La “febbre”. Quella che colpisce i ghiacciai Fellaria-Palü del Bernina. Ma non solo.

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1 - Costruzione Centrale Palü 1926-27 (Foto Repower)

Viaggiamo in continuazione… Diamo da mangiare agli animali, tocchiamo tutto, diamo la mano ai simpatici abitanti del luogo, poi risaliamo su un bel aereo e torniamo a casa. Siamo punti da zanzare e zecche, cambiamo il clima del globo con le nostre emissioni di anidride carbonica, spostiamo le latitudini in cui le suddette zanzare e zecche vivono. Siamo tentazioni irresistibili per i microbi più intraprendenti perché i nostri corpi sono tanti e sono ovunque”. Questo è un passo del saggio “Spillover”, scritto da David Quammen (Adelphi, 2014), libro che è oggi in intesta alle classifiche dei libri venduti in Italia da Amazon. Interpellato adesso da Wired, Quammen è lapidario: “Una soluzione? Dobbiamo ridurre velocemente il grado delle nostre alterazioni dell’ambiente, e ridimensionare gradualmente la dimensione della nostra popolazione e la nostra domanda di risorse”. 

E noi abbiamo cominciato ad occuparci della “febbre” dei ghiacciai, giusto prima che esplodesse in tutta la sua virulenza la febbre del Coronavirus.

“I cambiamenti ambientali che osservo ogni anno frequentando lalta quota alpina sono evidenti. Vedo il ritiro dei ghiacciai, che colpisce più di tutto, ma anche la risalita della vegetazione. Il pino mugo e il cembro salgono sempre più in alto sulle pendici della montagna, sostituti dall’abete. E anche questo è ben visibile. E poi c’è un fenomeno lento, l’erosione delle rocce, con delle accelerazioni improvvise e disastrose”.

L’interlocutore è l’alpinista Lorenzo Lanfranchi. Mezz’ora fa lo cercavo a San Carlo. Alla terza persona interpellata ho pensato di aiutarmi con il soprannome “Pala” e subito ho ricevuto l’indicazione giusta. Nel suo salotto sopra il divano una riproduzione pittorica del Cerro Torre definisce bene i suoi orizzonti e le sue mete. Lanfranchi è però anche dipendente di Repower, presso la Centrale di Robbia, anche se gli capita di salire in quota verso gli impianti.

“Ecco, le montagne si sono sempre mosse e subito mi viene in mente la zona del Corno di Campo, perché la frequento per motivi familiari sin da bambino. La roccia si sta man mano disgregando, quasi esplodendo. Per ora il fenomeno è contenuto, niente a che vedere con quanto successo al Cengalo tre anni fa”.

Le cause, qui e in Bregaglia?

“Probabilmente sono diverse. A me ne sta a cuore una in particolare. Spesso ci soffermiamo giustamente sulla scomparsa dei ghiacciai, trascurando il fatto che del ghiaccio è presente anche nel terreno e nella roccia a partire da una certa quota. Si parla in questo caso di permafrost, terreno perennemente gelato. Il riscaldamento dell’aria penetra lentamente anche nel terreno portando alla graduale fusione di questo ghiaccio, invisibile perché come ho detto è sottoterra. Finché il permafrost rimane gelato, dà stabilità; quando il ghiaccio fonde il terreno si sfalda e diventa instabile”.

Qui vedo (fonte Repower) delle foto delle pendici del Pizzo Caral e della testata del ghiacciaio del Palü. Impressionanti.

“Vediamole insieme. Qui ecco, sulle pendici del Caral a Li Mandri, si è formata una zona franosa molto evidente. Per quanto riguarda il ghiacciaio come si vede, si è man mano ritirato lasciando oltre il Lagh da Palü, il Lagh da Caralin, formatosi recentemente e dunque assente nelle carte più datate e presente invece in quelle più recenti. E risalendo ancora verso la fronte del ghiacciaio si può vedere la formazione di un altro laghetto, a cui prima o poi dovremmo dare un nome”.

Tutto questo da una prima osservazione del terreno. Altri effetti?

“In estate il ghiacciaio quando è soggetto a importanti e frequenti piogge perde la sua capacità di spugna, chiamiamola così, è il torrentello Acqua da Palü, si ingrossa e porta una tale quantità di detriti che siamo costretti, noi di Repower, a bypassare il Lagh da Palü, che altrimenti con il passar del tempo si riempirebbe. Questo è quello che si può vedere. Quanto a quello che si può fare per arginare il cambiamento climatico e ridurre i suoi effetti, beh non resta che muoversi. Sensibilizzare, mi viene in mente Greta Thunberg, ed agire da parte dei Governi”.


Sensibilizzare è appunto quello che si sono ripromessi gli organizzatori di un incontro che si è tenuto a Sondrio, giusto prima che l’esplodere dell’epidemia rendesse impossibile gli incontri pubblici: Gioventù Federalista Europea e Fridays for Future Valtellina (questi ultimi, per intenderci, sono quelli che, con pessima ironia, vengono definiti da qualcuno come “Gretini”). Di particolare interesse la relazione di Riccardo Scotti, glaciologo. Con grafici illuminanti ha introdotto nozioni generali sul riscaldamento globale e sul cambiamento climatico. Poi con foto, filmati e grafici, ha presentato la situazione passata e presente di un ghiacciaio a noi familiare. A lui la parola.

Siamo alla fronte orientale del ghiacciaio di Fellaria-Palù (gruppo del Bernina) uno dei maggiori delle Alpi meridionali. La fotocamera installata il 16 giugno ha ripreso l’evoluzione della fronte scattando oltre 13000 immagini, una ogni 15’, fino al 17 ottobre. Dal filmato è evidente come il ghiacciaio perda spessore principalmente fra la fine di giugno ed il mese di luglio, quando alle giornate lunghissime si sono sommate temperature estremamente elevate. La terza estate più calda nelle Alpi centrali da metà Ottocento!
La fronte è a contatto con il Lago di Fellaria e questo peggiora ulteriormente le cose visto che l’acqua tende a scalzare la base della falesia di ghiaccio producendo frequenti piccoli crolli che formano, diciamo così, pittoreschi iceberg. Ghiacciai e laghi però non vanno molto d’accordo ed infatti la presenza di un corpo d’acqua così grande e (probabilmente) profondo accelera la disgregazione del ghiacciaio favorendo il distacco di porzioni di ghiaccio. A questi processi naturali del sistema ghiacciaio, compresa una parte di fusione e perdita di spessore in questa zona di bassa quota, si sovrappone, in questa fase storica, una fusione superficiale di carattere eccezionale dovuta alle elevatissime temperature estive che raggiungiamo quasi ogni estate a causa del riscaldamento globale antropogenico. Sulla porzione del ghiacciaio ripresa in queste immagini si parla di – 6.45 m di ghiaccio, l’altezza di una villetta a 2 piani, in soli 4 mesi da giugno a ottobre 2019.
Sappiamo che sono tanti i comportamenti, macro e micro, che si potrebbero adottare a breve, medio e lungo termine al fine di limitare il surriscaldamento climatico e migliorare così l’impatto ambientale che la nostra vita ha sul Paese e, in generale, sul mondo
”.

Nella sua presentazione filmata, Riccardo Scotti, ho notato il logo del progetto Interreg B-ICE…

“Il Palù è collegato nel suo bacino di accumulo al Ghiacciaio di Fellaria. Proprio per questo è oggetto all’interno del progetto B-ICE di un monitoraggio interregionale. Come Servizio Glaciologico Lombardo abbiamo un incarico, tramite il Comune di Lanzada, per fare monitoraggi sul ghiacciaio. In particolare stiamo effettuando il rilievo con georadar per misurare lo spessore del ghiacciaio nelle sue varie zone per poi stimare il volume restante di ghiaccio e quindi di acqua. In più installeremo un’altra fotocamera, che scatta fotografie a intervalli di tempo, presso il Bivacco Pansera che riprenderà la parte alta del ghiacciaio. Da ultimo è previsto un nostro corso di formazione avanzata per operatori glaciologici nell’estate 2021”. 

I video del Servizio Glaciologico Lombardo sono pubblicati sul canale youtube https://www.youtube.com/channel/UCX9UddduYtBMA5N48Xkwb8w.


Piergiorgio Evangelisti

2 COMMENTI

  1. Un grande capo indiano d’America diceva:
    ” Soltanto quando non ci sarà più un pesce nel fiume, un uccello nel cielo e un albero nel bosco, l’uomo capirà che i soldi non si possono mangiare.” Ho scritto una poesia: L’inverno di Greta che trovate nell’archivio Cultura del Bernina. Grazie Lorenzo e grazie Piergiorgio. Con simpatia Nando Nussio.