“Basta che parliamo”: il messaggio senza tempo di Don Lorenzo Milani

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Venerdì sera, 17 gennaio, la Chiesa Riformata di Poschiavo ha ospitato il giovane gruppo teatrale Fili d’erba che ha presentato lo spettacolo Basta che parliamo! Il coraggio della speranza. Diretto da Mira Andriolo, lo spettacolo ha messo in scena una potente rilettura della Lettera ai giudici di Don Lorenzo Milani, un testo scritto nel 1965 che, ancora oggi, denuncia le guerre, l’ingiustizia e l’indifferenza. Ma l’evento è stato più di una semplice performance teatrale: è stato un attimo di riflessione collettiva, un richiamo alla responsabilità etica e al dialogo.

Basta che parliamo è il frutto di una sinergia che celebra il ruolo trasformativo del teatro e della filosofia nell’affrontare le sfide sociali. Il gruppo Fili d’erba, dell’Associazione di Promozione Sociale Spartiacque di Sondrio, e composto da ragazzi tra i 16 ed i 24 anni, ha utilizzato la scena non solo per intrattenere, ma per stimolare pensieri critici sul potere delle parole, e soprattutto sul dialogo e sulla responsabilità sociale. I giovani attori hanno reso viva la filosofia e l’opera di Don Milani attraverso il teatro, dando vita in modo unico alla sua figura.

Don Lorenzo Milani, la cui figura di prete è strettamente legata all’esperienza didattica nell’isolata scuola di Barbiana, situata alle pendici del Monte Giovi [in provincia di Firenze, Ndr], concepiva l’educazione come il mezzo fondamentale per trasformare la società. Per Milani, l’istruzione doveva offrire a tutti, indipendentemente dall’origine o dal ceto, la possibilità di emanciparsi dalle disuguaglianze. Nella scuola di Barbiana, dedicata ai bambini poveri esclusi dal sistema scolastico tradizionale, Milani sviluppò un metodo pedagogico innovativo, basato sul dialogo, sulla partecipazione e sull’eguaglianza, in contrasto con un sistema educativo che considerava complice delle strutture di potere e perpetuante i privilegi di pochi.

La sua visione etica, profondamente radicata nel Vangelo, lo portò a sostenere l’obiezione di coscienza – il rifiuto di ottemperare all’obbligo militare – e la disobbedienza civile come strumenti per combattere le ingiustizie. Per questo motivo, fu processato per apologia di reato: assolto in primo grado, morì prima che si giungesse a sentenza in appello. Secondo la visione di Don Milani, «l’obbedienza non è più una virtù, ma la più subdola delle tentazioni»; un’affermazione che lo mise in netto contrasto con le istituzioni e con la stessa Chiesa cattolica. (Il suo libro Esperienze Pastorali, inizialmente dotato dell’imprimatur ecclesiastico, fu oggetto di un decreto del Sant’Uffizio del 1958 contenente la proibizione di stampa e di diffusione e, solo nel 2014, dopo 56 anni, la ristampa del libro non ha più avuto proibizione da parte della Chiesa). La sua idea di Chiesa era dunque quella di una comunità schierata con i poveri e ispirata al principio di solidarietà, sintetizzato nel motto “I care”, un richiamo all’impegno personale e collettivo per costruire una società più giusta e responsabile, in netto contrasto con il motto fascista del “Me ne frego”.

Lo spettacolo culmina in un messaggio potente e universale, che risuona impetuoso tra il pubblico: «No alla guerra! No a tutte le guerre!» Questo grido invita a sfidare i sistemi oppressivi, a dare priorità alla solidarietà con i marginalizzati rispetto all’obbedienza cieca all’autorità e al nazionalismo. Il pensiero e le parole di Don Milani, nati in un contesto storico di forti tensioni sociali, risuonano oggi con una rilevanza disarmante in un mondo ancora segnato da conflitti e disuguaglianze, e diventano il faro che guida i giovani attori e il pubblico in questa riflessione critica e coraggiosa.

Lo spettacolo non si limita a raccontare la storia di Don Milani, ma utilizza la sua figura come punto di partenza per un’esplorazione profonda della responsabilità individuale e collettiva di fronte all’oppressione, ieri come oggi. Con una performance intensa e coinvolgente, il gruppo Fili d’erba ha trasformato il palcoscenico in un luogo di confronto, invitando il pubblico a interrogarsi sul proprio ruolo nella costruzione di una società più giusta. Attraverso il teatro, il messaggio di Don Milani prende nuova vita, vibrante e attuale, richiamando l’urgenza di pensare in modo critico e di agire con empatia. In un’epoca segnata dall’indifferenza e dal silenzio, Fili d’erba ci ricorda che la vera rivoluzione inizia da un gesto semplice, ma potente: parlare, con coraggio e con speranza.