Il solare alpino di Repower: sì a Klosters, no sul Bernina. L’agri(foto)voltaico: sì in Italia, no in Svizzera
Com’è ampiamente noto, non è Repower che si occupa del progetto di installare una centrale solare sul passo del Bernina. Diverse le motivazioni, ma una in particolare, che abbiamo ascoltato a Poschiavo dall’ingegnere Gian Paolo Lardi, assett manager di Repower: troppo delicate e storicamente rilevanti le connessioni territoriali delle già Forze Motrici Brusio con la regione del Bernina.
Ingegnere Lardi, dunque il solare alpino…
«Uno dei nostri problemi è di avere energia in inverno quando per esempio di acqua da turbinare ce n’è relativamente poca e la richiesta di energia è tanta. Uno studio accurato di ZHAW (Università di Zurigo – Winterthur), condotto nel circondario di Davos, ha dimostrato che proprio in inverno la resa dei pannelli fotovoltaici è molto significativa ad alta quota, sopra i 2000 metri. A differenza di quelli siti sull’ altopiano svizzero, gli impianti alpini non subiscono limitazioni atmosferiche (nebbia, per esempio) e si avvantaggiano della presenza dei pannelli bifacciali che riescono ad usufruire dei significativi effetti della presenza di neve e ghiaccio (tecnicamente “effetto albedo”)».
Superiore la resa, superiori i costi...
Certo. Un simile impianto in Sicilia costa 5/6 volte meno di uno oltre i 2000 metri. Ma questa energia ci serve proprio quando il consumo da noi è maggiore.
Problemi causati dall’installazioni di pannelli ad alta quota certo non mancano. Saranno alti (4 metri il “castello” metallico, più 2 metri di pannello energetico) e “forti” (per resistere ai venti), ma non è previsto l’uso di calcestruzzo, elemento piuttosto impattante. Verranno usati inserimenti metallici, che una volta dismesso l’impianto, saranno tagliati a raso. Per quanto riguarda la flora e la fauna indubbiamente sorgeranno problemi perché si creeranno zone d’ombra e dunque, tra l’altro, un ritardo di crescita della vegetazione e una variazione della presenza degli insetti specifici.
Mi permetta di sottolineare, sorridendo, che ci potrebbe essere un piccolo vantaggio per i pascoli: questi saranno a crescita scalare. In ogni caso enti terzi monitoreranno l’evoluzione sul terreno.
Devo aggiungere in conclusione che il sito è stato scelto tra la cinquantina individuati inizialmente perché già parzialmente antropizzato. E dunque dal punto di vista industriale è per noi interessante la prossimità di strade e connessioni elettriche.

Individuazione di aree poco sensibili, perché antropizzate, e la prossimità di infrastrutture stradali ed energetiche sono elementi che hanno finora reso quasi impossibile la realizzazione in Svizzera di grandi centrali promiscue, ovvero pensate per permettere anche un uso agricolo del terreno. Tra l’altro la normativa vigente, piuttosto stringente, prevede che la produzione agricola deve essere superiore in quantità o almeno in qualità nelle particelle interessate dai pannelli fotovoltaici piuttosto che in campo libero (vedi anche qui lo studio di ZHAW). Di qui il disinteresse di Repower.
Molto diversa la situazione in Italia: qui al momento Repower dispone di oltre 20 impianti funzionanti di diverso taglio. Aiutano molto i finanziamenti governativi piuttosto elevati e una normativa più lasca.
Sul quotidiano economico “Il Sole – 24 ore” è comparsa una pagina dedicata ad un impianto presente già da una dozzina di anni a Castelguglielmo (Polesine).
36 ettari interessati in cui le file di “vele solari” sono posizionate a 15 metri di distanza per permettere l’uso di macchinari agricoli per la coltivazione e la raccolta. Il granoturco? No, non può essere coltivato perché la crescita è troppo elevata in altezza. Sì, invece orzo, grano, farro, soia, sorgo, colza, prezzemolo. E Repower garantisce agli agricoltori una buona entrata per l’energia prodotta. Non mancano tuttavia limitazioni: sulla quantità d’acqua per irrigazione e sull’aratura che non può arrivare ad oltre 35 centimetri di profondità per la presenza dei cavi elettrici.
In un altro impianto siciliano di taglia maggiore (115 ettari), proprietà di Engie (la francese “Suez”), sempre con pannelli bifacciali ed “inseguitori”, la produzione agricola è indirizzata a foraggio, piante aromatiche (anche prezzemolo) ed officinali e addirittura a viti di taglia ridotta, peraltro tipiche dell’isola.

Il terreno su cui sorgerà la centrale nel Comune palermitano di Ciminna “verrà utilizzato per produrre mandorle, miele, olive lavanda e foraggi”, questo comunicava un anno fa Repower a commento di un progetto su 170 ettari (progetto approvato da Regione Sicilia nel 2022). “L’aumento della produzione di energia da fonti rinnovabili, in grande crescita negli ultimi anni, ha portato ad una forte innovazione non solo in termini di efficienza energetica ma anche riguardo il livello di integrazione di questi impianti con il contesto in cui si trovano”, comunica Repower. “Installare un impianto agrivoltaico significa aprirsi anche allo smart farming, quell’insieme di tecnologie che permettono di monitorare le colture e calibrare gli interventi, a cominciare dalla riduzione degli sprechi idrici e dell’uso dei fertilizzanti nonché prevedendo l’impiego di mezzi agricoli a trazione elettrica”, conclude Repower.
Da ultimo si segnala la che la produzione energetica di Repower nel 2021 attribuiva l’1% al comparto fotovoltaico, salito al 2% nel 2023. Saremo ulteriormente aggiornati il prossimo 9 aprile 2025 nella Conferenza stampa di bilancio e il 14 maggio nell’Assemblea generale.