“A Brusio ci sto bene, ma in Asia ci sto meglio”

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Mattia Rinaldi: dal 2008 vive perlopiù nella Corea del Sud
In occasione di uno dei suoi rari soggiorni elvetici ci racconta la sua vita in Asia, ricca di esperienze particolari. La collina di gabinetti vista in Cina, l’ingovernabile cavallo di nome “Scimmia”, una classe di prostitute filippine a cui insegnare l’inglese, e peperoncino, aglio, cipolle e cavolo.


“Non mi sono mai detto ‘finita la formazione inizio a viaggiare‘. Direi che è stata una serie di episodi a portarmi prima in giro per l’Europa e poi in Asia.” Mattia Rinaldi, classe 1986 di Brusio, dal 2008 vive prevalentemente nella Corea del Sud. “Dopo essere stato a Vienna a migliorare il tedesco, sono andato in Inghilterra per imparare l’inglese. Qui per pagarmi il soggiorno mi sono trovato un lavoro in una scuola, dove organizzavo e partecipavo a delle attività sociali, gite comprese. Così, dopo aver visto gran parte delle capitali europee la mia attenzione è caduta sull’Asia, anche per via di alcune conoscenze che nel frattempo mi ero fatto.”

Mattia arriva nella Corea del Sud nel 2008 e riesce a trovare un posto come insegnante in una “Hangwon”, delle scuole private che i bambini coreani frequentano dopo la scuola. “I sudcoreani ci tengono tantissimo all’istruzione dei figli. Ci investono molti soldi. I bambini, una volta finita la giornata a scuola, vanno nelle ‘Hangwon’ per approfondire le loro conoscenze. Io sono stato assunto da una di queste scuole private come insegnante d’inglese. Un po’ perché conoscevo bene l’inglese, un po’ perché rispetto agli americani avevo un approccio più rispettoso verso la loro cultura.” Ma Mattia non si limitava a insegnare la lingua del principe Carlo. Ai bambini trasmetteva anche le basi del vivere assieme: “In Corea del Sud spesso lavorano entrambi i genitori, così l’educazione dei figli è in gran parte in mano ai maestri.”


Il ventiseienne valposchiavino più che viaggiarci in Estremo Oriente ci vive. E il lavoro fa parte della vita… “A Seul un lavoro lo trovi nel giro di due ore. Io avevo una strategia: mi sceglievo una via e ovunque c’era l’insegna ‘Hangwon’ entravo, mi presentavo e consegnavo il mio curriculum.” E dopo aver messo da parte un po’ di soldi, Mattia si è un concesso alcuni viaggi nei paesi vicini: Taiwan, Thailandia, Giappone e Cina.

Su un mulo per tre giorni per trovare un cartello che mi indicasse Pechino

“In Giappone ci sono stato sette mesi. Qui ho ottenuto un certificato internazionale in pedagogia e – fra le altre cose – a Tokyo ho dato lezioni di inglese a una classe di prostitute filippine. Mi aveva assunto la comunità filippina, davvero numerosa, che attraverso un programma formativo voleva dare a queste ragazze la possibilità di cambiare lavoro e vita.”
E poi l’esperienza memorabile in Cina, o meglio, nelle terre di nessuno del paese della Muraglia, dove non si potevano scattare fotografie e i nomi dei paesi consistevano in un codice. “Ho visitato dei posti che si dedicavano esclusivamente alla realizzazione di un solo prodotto: c’era il paese dei bicchieri di plastica, quello delle palle di plastica e quello dei gabinetti. Ho visto una vera e propria collina di gabinetti e bidè.” In Cina Mattia si sposta con un mulo e si avventura in luoghi sperduti: “Una volta che mi ero perso, per trovare un cartello che mi dicesse da che parte stava Pechino ho passato tre giorni sul mulo, con i bambini del luogo che venivano a guardarmi e toccarmi perché non avevano mai visto uno straniero.”


Corea del Sud: una nazione più sicura della Svizzera

Della Corea del Sud Mattia apprezza la grande sicurezza: “I bambini a Seul possono stare fuori fino a tarda sera in tutta tranquillità. La Corea del Sud è una nazione sicura, più della Svizzera secondo me. E poi non è vero che ci siano tutti questi conflitti con la Corea del Nord, come vorrebbero i media europei.” Un’altra cosa che il giovane brusiese ama è la cucina – a base di pesce, frutti di mare, peperoncino, aglio, cipolle e cavolo – così come la voglia delle singole persone di far fare bella figura al loro paese attraverso una ospitalità bellissima. “Mi infastidisce invece il fatto che gli anziani debbano avere sempre ragione. Capisco che ne hanno viste di tutti i colori, dalla povertà estrema alle devastazioni della guerra. Però che non venga socialmente accettato che gli si contesti qualcosa anche quando hanno torto marcio, mi sembra un po’ troppo.”

Sempre nella Corea del Sud si trova il posto più bello che Mattia abbia mai visto: l’isola di Jeju, un’isola vulcanica nel profondo sud, piena di cavalli selvatici e dove si mangia un maiale nero che è la fine del mondo. “Per visitare l’isola, visto che non avevo la patente internazionale, ho noleggiato un cavallo. Si chiamava “Scimmia”. Per farlo partire bisognava pronunciare in modo preciso il suo nome, il che in sudcoreano non è esattamente una passeggiata. Insomma, manovre complicate e alla fine mi sono ritrovato fermo nel bel mezzo di un fiume.” 


In questa terra di lavoratori che non stanno mai con le mani in mano, fra questa gente che dà una grande importanza alla cura del proprio aspetto e alla propria igiene, il prossimo 26 gennaio Mattia ci ritornerà. Destinazione Seul. Un contratto di lavoro praticamente già in tasca e alcune idee in testa. “Mi piacerebbe fare un’esperienza lavorativa in Cina e perché no, anche in Corea del Nord se dovessero aprire il confine.” E se gli chiedi se ha progetti per il futuro: “Non lo so. A Brusio e in generale in Svizzera ci sto bene, ma in Asia ci sto meglio. Non escludo la possibilità di farmi la mia vita in Estremo Oriente.”

Nel giro di pochi giorni dunque, Mattia saluterà di nuovo amici e parenti e si lascerà Brusio alle spalle.



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