La sfida dei pizzoccheri 100% Valposchiavo

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Filiere corte contro filiere globalizzate durante il Forum Origine, Diversité et Territoire

100% Valposchiavo e pizzoccheri protagonisti del Forum ODT

Sul tema delle marche territoriali c’è ancora tanta confusione, sia nella terminologia (marche locali, marche regionali, place brand) che per via del difficile il dialogo tra le discipline che se ne occupano. Il progetto 100% Valposchiavo però mette tutti d’accordo: è un esempio da imitare per molti altri territori. Ormai non si contano più le visite di gruppi di produttori, scolaresche, organizzazioni per lo sviluppo territoriale interessate a capire cosa succede in Valposchiavo, e non sono pochi neppure gli studi in corso che cercano di mettere a fuoco processi e risultati del progetto.

Il recente Forum Origine, Diversité et Territoire ha non a caso ospitato numerose presentazioni dedicate al 100% Valposchiavo e al progetto 100% (bio) Valposchiavo. Ciò che ha conquistato gli oltre 150 partecipanti al Forum sono state però le visite guidate che hanno permesso di vedere con i propri occhi cosa sta succedendo in Valposchiavo e incontrare alcuni dei protagonisti del suo sviluppo territoriale. Ho avuto l’opportunità di organizzare una di tali visite, in collaborazione con Francesco Vassella della Regione Bernina, il cui gran finale è consistito in una degustazione guidata presso il Ristorante Motrice, resa possibile dalla grande disponibilità della famiglia Isepponi e soprattutto dall’entusiasmo e dalla competenza dello chef Ornella Isepponi.

La sfida dei pizzoccheri al Ristorante Motrice

L’esperimento è consistito nel far provare due prodotti (un succo di mela e una brasciadela, la tipica ciambella di segale all’anice) e un piatto iconico della Valle (i pizzoccheri al grano saraceno) in due versioni: una 100% Valposchiavo e una da filiere standard (succo di frutta del supermercato, brasciadela con farina Fait Süma non 100% Valposchiavo, e pizzoccheri con farina di grano saraceno bulgara e formaggio del supermercato invece che del Caseificio Valposchiavo).

I partecipanti hanno cercato di capirne le differenze sensoriali e di riconoscerne l’origine. In nessun caso, c’è stato un plebiscito. Nel caso del succo di mela, la maggioranza ha indovinato l’origine locale del succo di mela Piccoli Frutti, forse anche grazie al colore meno brillante d rispetto a quello del supermercato. Anche nel caso delle due brasciadele del Panificio Bordoni – una 100% Valposchiavo realizzata con farine da ingredienti locali macinate in Valle e l’altra Fait Sü la maggior parte dei presenti ha correttamente identificato le due versioni, basandosi anche sul diverso colore e aspetto. Sui pizzoccheri, invece, la maggioranza si è fatta ingannare dal fatto che la farina bulgara fosse macinata in maniera poco raffinata, lasciando una sensazione sabbiosa al palato e in gola. I pizzoccheri fatti con la farina macinata dal Mulino di Ajno sono sembrati ai più troppo raffinati per un prodotto 100% Valposchiavo.

Educare il gusto per giustificare i prezzi più alti

I risultati del test sono un po’ sconfortanti. Basta veramente poco per confondere il consumatore, che spesso si basa su sensi diversi dal gusto per giudicare l’autenticità di un prodotto. Caratteristiche come la torbidezza del succo di mela o il colore del pane di segale possono essere facilmente replicati dai prodotti industriali. Occorre dunque fare di più per educare i consumatori a discernere meglio le differenze che contano nei sapori. Questo già avviene per il vino, dunque perché non farlo anche per formaggi, pane, pizzoccheri? Ciò è a maggior ragione importante perché alcune differenze importanti poi non sono neppure immediatamente percettibili: la brasciadela 100% offre una resistenza diversa al taglio e dura molto di più; per non parlare della sua maggiore eco-sostenibilità.

I prodotti da filiera corta costano molto di più. Ad esempio, nel caso del grano saraceno certe farine di provenienza estera possono costare meno di due franchi al chilo, contro i quasi 10 della farina 100% Valposchiavo. Per giustificarne il prezzo occorre dunque comunicare bene.

Come comunicare meglio: spunti di riflessione

Il progetto 100% Valposchiavo gode di una certa fama, ma non sempre i consumatori che ne vedono per la prima volta i logo ne capiscono il significato. 100% in Valposchiavo può infatti voler dire due cose diverse: filiera 100% locale e superficie agricola quasi 100% bio. Un prodotto potrebbe essere bio ma non locale, locale ma non bio, o entrambe le cose. E questo, come hanno messo in luce alcuni partecipanti al Forum, può generare un po’ di confusione.

È inoltre tutta da costruire la comunicazione su come filiere locali e processi produttivi tradizionali impattino sul gusto dei singoli prodotti. Le differenze di sapore tra le brasciadele 100% Valposchiavo di panetteria e quelle realizzate con il forno a legna tradizionale della Casa Tomé, come durante la recente Festa Transfrontaliera Lo Pan Ner, sono enormi. I succhi di frutta ottenuti da mele di diverse varietà locali sono diversissimi, e lo stesso varrebbe per pizzoccheri fatti con le varietà antiche di patate e verdure di Pro Specie Rara o ancora con erbe spontanee raccolte in Valle. Realizzare esperienze guidate di degustazione dei prodotti delle filiere più tipiche della Valposchiavo potrebbe non solo far passare meglio ai consumatori il messaggio che con le filiere corte il gusto ci guadagna, ma anche aprire importanti opportunità di innovazione e promozione per gli stessi operatori.


Diego Rinallo
Professore associato di marketing presso
EM Lyon Business School