La storia dell’Almanacco del Grigioni Italiano, come spesso accade alle pubblicazioni illustri, inizia prima dell’Almanacco. O meglio, quando la commissione apposita creata dalla Pro Grigioni Italiano nel 1919 ne inizia a curare la prima edizione, si decide di continuare la serie del “Calandario del Grigione italiano” che la Tipografia Menghini aveva avviato nel 1854, recando perciò la dicitura “66° anno”. Tra i collaboratori della prima edizione, denominata “Almanacco del Grigione Italiano” vi sono Arnoldo M. Zendralli, Rinaldo Bertossa, Gaudenzio Giovanoli, Giovanni Giuliani, don Giovanni Domenico Vasella e Francesco Dante Vieli. Dopo due anni, tuttavia, l’Almanacco e il Calandario tornano a separarsi anche perché il primo non viene più pubblicato da Menghini. Poco dopo, dal 1922, lo stesso Zendralli, fondatore della Pgi, comincia a curarne la redazione in priima persona. Lo schema editoriale diventa quello di “rispecchiare ogni manifestazione di vita grigione italiana” accogliendo in particolare: uno sguardo retrospettivo sugli eventi nelle Valli nel corso dell’anno precedente; componimenti letterari, storici, economici ecc. riproduzioni di quadri, canzoni ecc. di artisti grigionitaliani. Le opere di questi artisti, tra cui Giovanni e Augusto Giacometti e Gottardo Segantini non tardano ad apparire sulle copertine degli anni ’20 e ’30 del ‘900 della pubblicazione. Alla fine degli anni ’20 l’«Almanacco» è stampato in 400 copie e ogni edizioni conta circa 140 pagine. Dall’edizione 1939 la redazione è affidata a Renato Stampa, affiancato da Carlo Bonalini e da don Felice Menghini, e la pubblicazione inizia ad essere strutturata (con qualche eccezione) in una ampia parte generale e più ridotte sezioni per le Valli, e varie altre rubriche generali. Dall’edizione 1942 la stampa è nuovamente affidata alla Tipografia Menghini, fondendo in una sola pubblicazione «Almanacco dei Grigioni» e «Calandario del Grigioni Italiano». Dall’edizione 1967 esce con l’unico titolo «Almanacco del Grigioni Italiano».
Molti i collaboratori della Valposchiavo che si sono avvicendati sia come redattori regionali (fino al 2022 vi era Fabrizio Lardi) che come capi redattore, ultimo tra questi Remo Tosio, al timone dal 1997 al 2022. Nel 2023 due cambiamenti importanti: a Remo Tosio è succeduto come capo redattore Giovanni Ruatti, mentre Luciana Nussio è subentrata come redattrice regionale a Fabrizio Lardi.
“Il Bernina” li ha raggiunti per un’intervista su questi nuovi ruoli.

Cominciamo con Luciana Nussio
Come sei arrivata all’impegno come redattrice?
Uno potrebbe anche dire “all’improvviso”. Passeggiavo per Berna, dove ero andata a trovare mia figlia Lucrezia e suona il telefono: è Giovanni Ruatti che mi chiede “Vuoi fare la redattrice per l’Almanacco per la Valposchiavo? Si dovrà lavorare tanto, ma si preannuncia una bella avventura”. Io sono una persona viscerale e gli ho detto subito di sì, di istinto. Lui era quasi meravigliato che non volessi pensarci su una notte o un paio di giorni…
Qual è il tuo rapporto con il Grigionitaliano in generale?
Si può dire che tutto sia cominciato andando a Coira: è stato là che ho preso coscienza di essere grigionitaliana e non solo valposchiavina. C’erano ragazzi e professori che venivano da tutte le regioni italofone e poi, insieme al mio ex marito Franco Albertini jh conosciuto la Mesolcina e in altro modo anche la Bregaglia.
Qual è il compito della redattrice?
Detto in breve scrivere e raccogliere gli articoli che riguardino la Valposchiavo per l’Almanacco. Magari anche promuoverne la scrittura. C’è un po’ di tutto. Ci sono persone che sono abituate a scrivere, già di loro, e allora mi contattano per telefono, email, fisicamente e portano i loro contributi nel modo più diverso: su carta, su supporto informatico o persino con dei racconti orali. Queste sono le voci che collaborano da tempo e che da anni leggiamo.
Io però ho notato che sono sempre le stesse persone a scrivere: è un contributo prezioso ma a me sarebbe piaciuto che tutto il territorio e la sua gente avesse voce: mi solo allora immaginata di un viaggio partendo da Sud, da Campocologno… Ho cercato allora villaggio per villaggio qualcuno che potesse scrivere. A mio parere, ma non solo, anche come idea condivisa, non è il redattore che deve scrivere tutto: si tratta di dare una linea guida.
Quindi ho chiamato le persone che mi sono venute in mente, paesino per paesino ( e questo già a novembre) e quasi tutti quelli che ho sentito hanno detto di sì. Ora stanno “facendo i compiti.”
Qual è lo spirito che ha animato questa scelta?
Diciamo che di tutto questo, probabilmente, ti parlerà Giovanni. Però si vorrebbe sviluppare una linea nuova per l’Almanacco che deve essere inserita piano piano, con delicatezza.
Per quanto riguarda la strategia di trovare i collaboratori in Valposchiavo, se è questo che intendevi, basta capire che alcune persone se non ricevono chi dà loro una spinta non si muovono, però se dai loro fiducia si mettono in marcia. In tutti noi c’è il bambino dentro, bisogna solo capire come farlo uscire allo scoperto. E poi noi siamo tutti una sola comunità: in una valle così piccola siamo tutti collegati.
Sentiamo invece Giovanni Ruatti
Giovanni, come ti è venuto in mente di metterti alla guida dell’Almanacco?
È molto semplice, in realtà. Mi è stato chiesto! Quando Remo ha dato le dimissioni hanno pensato a me, che nel frattempo stavo terminando il mio incarico di operatore culturale della Pgi in Valposchiavo. E ne sono stato molto entusiasta per due motivi: da un lato volevo ancora collaborare con la Pgi, dall’altro ho sempre considerato l’Almanacco il “biglietto da visita della Pgi”. Già dai primi anni in cui ho cominciato a frequentare la Valposchiavo lo ricevevo e lo leggevo con piacere, anche perché potevo farmi un’idea di cosa accadeva nell’intero Grigione Italiano.
L’Almanacco, infatti arriva ovunque, giusto?
Viene stampato in ottomila copie e poi inviato a tutti i fuochi del Grigioni Italiano e ai soci Pgi fuori valle. A novembre è ormai evento tradizionale l’arrivo in casa di questa pubblicazione. Credo che ci sia una certa attesa.
Sono in vista dei cambiamenti?
Si cambierà, magari non tutto insieme. Siccome alcuni processi sono ancora in corso, non mi voglio sbottonare troppo. La struttura come consuetudine prevederà una parte sovraregionale, con parti di interesse comune per l’intero Grigionitaliano, contributi relativi alla Pgi e nuove rubriche, e altre parti dedicate alle singole regioni. Ci tengo che l’Almanacco mantenga questa cifra “popolare”. Idealmente gli articoli dovranno essere brevi ed essere comprensibili a tutti. Ci sarà quindi una più netta divisione tra Almanacco e Quaderni del Grigioni Italiano. I contributi brevi e popolari andranno all’Almanacco, quelli più lunghi e d’approfondimento ai Quaderni. Un altro aspetto importante è che l’Almanacco sia un insieme di molte voci diverse e non un prodotto di poche persone.
E per scegliere dei temi che interessano?
Dipende certamente dai contributori. Nei mesi scorsi ho fatto anche un mio piccolo “sondaggio” con una ventina di persone di diversa estrazione sociale e culturale per capire cosa poteva essere maggiormente appetibile e quali potessero essere dei cambiamenti. Quest’operazione ha contribuito a formare la mia visione dell’Almanacco.
In questo contesto, in sintesi, di cosa si occupa il Caporedattore?
Deve essere vigile su tutto quello che accade nella realizzazione della pubblicazione, dalla copertina all’ultima pagina, nonostante i redattori regionali abbiano un’ampia autonomia sui contenuti e sulle scelte. Inoltre in prima persona si deve occupare di tutta la Parte generale, raccogliendo contributi o talvolta scrivendoli lui stesso se necessario. Poi c’è la revisione, ma anche la strategia comunicativa e la promozione, da realizzare chiaramente in concerto con l’ufficio di Coira della Pgi.
Qual è il tuo rapporto con gli altri redattori?
Per me è importante lavorare con gli altri redattori come se fossimo una vera squadra redazionale, un gruppo coeso dove si mettano sul tavolo idee e proposte e si possa innescare anche il confronto. Insieme dobbiamo raggiungere il traguardo di una pubblicazione che ci soddisfi il più possibile.
Ma con queste innovazioni non è che ci ritroveremo senza calendario della semina?
No, si può stare tranquilli. Per essere a tutti gli effetti un almanacco deve avere il calendario delle semine. Questo aspetto rurale non verrà certamente toccato. L’Almanacco del Grigioni Italiano è molto particolare, perché – rispetto a quelli a tema agricolo – qui confluiscono contributi di vario genere: articoli di storia, d’arte, letteratura, sportivi, scientifici, di cronaca, etc.. Ha un carattere ibrido tenendo le porte aperte a temi popolari e nel contempo a quelli “culturalmente alti”. Nel nostro piccolo dobbiamo essere orgogliosi di questa pubblicazione che aiuta a vederci come siamo e a mostrare cosa facciamo.