Ingegneria che emoziona: la funicolare di Stoos

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    Ci si può emozionare per i paesaggi, capaci di evocare sensazioni e ricordi ma ci si emoziona anche per soluzioni tecniche inedite, che realizzano ciò che a prima vista pare davvero impossibile. Stoos, il paese sull’altopiano sopra Schwyz, un balcone sul lago dei Quattro Cantoni, di fronte al praticello del Grütli, è un concentrato di meraviglie per nulla scontate, da scoprire e vivere con calma, una dopo l’altra.

    Dallo scorso 17 dicembre 2017, Stoos è collegato dalla funicolare più ripida d’Europa; con una pendenza massima del 110% (circa 50°), tre tunnel e un viaggio di qualche minuto, si raggiunge la conca incantevole di pascoli e prati a quota 1300 metri, da cui si snodano centinaia di chilometri di sentieri. Una conca verde, immersa nel silenzio, rotto solo dai campanacci di mucche e capre al pascolo, che scandiscono il tempo della natura. Stoos è un’oasi di tranquillità apparente; se si osserva il quieto vivere del paese, però, ci si rende conto dell’operosità: dal restauro della Cappella che domina la piana ai percorsi didattici e informativi che guidano i “forestieri” alla scoperta del territorio, Stoos è un fiorire di novità.

    Quassù, oltre all’aria buona, si respira passione per il territorio, rispetto e amore per la tradizione, che non impediscono di immaginare il futuro; collegato dagli anni Trenta del Novecento da una funivia e poi da una funicolare, Stoos (150 abitanti) racconta oggi di come l’innovazione possa coesistere con la tradizione, rendendo sostenibile un’opera di ingegneria avanzata: salvaguardia del territorio, rispetto della comunità e della società, trovano una sintesi interessante.

    Nonostante avessi visto foto e letto molto, non avevo davvero idea di quali fossero le dimensioni dell’intervento; arrivata alla stazione di partenza di Schwyz, poco più di cinquecento metri oltre la stazione della vecchia funicolare, ora chiusa, sono rimasta senza parole. Mi sono guardata intorno e ho visto una striscia quasi verticale sul pendio roccioso; poi ho focalizzato meglio, ho scorto le carrozze che grazie al dispositivo basculante permettono ai passeggeri di restare comodamente in piedi su un piano orizzontale, come se ci si trovasse su un ascensore.

    Ho osservato in silenzio, con ammirazione e tanta emozione; in questa valle angusta, la comunità ha realizzato l’impianto “va e vieni” (una carrozza sale e l’altra scende) più ripido al mondo e lo ha fatto pensando al futuro del proprio territorio e della propria gente, che vive lassù tutto l’anno. Ho poi scoperto che gli aggetti architettonici della stazione di partenza (e di quella di arrivo) hanno la stessa inclinazione dell’inclinazione massima raggiunta dalla funicolare, un dettaglio che all’inizio mi era sfuggito.

    Meravigliata e impressionata, mi sono diretta a casse e imbarco, un’area interamente automatizzata con tornelli e porte automatiche, presidiata comunque dal personale; le carrozze basculanti rendono possibile l’imbarco in piano, senza i tradizionali gradini di tutte le funicolari conosciute. Poi, con un po’ di apprensione (non lo nascondo) sono entrata e ho atteso che le porte si chiudessero. Ho deglutito, ho ascoltato il cicalino che avverte della partenza, il messaggio di benvenuto e … via, “sparata” a cinque metri al secondo su, su per gli oltre settecento metri di dislivello e i 1547 metri di rotaie. Minuti emozionanti, con il bosco che scorre sempre più veloce al fianco, poi la semi oscurità del primo tunnel e la roccia che sfila velocissima sulle teste (le cabine sono trasparenti), il secondo tunnel, l’incontro con la carrozza che scende e la velocità che rallenta, la galleria finale, i prati di Stoos e infine l’ingresso alla stazione d’arrivo.

    Esco, ancor più meravigliata di quando sono partita; mi accorgo di avere le mani un po’ sudate, di chi si è emozionato e ha vissuto quasi in apnea questa fantastica ascesa. Mi accolgono lo scampanio della Cappella e le prime luci di un tramonto da incorniciare, con il sole che scende dietro il Rigi e sullo sfondo il Pilatus coperto di nuvole.

    Ho “cavalcato” una delle meraviglie dell’ingegneria contemporanea; con AlpTranist è l’opera contemporanea più stupefacente che la Svizzera abbia regalato al mondo, un gioiello nato dall’ intelligenza tecnica e dalla passione delle sue genti. Mi incammino verso il piazzale esterno, con gli occhi sgranati di chi non vuole perdere un dettaglio di ciò che ha intorno. La Svizzera è anche questo: un Paese straordinario, capace di innovare nella tradizione.


    Chiara Maria Battistoni