Dai confini dell’Europa per rilanciare Campocologno

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Su iniziativa di tre studenti d’architettura dell’Università del Liechtenstein, provenienti da Russia, Polonia e Germania, si è tenuto a Campocologno, sabato 1° ottobre, un evento dai tratti poliedrici. Nel mattino e nel primo pomeriggio alcuni abitanti del villaggio hanno avuto la possibilità di visitare l’immobile appartenente a Marzia Zanolari (ex negozio di coloniali e stazione di benzina BP) all’incrocio fra la strada Cantonale e la strada per Cà Zur. A partire dalle 16.00, invece, nel negozio al piano terra si è tenuto un evento aperto al pubblico con una breve presentazione del progetto dei tre studenti in favore del paese e una mostra con fotografie storiche di Campocologno a cura di iStoria. La manifestazione è stata allietata dalle note del duo musicale composto da Fabio Pola (pianoforte) e Antonio Zanolari (tromba) e da un rinfresco preparato dal bar-negozio Zanolari di Zalende.

La visita di questa ormai storica casa con più di 4’000 m² di superficie utile, costruita in diverse tappe a partire dal primo Ottocento, è una specie di tuffo nel passato “glorioso” di Campocologno. Il ramo della famiglia Zanolari qui stabilitosi è stato infatti particolarmente attivo nel settore del commercio di frontiera che in quegli anni, con la definizione dei confini fra Svizzera e Regno d’Italia, aumentava d’intensità. La parte sul lato della strada cantonale del caseggiato, testimonia dell’industria forestiera di fine Ottocento: al primo e secondo piano vi si ritrovano ancora, allo stato originale, alcune camere per gli ospiti di quello che fu un albergo, forse il più antico di Campocologno. La parte verso la ferrovia ha invece subìto più interventi nel corso dei secoli, ma è lo specchio di un’intensa attività commerciale (prevalentemente venivano smerciati caffè, tabacco e zucchero) che fino agli anni ’70 dell’ultimo secolo consentì alla famiglia Zanolari di acquisire un prestigio che andava ben oltre il territorio del basso brusiese. Fino al recente rinnovo della stazione della Ferrovia retica, nel 2012, l’immobile disponeva di un binario morto che dava lateralmente sui magazzini della casa per lo scarico delle merci. Dietro i magazzini si trova ancora il locale della torrefazione del caffè con un impianto risalente al 1959 in ottimo stato di conservazione.

Nei migliori anni di quella che possiamo definire l’età d’oro del contrabbando in Valposchiavo, fra il secondo dopoguerra e gli anni ’70, la media giornaliera di caffè dichiarato presso le dogane di Campocologno e Viano era di 200-300 quintali: un’attività che ancora oggi, in molte persone su entrambi i lati del confine, suscita una certa nostalgia. Conclusosi il fenomeno del contrabbando a Campocologno si sono chiusi, uno dopo l’altro, quasi tutti i negozi e i ristoranti; negli ultimi decenni si sta inoltre assistendo a una lenta agonia delle ultime attività legate al commercio di carburanti. Se consideriamo che nello stesso lasso di tempo la centrale idroelettrica è stata completamente automatizzata con graduale sparizione di personale fisso, numerosi impieghi presso servizi pubblici come posta, polizia, dogana e ferrovia sono stati smantellati, si riesce a capire il collasso demografico avvenuto a Campocologno, con conseguente abbondono di buona parte degli edifici. L’abbandono progressivo e la particolare ubicazione nei pressi della frontiera porteranno lo scrittore diplomato in studi culturali Thomas Barfuss a definire il villaggio come un “non luogo” o “punto zero della messa in scena” (Barfuss Thomas, Authentische Kulissen – Graubünden und die Inszenierung der Alpen, edizioni hier + jetzt, Zurigo, 2018).

Ispirati dalle parole pronunciate da Cassiano Luminati nell’ambito dell’«Alpine Changemaker Basecamp» tenutosi nel luglio del 2021 in Valposchiavo, Szamil, Viktoria e Sara (questi i nomi dei tre studenti di architettura) hanno iniziato una lenta manovra di avvicinamento a Campocologno e ai suoi abitanti. Al centro della loro iniziativa vi sono gli edifici vuoti esistenti a Campocologno e l’intenzione di rivelarne il potenziale nascosto. Rendendosi però ben presto conto della necessità di un approccio più ampio al problema, i loro sforzi sono sfociati dapprima in un workshop tenutosi con gli abitanti a marzo di quest’anno e nell’evento di sabato scorso dal titolo “Casa Zanolari apre le porte”. Gli esiti del loro lavoro confluiranno in una “Proposta strategica per la rinascita di Campocologno”, un documento che conterrà una panoramica della condizione attuale del villaggio da un punto di vista storico, sociologico ed economico con i problemi e le sfide evidenziati e suggerimenti per potenziali miglioramenti in diverse aree. La proposta sarà presentata al comune di Brusio e ai residenti di Campocologno.

L’evento pubblico – patrocinato dal Comune di Brusio e dal Polo Poschiavo e promosso in collaborazione con Valposchiavo Turismo e iStoria – ha riscosso un insperato successo e l’esposizione di una trentina di fotografie a cura di Alessandra Jochum-Siccardi e Pierluigi Crameri, suddivisa in varie tematiche legate al villaggio, ha sollecitato la memoria di non poche persone. Visto il grande interesse, l’esposizione non è stata smontata e, in collaborazione con Marzia Zanolari e iStoria, gli studenti stanno valutando una seconda data in cui il negozio potrà essere nuovamente riaperto per permetterne la visione ad altre persone interessate alla storia di Campocologno.

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