Sono quasi 80 i profughi ucraini ospiti in Valposchiavo

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A fine aprile, dopo aver registrato l’arrivo dei primi profughi ucraini (all’epoca circa 37), in Valposchiavo veniva creato un gruppo di coordinamento per l’accoglienza dei rifugiati, gestito dalle cancellerie comunali e da varie personalità comunitarie della Valposchiavo.
Il Bernina ha chiesto ai due cancellieri di Poschiavo e Brusio, Nicola Passini e Luca Cathieni ed alla direttrice delle scuole di Poschiavo, Sabina Paganini, il punto della situazione.

Foto di Elvezio Lardi

Quanti sono i profughi al momento attuale nel Comune di Brusio?

Luca Cathieni: “Allo stato del 01.06. a Brusio erano presenti circa 31 persone, tutti a carico del Cantone e Confederazione.
A livello abitativo sono stati messi a disposizione da privati alcuni appartamenti a Brusio e Campascio. I comuni, comunque, non sono direttamente coinvolti né dal Cantone né dalla Confederazione”.

Quanti sono i profughi al momento attuale nel Comune di Poschiavo?

Nicola Passini: “Circa 48. I rifugiati si avvalgono delle attività ricreative messe a disposizione dal Comune. Nel limite del possibile parlano anche con la popolazione, o almeno ci provano. Dimostra anche che i cittadini ucraini sono molto indipendenti e si organizzano da soli. Direi che finora la coesistenza è molto buona.
La sfida più grande all’inizio è stata sicuramente quella di trovare una sistemazione per tutte queste persone. Soprattutto perché le persone arrivavano insieme. Grazie all’aiuto di privati e del GOSEE si sono potute ospitare queste persone in cerca di protezione in case o appartamenti liberi”.

Quanti profughi sono a carico della Confederazione e quanti dei comuni?

Nicola Passini: “I costi per l’alloggio, le necessità quotidiane e l’istruzione sono in gran parte a carico del Cantone. All’inizio, i costi erano sostenuti anche da privati e istituzioni culturali locali. E possiamo ancora contare su molti volontari, il che è stato molto importante soprattutto all’inizio ed è necessario anche adesso”.

Quanti sono profughi inseriti nel sistema scolastico? Come vengono gestiti? Come si trovano?

Sabina Paganini: “In Valle ci sono 15 allievi inseriti nelle due scuole comunali. Sono inseriti in tutti e tre i cicli e frequentano l’insegnamento secondo un orario speciale individuale.
Le scuole hanno potenziato l’insegnamento della lingua italiana grazie alle lezioni per alloglotti. Almeno una lezione al giorno viene impartita, nel comune di Poschiavo, da un docente pensionato.
Gli allievi partecipano bene e si abituano piano piano alla lingua e alle abitudini locali. Alla base c’è la comunicazione, che sia verbale – non verbale – emotiva.
I genitori collaborano molto bene e manifestano grande gratitudine nei confronti della scuola.
Durante l’estate cercheremo di capire quali passi saranno necessari per garantire un buon inserimento nelle classi”.

A livello sociale e psicologico come stanno vivendo questa esperienza i profughi? (Franco)

Franco Albertini: Le persone in fuga dalla guerra in Ucraina sono state accolte con grande spirito di solidarietà dalla nostra popolazione che le ha ospitate in appartamenti messi generosamente a disposizione. Quando sono arrivate erano cariche dello stress di un viaggio durato giorni o settimane e del dolore di tutto ciò che hanno perso, del lutto per la perdita di familiari, parenti e amici e segnate dalla feroce violenza e brutalità della guerra. Accolte negli appartamenti messi a disposizione dai privati e dalla Comunità Evangelica, queste persone hanno iniziato a trovare un po’ di tranquillità, favorita dalla buona accoglienza e dall’attività dei gruppi di volontariato. Nel frattempo sono trascorse alcune settimane, ma sui volti delle persone si leggono ancora i traumi vissuti, spesso mascherati da un profondo senso di riconoscenza nei confronti delle persone che li stanno ospitando e aiutando e dal Servizio sociale che eroga l’aiuto finanziario. I sentimenti mostrati sono altalenanti: da un lato le persone manifestano la consapevolezza d’aver trovato qui da noi un po’ di pace, serenità e tranquillità e dall’altro lato vi è il riaffiorare delle atrocità della guerra, con le informazioni che quotidianamente arrivano sull’invasione e sulla distruzione, c’è la preoccupazione per i mariti, i partner e i familiari in guerra o per i parenti e gli amici che si trovano ancora in Ucraina e il senso di tragicità dell’aver perso tutto quello che si ha costruito durante la vita: casa, lavoro, relazioni sociali e chissà quante altre piccole e grandi cose a loro care. Per i giovani profughi, che hanno ancora davanti una possibilità di ricostruirsi una vita professionale e familiare, v’è un senso di ottimismo per un futuro migliore, il quale è purtroppo assente nelle persone anziane, coscienti che con le loro mani non avranno più il tempo a disposizione per ricominciare grandi cose. La voglia di ripartire è comunque presente e chi può si attiva alla ricerca di un lavoro e di un’occupazione. Alcuni l’hanno già trovato o sono in procinto di iniziare un’occupazione.

Come sta rispondendo la comunità valposchiavina all’accoglienza? Avete abbastanza volontari?

Nicola Passini: “Prima che il sostegno finanziario del Cantone fosse garantito, le iniziative private (in particolare GOSEE e IUVP) hanno colmato molte lacune. Si trattava di cose quotidiane come il trasporto da A a B, chi lava il bucato dei rifugiati, da dove viene il cibo. Non bisogna dimenticare che la maggior parte dei rifugiati non aveva praticamente nulla al momento del loro arrivo. Quindi avevano bisogno anche di vestiti, articoli da toilette e così via. In questo caso ha giocato molto bene la solidarietà della popolazione locale, di cui siamo molto grati anche come comunità. Ci sono state donazioni in natura, aiuti rapidi, e sono stati raccolti soldi”.

Ivan Falcinella
Membro della redazione