Ai piedi di un ghiacciaio morente – 20 maggio al Morteratsch

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Nel 2015 è uscita l’edizione italiana di un breve romanzo, intitolato “Il crollo della civiltà occidentale”, scritto da una docente di Storia della Scienza dell’università di Harvard, Naomi Oreskes, e da uno storico della scienza che lavora alla NASA, Erik Conwey. Il racconto è ambientato nell’anno 2393, trecento anni dopo gli eventi che portarono al collasso climatico, sociale ed economico delle grandi potenze occidentali del 21. secolo. Nel libro, un giovane storico cerca di comprendere le cause della catastrofe. Perché le società del 21. secolo non riuscirono a cogliere la portata del cambiamento climatico e delle sue conseguenze? Perché politici, dirigenti economici, leader religiosi e semplici cittadini non fecero nulla per fermare il disastro annunciato?

“Il crollo della società occidentale” è un testo tra finzione e saggio scientifico che prova ad immaginare ciò che potrebbe succedere se non ripensiamo il nostro rapporto con l’unico pianeta che abbiamo. Un racconto scritto al futuro, ma chiaramente rivolto al presente.
Sabato scorso, 20 maggio, una cerimonia ai piedi del ghiacciaio del Morteratsch, in Alta Engadina – organizzata da Azione Quaresimale, HEKS/EPER, Iniziativa delle Alpi, Vereinigung Bündner Umweltverbände, Anziane per il clima, Cristiane/i per la protezione del clima e Associazione svizzera per la protezione del clima -, ha richiamato l’attenzione sulle drammatiche conseguenze del riscaldamento globale nelle Alpi.

Gli oltre 150 partecipanti alla cerimonia si sono fermati a distanza di sicurezza, nel punto dove il ghiacciaio arrivava nel 2015. Otto anni fa. Oggi non lo si vede più, il ghiacciaio, perché si è ritirato dietro una collina di pietra, alcune centinaia di metri più in alto. “Nel punto dove ci troviamo oggi”, ha detto nel suo intervento il glaciologo del Politecnico di Zurigo, Matthias Huss, “trent’anni fa lo spessore del ghiaccio era di 140 metri”. E Huss, che misura da molti anni tutti i ghiacciai svizzeri, sa di che cosa parla. “Vuol dire più della Prime Tower di Zurigo, o quasi quanto la Roche Tower di Basilea, il più alto grattacielo svizzero”. Oggi qui non c’è che pietrame e acqua di disgelo che scorre verso il fondovalle. Più avanti, verso i piedi del ghiacciaio, non è prudente spingersi, a causa delle continue frane che cadono dai ripidi fianchi della morena.

Foto di Paolo Tognina

Da quando sono iniziate le registrazioni, oltre un secolo fa, il ritiro dei ghiacciai nelle Alpi non è mai stato così marcato come negli ultimi anni, ha spiegato Huss, il quale ha sottolineato la connessione tra il cambiamento climatico e lo scioglimento dei ghiacciai. “Il susseguirsi di anni estremamente caldi ha portato il ghiacciaio del Morteratsch a disintegrarsi”. Di questo passo, entro la fine del secolo esso sarà solo un ricordo.

Ma le conseguenze del riscaldamento globale non riguardano solo la regione alpina. Nel Sud del mondo, la crisi climatica si manifesta con inondazioni e uragani più forti, come ha spiegato un ospite proveniente dalle Filippine, Tony Labiao, della Social Action della Conferenza episcopale filippina. Labiao ha invitato la Svizzera e i Paesi industrializzati a fare urgentemente qualcosa per contrastare il cambiamento climatico.

Nel frattempo percorrere il sentiero che dalla stazione ferroviaria del Morteratsch permette di arrivare in prossimità del ghiacciaio, richiama alla mente una Via Crucis, le cui stazioni sono costituite dai pali che segnano il progressivo e oggi sempre più rapido ritiro del ghiacciaio, destinato forse – in mancanza di un deciso cambio di rotta delle nostre società – a scomparire.