Lo scorso venerdì si è tenuta l’assemblea della parrocchia di San Antonio e Le Prese, a Viale. Data l’importanza dell’incontro, la partecipazione è stata significativamente più alta rispetto agli anni passati, con un numero di presenti circa cinque volte superiore.
Il presidente ad interim, Simone Lardi, ha aperto la serata con un appello all’unità, sottolineando l’importanza di restare uniti per poter affrontare insieme le sfide future. Ha inoltre cercato di fare chiarezza sulle ragioni che hanno portato al licenziamento di Don Milton, promettendo trasparenza in merito alla vicenda. Tuttavia, a mio avviso, questo intento non è stato raggiunto.
La mia impressione è stata che il suo discorso non fosse del tutto spontaneo, ma influenzato da altri. Comprendo quanto possa essere difficile mantenere equilibrio e autonomia di giudizio in un contesto dove agiscono figure forti, all’interno e attorno al consiglio parrocchiale. Tuttavia, se questa linea dovesse proseguire, temo che il suo ruolo rischi di diventare puramente formale.
Le motivazioni presentate per il licenziamento di Don Milton sono apparse vaghe e poco sostanziali. Riferimenti a lamentele generiche o al carattere diretto e talvolta poco accomodante del sacerdote non rappresentano, a mio parere, una base sufficiente per una decisione così drastica. Il vero motivo, dunque, resta ancora poco chiaro.
Durante l’assemblea ho anche notato un clima poco costruttivo. Alcuni atteggiamenti, e certi toni utilizzati, sono apparsi per niente rispettosi del contesto ecclesiale. Il confronto con la minoranza che sostiene Don Milton è stato pressoché assente, e non si è percepita alcuna volontà di ascolto o comprensione del dissenso. L’impressione è stata che l’opinione di una parte della comunità fosse considerata irrilevante.
In questo senso, la candidatura della signora Vecellio rischia di accentuare le divisioni già esistenti tra Le Prese e Sant’Antonio, invece di favorire un percorso di riconcigliazione.
La scelta di allontanare Don Milton può forse rientrare nei confini della legalità, ma manca, secondo me, di una giustificazione etica e morale adeguata. L’impressione è che sia stata guidata più da risentimenti personali che da una riflessione serena e condivisa. E ciò, in un contesto parrocchiale, dovrebbe far riflettere.
Ricordo che, durante la mia ultima assemblea come presidente, Carlo Crameri pronunciò un discorso sul restauro della chiesa, conclusosi con successo. In quell’occasione dissi che la vera chiesa non è fatta solo di pietre, ma delle persone che la vivono e la tengono viva.
Oggi, purtroppo, restano le pietre, ma manca la comunità.
Siamo una parrocchia divisa. Ma in una comunità democratica – e ancora di più in una comunità cristiana – tutte le voci dovrebbero essere ascoltate, anche quelle scomode o in disaccordo. Invece, venerdì scorso, ho avuto l’impressione di assistere più a una competizione dove prevale chi alza la voce, che a un dialogo sincero e rispettoso.
Come cantavano gli ABBA: “The winner takes it all” – il vincitore si prende tutto. Ma in una chiesa, non dovrebbero esserci vincitori né vinti.
Mi auguro che il consiglio parrocchiale possa agire in futuro con uno spirito più ecclesiale e meno simile a quello di un’arena politica.
Ric Driessen
P.S. Per chi avesse dei dubbi: pur se il testo è stato rivisto con l’aiuto di altri, il contenuto e le idee espresse restano integralmente mie.