegnare a Luca sia una parte del lavoro sia come si gestisce un’attività in proprio.
“Credo che in tutta la mia storia di lavoratore in proprio – dice lo zio – non sono riuscito a fare più di cinque settimane intere di ferie: arriva il cliente, poi l’architetto, poi il fornitore, poi se finisci prima è meglio… ”.
Luca, concreto ma timido e ironico, mostra poi le foto dei suoi lavori, dove si vede anche il suo lato creativo e preciso.
La foto finale, nella segheria, è la descrizione perfetta di una bella storia che continua e di una tradizione che si avvita con solidità alla prossima generazione.