Rilanciare l’impegno civico? Le proposte di Stojanović

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La democrazia elvetica ha sempre fatto della partecipazione diretta dei cittadini la sua cifra. Ora, che cosa può accadere se questa partecipazione viene meno? Il tema della disaffezione politica coinvolge bene o male tutte le democrazie di oggi, mettendone – ancora silenziosamente – in crisi radicale i fondamenti teorici e pratici. In Svizzera però esistono alcune misure, non scevre da criticità, volte ad arginare l’eventualità di una preponderante sottrazione dei cittadini nella partecipazione alle cariche pubbliche. Di queste strategie e di altre sperimentazioni ha parlato il politologo dell’Università di Ginevra Nenad Stojanović venerdì 14 marzo al dibattito organizzato da “Il Bernina” e moderato dal giornalista Daniele Papacella.

Partecipazione alla cosa pubblica: alcuni dati

Purtroppo assente per un infortunio sciistico, Nenad Stojanović ha esposto al pubblico tramite video alcuni dati riguardo la partecipazione della cittadinanza negli ambiti amministrativi e legislativi. «Circa la metà dei Comuni fa fatica a trovare persone disposte ad impegnarsi e a candidarsi quando ci sono elezioni per i legislativi, o per gli esecutivi; oppure anche per partecipare agli organi esistenti come l’assemblea comunale» ha dichiarato.

Stojanović ha quindi analizzato i dati relativi alla partecipazione elettorale di Brusio e Poschiavo. Ha rilevato che «nelle ultime elezioni al Gran Consiglio del Canton Grigioni, la partecipazione è stata del 44% a Brusio, del 42% a Poschiavo. Posso dire che sono cifre piuttosto nella media svizzera, dove in generale abbiamo circa il 45% che partecipa alle elezioni federali, […] considerando poi che per le elezioni cantonali, soprattutto nei cantoni grandi come Argovia, Zurigo, Ginevra e Berna, la partecipazione è piuttosto attorno al 30% o 35%».

Per quanto riguarda la partecipazione alle assemblee comunali, invece, ci troviamo di fronte un dato significativamente più basso: «i verbali delle assemblee comunali a Brusio del ‘23 e del ‘24, in totale 5 assemblee, attestano la partecipazione media a circa 66 persone: l’8% degli aventi diritto di voto a Brusio (800 persone circa). Circa una sessantina di persone che partecipano, con delle punte che vanno da 43 persone nell’agosto del ‘24 fino a 101 nel novembre del ‘23. Questo significa che ogni tanto, probabilmente quando all’ordine del giorno c’è qualcosa di significativo, qualche persona in più viene. Tuttavia mi pare di poter dire sulla base di queste cifre che le persone che partecipano sono più o meno sempre le stesse».

Nelle elezioni cantonali del ’22, a Brusio hanno partecipato 388 persone (compresi anche gli svizzeri all’estero): quindi persone che votano e hanno interesse per la politica ci sono, eppure non partecipano alle assemblee comunali. Come fare quindi ad incentivare l’interesse delle cittadine e dei cittadini per la cosa pubblica?

Proposte di riforma: incentivi, ammissibilità e capacità

Stojanović individua dunque tre possibili riforme per contrastare la crisi dell’impegno civico. La prima riguarda la volontà di partecipare: per incentivarla, si potrebbe riconoscere l’esperienza politica come una competenza anche certificabile, utile magari a fini professionali. Tuttavia, aumentare i gettoni di presenza non sembra una soluzione efficace: alcuni studi dimostrano che la motivazione economica ha un impatto limitato e poiché in Svizzera predomanina lo spirito di milizia politica. La seconda riforma tocca l’ammissibilità alle cariche: ad esempio, il Canton Svitto permette già di candidarsi a livello comunale senza essere domiciliati nel comune stesso, mentre il Canton Grigioni offre ai comuni la possibilità di concedere il diritto di voto attivo e passivo agli stranieri, come è accaduto in Bregaglia. Infine, la terza proposta riguarda il problema del tempo: orari di lavoro più flessibili e congedi per le cariche pubbliche renderebbero l’impegno politico più abbordabile. Ed esistono anche soluzioni più radicali, come l’Amtszwang, in vigore nei cantoni di Zurigo, Appenzello esterno, Lucerna, Soletta e Uri, il quale obbliga ad accettare una carica elettiva o a pagare una sanzione – nel Canton Uri, tra l’altro, si possono votare persone non candidate, e queste, se ottengono la maggioranza dei voti, sono sottoposte parimenti a questo obbligo.

La nuova proposta

Queste sono tre riforme a cui, per il nostro politologo, ne va aggiunta una; che sembra nuova ma non lo è, anzi. È una tecnica già ben rodata: il sorteggio. Nell’Atene di Pericle la democrazia si basava sul sorteggio. Questo garantiva una distribuzione equa delle cariche pubbliche tra i cittadini. Ma anche in alcuni Cantoni, in epoca medievale, veniva utilizzato per eleggere i rappresentanti di turno. Oggi parrebbe quasi una provocazione; eppure, i primi esperimenti condotti con il progetto Demoscan mostrano che il meccanismo funziona. Quando una persona riceve a casa una lettera in cui le si comunica che è stata estratta a sorte per far parte di un’assemblea cittadina, reagisce spesso in modo positivo, accettando di partecipare. E non si tratta solo di chi è già impegnato politicamente: perché molti dei sorteggiati sono persone che normalmente non votano e non partecipano alla politica, ma che, trovandosi davanti a una chiamata diretta, decidono di accettare.

Il sorteggio, se davvero è tale, pone tutti alla stessa maniera di fronte alla sorte. Ma se è vero che può garantire pari opportunità formali, è vero anche che potrebbe introdurre distorsioni matematiche: nei piccoli comuni, il sorteggio può rischiare di sovrarappresentare alcuni gruppi ed escluderne altri, ad esempio. Poi, la casualità non garantisce né competenza né volontà di partecipazione. Per dirne due: Aristotele vedeva nel sorteggio una forma pura di democrazia, un baluardo contro l’élitismo delle elezioni, che spesso premiano ricchezza e carisma – e non solo. John Stuart Mill, invece, lo vedeva come una lotteria azzardata, perché governare richiede competenza, non fortuna. È una prospettiva originale da considerare per uscire dall’impasse, pare anche una soluzione pragmatica. Senza però che possa togliere le attuali ragioni di questa disaffezione verso la cosa pubblica.

Nenad Stojanović in collegamento video e Daniele Papacella