Dopo il debutto, nel 2016, con «Circondario Confinante. Memorie del contrabbando. Contrabbando di memorie», lo scorso fine settimana, a Brusio, presso Casa Besta, la Compagnia inauDita (composta da Chiara Balsarini e Begoña Feijoó Fariña) è tornata in scena con il pezzo teatrale «MI NON SEI [io non so]»: uno spettacolo che interroga la nostra coscienza collettiva.
Ben strutturata e contraddistinta da una scarna ma efficace scenografia e con musiche di sottofondo che ne valorizzano l’impatto sul pubblico, la pièce rappresenta, con appropriata sensibilità e garbatezza, uno spaccato dei processi per stregoneria consumatosi tra il XVII e il XVIII secolo in Valposchiavo, laddove non è retorico ribadire che nella stragrande maggioranza dei casi gli imputati fossero donne. Si stima infatti che nel territorio dell’antico Comun Grande di Poschiavo, tra il 1671 e il 1673, circa il 6% della popolazione femminile subì un processo. Un dramma che a distanza di più di due secoli e mezzo (ricordiamo che l’ultimo processo fu celebrato nel 1753) ci avverte che alle ingiustizie più ignobili perpetrate verso i nostri simili nessun popolo può ritenersi immune.
In una sorta di preambolo allo spettacolo, che si svolge per intero catturando l’attenzione del pubblico al centro della sala, due donne vestite di bianco sono intente nei più svariati lavori della vita contadina. La gestualità e i movimenti dei corpi danzanti sembrano restituire dignità all’elemento femminile e ai riti legati alla sua fertilità. La scena potrebbe infatti anche collocarsi in un tempo molto più remoto, dove la gestione del sacro era ancora di pertinenza femminile. Ma in alcuni gesti del lavoro e nella preghiera, scanditi in modo ripetitivo, a tratti quasi ossessivo, già si può intravedere l’infamia che sta per incombere sull’onore delle due donne: come ad esempio quando, stropicciando il vestito o strofinandosi le mani, esse sembrano voler ripulirsi di un’onta che le attanaglia nel corpo e nell’anima. In un crescendo carico d’effetto, la danza sfocia poi in un lungo elenco di nomi di donne giustiziate per stregoneria in varie parti d’Europa e si conclude con quello di Caterina Lardello. Una fra le tante malcapitate che furono torturate e condannate alla pena capitale da parte del tribunale laico di Poschiavo durante quell’oscuro frangente storico. Attorno alla sua tragica vicenda si sviluppa la parte principale dello spettacolo, che vede Begoña Feijoó Fariña nella parte di un’imputata e Chiara Balsarini in quella di accusatrice e giudice.
Al termine della prova generale, a cui giovedì scorso ho avuto il privilegio di partecipare, sollecitata a dare alcune spiegazioni, Begoña Feijoó Fariña ha sottolineato di “aver voluto creare un teatro che non entrasse in particolari che sono frutto dell’immaginazione dovuta all’ignoranza e alla superstizione, come i presunti sabba o barilotti”, ed ha aggiunto: “abbiamo considerato molti aspetti legati alla stregoneria e a questi processi, ma alla fine ci siamo concentrate sui nudi fatti”.
Lo spettacolo, oltre a coinvolgere emotivamente il pubblico, convince per la tensione che rimane sempre alta fino alla fine, impedendo qualsiasi distrazione allo spettatore, il quale assiste come pietrificato alla scena, divenendone un testimone oculare. «MI NON SEI» è una frustata alle nostre coscienze, un teatro che affronta una tematica dolorosa ed assai complessa. È dunque più che lecito interrogarsi su come possano essere accadute simili cose, pur senza trovare risposte immediate ed esaustive. La lettura di un saggio come quello di Tiziana Mazzali, «Il martirio delle streghe», menzionato nell’elegante locandina dello spettacolo, può tuttavia aiutarci a schiarire un po’ le idee.
Sono previste ulteriori rappresentazioni per il prossimo fine settimana, 23/24 settembre 2017, sempre in Casa Besta, a Brusio, e per il 21/22 ottobre 2017, in Casa Torre, a Poschiavo.
Achille Pola