Olimpionici, per sempre!

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Fonte: Korea.net (CC BY-SA 2.0)

Finalmente PyeongChang! Eccoci al primo fine settimana olimpico di un’edizione che ospita la squadra svizzera più numerosa di sempre; atleti che, risultati a parte, saranno sempre e comunque Olimpionici, perché chi va alle Olimpiadi rimarrà tale a vita.

 

La fisica di PyeongChang

Per chi ama gli sport invernali è l’appuntamento con la A maiuscola, da vivere con partecipazione ed entusiasmo; la televisione (quest’anno con un fuso orario impegnativo) è lo strumento che ci restituisce una parte di quell’atmosfera, ma ogni appassionato ha i suoi riti.

Per me, per esempio, da molte edizioni c’è l’acquisto di qualche gadget delle mie squadre preferite, Svizzera e Italia; quest’anno il cappello Suisse arriva da Zurigo, la fascia scaldacollo da Bormio. Insomma, innocui rituali che evocano passioni agonistiche ed entusiasmi giovanili, “ricordi” che mi piace indossare nelle uscite invernali. Le discipline olimpiche però non sono solo sinonimo di emozioni intense; lo sci alpino, quello nordico, il pattinaggio su ghiaccio, lo short track sono la concretizzazione di principi fisici che di solito studiamo sui banchi di scuola. E’ come se l’educazione fisica fosse anche educazione alla fisica. Che si tratti di un paio di sci, di un paio di pattini o, ancor più semplicemente, dei nostri muscoli non c’è disciplina sportiva che non applichi le leggi della fisica classica, quella che descrive il moto, le forze e il lavoro delle forze.

A PyeongChang il pattinaggio artistico ha aperto le giornate di gara, precedendo addirittura la Cerimonia di inaugurazione. Accanto alle suggestione di una coppia di pattinatori c’è molta, moltissima fisica. Attendono immobili l’attacco della musica e quando l’esercizio ha inizio i due atleti si spingono con velocità differenti pur rimanendo un unico sistema, un sistema isolato in cui le uniche forze ad agire sono quelle interne, cioè quelle dei due atleti. I versi della velocità sono opposti, la direzione è la stessa: i due pattinatori si allontanano con velocità diverse, ma insieme sono un sistema che agisce all’unisono.

Fu Isaac Newton che alla fine del Seicento per primo “pesò” un corpo in movimento, scoprendo la quantità di moto, quella grandezza vettoriale, caratterizzata cioè dalla direzione (con le componenti verticali e orizzontali), che dipende dalla velocità e dalla massa. In un sistema isolato, in cui agiscono solo forze interne, cioè la coppia di atleti, la quantità del moto si conserva, resta costante nel tempo; se così non fosse i due atleti non potrebbero esibirsi con l’armonia, la coordinazione, la forza che tanto ci affascinano; cambiano le velocità dell’uno e dell’altro ma la quantità di moto totale della coppia resta costante, rendendo possibili i molti esercizi in coppia, costruiti sulle spinte orizzontali e verticali. Quando poi si inseriscono le trottole e le rotazioni ci si trova di fronte alla velocità angolare, quella definita dal rapporto tra angolo di cui si ruota e il tempo necessario per percorrerlo. E’ la poesia della fisica, la razionalità della biomeccanica che gli atleti ci restituiscono come arte del movimento, armonia del corpo.


Chiara Maria Battistoni