Sono passati 100 anni dalla nascita di quello che viene considerato un maestro assoluto del Cinema: Federico Fellini. La casa editrice “Il Saggiatore” ha ritenuto utile (mi sia concesso: moto utile) ripubblicare una lunga intervista di Giovanni Grazzini (critico del “Cor…sera”) al regista. In più troviamo nove pagine di introduzione, preziose e illuminanti, pur nella loro sinteticità, scritte da Filippo Tuena. Di famiglia originaria di Le Prese, Tuena è stato invitato spesso e proficuamente in Valle per presentare le proprie opere. E nell’archivio de “Il Bernina” si può per esempio trovare un articolo di Achille Pola, realizzata meno di due anni fa.
Filippo Tuena, se chiedessi ad un frequentatore di sale cinematografiche qual è il primo film che gli viene in mente, se dico Federico Fellini…
Considerando che sono nato nel 1953, e che prima dei 12 anni mi sembra impossibile abbia visto un Fellini al cinema, la scelta si riduce a ‘La dolce vita’ (che vidi ricordo benissimo in una sala di terza visione qualche anno dopo l’uscita) e a ‘8 e 1/2’ che mi sembrano ancora essere i suoi due film più importanti, quelli dove l’alter ego del regista – Mastroianni – non è stato rovinato dal trucco e dall’età. Il cinismo di quei due personaggi, Guido e Marcello, mi sembra di una modernità non scalfita dal trascorrere del tempo. Certamente il poker di sceneggiatori (Fellini, Flaiano, Pinelli e Rondi) funzionò alla perfezione. E anche il bianco e nero di Martelli e di Di Venanzo.
L’apparizione di Anita Eckberg, nel film come nella realtà è prorompente e Fellini la racconta con garbo e ironia, – “Da profonda conoscitrice di uomini Anita, quando Marcello le fu presentato, gli tese distrattamente la mano guardando già da un’altra parte…”.
Ebbene in Valposchiavo ’La dolce vita’ è stata proiettata per la prima volta nel 2011, a 51 anni dalla sua realizzazione…
E’ un film che suscitò scandalo, sfide a duello, anatemi e scomuniche. Non mi stupisce che abbia stentato qui e là a venir proiettato. Ma ormai i Dvd hanno soppiantato proiezioni pubbliche (e questo è un dispiacere) ma anche censure culturali e di mercato (e questo è un bene). Però lei mi racconta di una serata molto piacevole a Sondrio con Brunello Rondi (tiranese di nascita, n.d.r.) che raccontò di quei film e quelle atmosfere, e che nel libro lo stesso Fellini ricorda con affetto e ironia: “Via Veneto? Mai frequentata. Non credo di averne mai parlato neanche una volta con Flaiano, di via Veneto. La sequenza dei nobili? L’ho aggiunta durante le riprese, suggestionato da certi racconti che mi faceva Brunello Rondi gran frequentatore di party e feste nelle case dei patrizi romani. L’orgia finale? Credendo che Pasolini fosse un competente di orge, una sera lo invitai a cena. Ma Pier Paolo mi disse subito che gli dispiaceva ma di orge borghesi non sapeva niente, non vi aveva mai partecipato. «E non conosci nessuno che vi partecipa?» gli chiedevo. No. non conosceva nessuno. Iniziai la sequenza senza un’idea. Sistemavo gli attori suggerendo poco convinto atteggiamenti di deboscia. Avevo un’assistente olandese, una bella ragazza che mi seguiva con occhi attenti e fiduciosi nell’attesa eccitata di vedermi produrre chissà quali stregate turpitudini. Dopo due orette l’ho sentita che mormorava molto delusa: «Vuol fare il porco e non lo sa fare».

Tra gli altri film mai presentati in Valposchiavo, almeno per quel che risulta dalle vecchie annate de “Il Grigione Italiano”, spiccano ‘Le notti di Cabiria, Casanova, La città delle donne e Giulietta degli spiriti’…
Mi fa rilevare che tra i poschiavini c’è una certa riluttanza ad apprezzare il Fellini fantastico. Ma ribadisco, il Dvd ha trasformato un evento sociale come la visione di un film in un rito privato e magari, all’interno delle loro case i nostri connazionali hanno avuto modo di frequentare quel Fellini ‘bizzarro’ (ammesso che Fellini è sempre bizzarro e imprevedibile).
In un altra serata Grytzko Mascioni volle elogiare proprio lo scenografo de ‘La dolce vita’, Piero Gherardi, come splendido artigiano e come parte di un tutto realizzativo…
Ho conosciuto Pietro Gherardi, veniva ogni tanto nella galleria antiquaria di mio padre ed era certamente un personaggio di grande intelligenza e gusto. I suoi costumi sono stati protagonisti dei film di Fellini e persino di quel singolare e grottesco esperimento di commedia all’italiana in costume che fu l’Armata Brancaleone’ di Monicelli. Mi sarebbe piaciuto che collaborasse più a lungo con Fellini, ma è morto poco più che sessantenne.
Come introduzione al volume, che in fondo è una ‘summa’ sul Cinema, c’è un suo scritto. Partiamo dal titolo: ‘Fellini o la luce della memoria’.
Dunque ‘la luce’…
Il cinema è luce, non a caso ho ricordato tra i contribuiti importanti al successo di ‘La dolce vita’ e ‘Otto e 1/2’ i due direttori della fotografia che vi lavorarono. Quanto alla memoria, dice Fellini: “Non ho grandi ricordi, e poi ho svuotato tutto nei film che ho fatto…e poi non so più distinguere quello che è veramente accaduto da ciò che mi sono inventato”. Persino noi spettatori confondiamo i ricordi e col tempo tendiamo a creare un tutt’uno tra vita e cinema: ‘con chi ho visto quel film?… in quale sala… che anni erano…’ e poi, d’improvviso un lampo ci ricorda tutto, il nostro passato e la magia del cinema.
Bilancio d’artista…
Il Fellini di quest’intervista lo dice bene: “Faccio film perché non so fare altro. Almeno mi sembra. Mi pare che date le premesse la pigrizia, l’approssimazione, l’ignoranza, la tendenza al vagabondaggio è andato tutto benissimo. Come potevo aspettarmi tanto?
Da ragazzino, sotto il tendone del circo, guardavo le cose incantato: ora la baracca mi appartiene, la determino e la provoco.”
E alla spettatrice ideale che lo insegue con la domanda di sempre: “Ma perché lei non fa una bella storia d’amore?”
Forse si dovrebbe rispondere con la battuta centrale di 8 e 1/2 (Claudia Cardinale a Marcello Mastroianni) :
E’ perché non sa voler bene.
E’ perché non sa voler bene.
E’ perché non sa voler bene.
Se amassimo veramente in maniera definitiva e assoluta ci contenteremmo e non andremmo cercando altro, credo.
Piergiorgio Evangelisti
Il film più bello che ho visto io e che non dimenticherò mai è La Strada con Zampanò e la sua compagna.
Nabdo Nussio.