Il legame tra innovazione e montagna

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Che legame c’è tra montagna e innovazione? E, se un legame esiste, è scientificamente dimostrabile? Con queste domande in testa da tempo, qualche giorno fa mi sono imbattuta in un articolo illuminante, pubblicato online da Springer Nature lo scorso 28 luglio 2023, che vi cito per esteso, secondo i sacri crismi delle citazioni scientifiche: Blanco, Victor & Luthe, Tobias & Enora, Bruley & Grêt-Regamey, Adrienne. (2023). Aligning social networks and co-designed visions to foster systemic innovation in the Alps. Regional Environmental Change. 10.1007/s10113-023-02099-y. Gli autori sono ricercatori svizzeri (Eth di Zurigo), norvegesi (The Oslo School of Architecture e Design) e francesi (Universite Grenoble Alpes) che hanno studiato a fondo due aree montane considerate affini: la zona Visp Brig e la zona di Grenoble Rhone Alp. L’analisi si è concentrata sulle reti sociali delle due regioni, in relazione alle visioni di sviluppo regionale sostenibile, con l’obiettivo di  individuare alternative praticabili alle attuali reti di collaborazione dei sistemi di innovazione in modo da potenziare la capacità innovativa, co – costruire visioni con le parti interessate delle comunità, individuare e valutare i requisiti di innovazione delle visioni delineate. 

Come argomentano i ricercatori, le montagne sono tra le regioni più sensibili a livello globale ai cambiamenti climatici e socioeconomici; ne sperimentano prima di altri gli impatti, spesso in maniera più pronunciata, aumentando la vulnerabilità delle comunità montane. Al tempo stesso le montagne sono regioni in cui emergono modelli economici alternativi, con la creazione di nuovi mercati e nuovi modelli di consumo che privilegiano beni e servizi di alto valore, tra questi ecoturismo, risorse di acqua dolce, verdure fuori stagione, o piante medicinali. E’ proprio questa resilienza sistemica a rendere la montagna innovativa; un luogo in cui tecnologia e innovazione sociale trasformano il tessuto produttivo, ridefinendo i processi di coordinamento dei soggetti (tanti!) direttamente e indirettamente interessati (i cosiddetti sistemi regionali di innovazione – RIS). 

​La connessione ad attori extraregionali, la cooperazione formalizzata, l’arrivo di attori esterni, la capacità di adattamento delle giurisdizioni più piccole che spesso rispondono più rapidamente alle esigenze degli attori economici regionali sono fattori che attraggono nuove conoscenze, nuove risorse e rafforzano la capacità di mettere al servizio delle comunità le nuove conoscenze. 

Rafforzare i sistemi regionali di innovazione (RIS) per l’innovazione sistemica richiede una migliore rappresentatività tra i settori coinvolti, così come significativi rapporti di collaborazione transnazionale tra i territori montani. Tra le proposte emerse dal lavoro di ricerca c’è proprio lo sviluppo di reti di collaborazione transnazionali, orientate a sostenere resilienza e sostenibilità. Un simile approccio di governance dell’innovazione consentirebbe alle regioni montane di condividere conoscenze e idee, apprendere dagli errori, condividere risorse.

A ben pensarci, le soluzioni non sono così lontane dai capisaldi del federalismo, che affonda le radici nella specificità, nella concorrenza (che oggi forse è meglio definire come collaborazione competitiva), nella sussidiarietà. Forse anche per questo la Confederazione, da molti anni, è sempre ai primi posti delle classifiche mondiali dell’innovazione. 

Lo scorso ottobre è stato pubblicato il Global Innovation Index, curato da Wipo (Organizzazione mondiale per la proprietà intellettuale), giunto alla 16esima edizione, concentrato sulle prestazioni degli ecosistemi innovativi di 132 paesi in un’epoca di incertezza. La Svizzera, per il tredicesimo anno consecutivo, ha mantenuto la prima posizione mondiale, lasciando alle spalle Svezia (2°) e Stati Uniti (3°). A rendere la Confederazione così performante su scala globale sono soprattutto la creatività, la conoscenza e la tecnologia (in queste fasce si colloca prima al mondo secondo gli indicatori usati dal Rapporto), le istituzioni (fascia in cui la Svizzera è seconda al mondo), le infrastrutture (quarta posizione). Analizzare i profili sintetici dei Paesi è sempre un esercizio appassionante, che suscita molte domande; il Rapporto, nelle analisi di dettaglio per aree geografiche, restituisce un quadro geopolitico in fermento, con alcuni Paesi, anche in aree critiche del mondo, che hanno superato le aspettative di investimento in innovazione: da tredici anni, per esempio, India, Moldavia e Vietnam hanno saputo innovare ben oltre le attese. Il Global Innovation Index 2023 analizza quattro aree cruciali del ciclo dell’innovazione: gli investimenti in scienza e innovazione, il progresso tecnologico, l’adozione della tecnologia e l’impatto socioeconomico. Se gli investimenti sono sostanzialmente stagnanti così come le domande dei brevetti internazionali, forte progresso tecnologico si è osservato nei settori dell’informatica, della sanità, della mobilità e dell’energia. Accanto al progresso si registra un marcato aumento della tecnologia adottata, sia essa destinata all’automazione o alla mobilità. Ancora basso, invece, l’impatto socioeconomico dell’innovazione; la crisi del Covid, si legge nel Rapporto, ha reso volatile la produttività, oggi sostanzialmente ferma, riducendo l’aspettativa di vita (diminuita per il secondo anno consecutivo).