Camminare con Dio

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Genesi 5, 1-5. 18-19. 21-22
Sermone del 9 giugno 2024

Questo è il libro della discendenza di Adamo. Nel giorno in cui Dio creò l’uomo, lo fece a somiglianza di Dio; maschio e femmina li creò, li benedisse e diede loro il nome di uomo nel giorno in cui furono creati. Adamo aveva centotrenta anni quando generò un figlio a sua immagine, secondo la sua somiglianza, e lo chiamò Set. Dopo aver generato Set, Adamo visse ancora ottocento anni e generò figli e figlie. L’intera vita di Adamo fu di novecentotrenta anni; poi morì.

[Sette generazioni più tardi] Iered aveva centosessantadue anni quando generò Enoc; Iered, dopo aver generato Enoc, visse ancora ottocento anni e generò figli e figlie. […] Enoc aveva sessantacinque anni quando generò Matusalemme. Enoc camminò con Dio (Genesi 5, 1-5. 18-19. 21-22)

Enoc, il patriarca biblico, camminò con Dio, leggiamo nel libro della Genesi. Significa che egli camminò con Dio allo stesso passo? Sì, Enoc non si affrettava, né restava indietro. Egli camminava con Dio. Non solo quando le cose andavano bene, ma anche nelle ore buie della prova e del dolore. Egli dimorò al fianco del suo Dio. Non soltanto quando tutti temevano il Signore, ma anche nei tempi della decadenza spirituale e del trionfo del male, come risulta dalla lettera di Giuda, nel Nuovo Testamento (v.14-15). Enoc camminò con Dio allo stesso passo, e ciò diede alla sua vita una direzione precisa, tanto che la sua fedeltà viene ricordata anche nella lettera agli Ebrei (11, v.5).

Camminare con Dio allo stesso passo. Indubbiamente ci sono molti modi per non camminare allo stesso passo con Dio.

Il primo, consiste nel negare il peccato che è dentro di noi e la necessità di lottare contro di esso, la necessità di riconoscerlo e resistergli. Inganniamo noi stessi se neghiamo la realtà del peccato che abbraccia, avvolge, infiltra tutto il creato. Non possiamo, anche se ci piacerebbe molto, “chiamarci fuori”, dichiararci “puri”. Dobbiamo essere solidali, nel peccato che ci accomuna e che condividiamo, con l’intera umanità.

Il secondo, consiste nella fuga in avanti, verso il regno, abbandonando l’atteggiamento di attesa paziente e tenace. Cerchiamo di sostituire quell’attesa con successivi accomodamenti, ci affidiamo a certezze umane, abbandoniamo la tensione verso il superamento della situazione presente. Ci lasciamo prendere dalla stanchezza, preferiamo non assumere responsabilità, prendiamo la scorciatoia di un giudizio già dato… dimenticando che noi stessi viviamo perché il giudizio è prorogato.

Il terzo, consiste nel fuggire nell’interiorità, negando l’incarnazione di Dio in Cristo e seguendo il cammino di una disincarnazione dell’essere umano, di una scissione tra sfera interiore e sfera esteriore e materiale, abbandono della ricerca della giustizia e della pace e dell’umanità a favore di una ricerca esclusiva della pace interiore. Ma attenzione, Gesù ha definito questo atteggiamento come autentica ipocrisia.

Il quarto, consiste nell’attenuare, in ogni modo, la tensione esistente tra fede e mondo, cercando di azzerare lo scandalo che il mondo costituisce per la fede e la fede per il mondo. Preferiamo ricercare accomodamenti tra questi due poli, con conseguente annacquamento del messaggio della fede. E questo per evitare di riconoscere che la fede porta a volte su di un cammino lacerante.

Enoc camminò con Dio allo stesso passo. Possiamo dire lo stesso di noi? Il nostro è un cammino costante, ininterrotto con Dio? A volte nel nostro zelo lo sorpassiamo, a volte restiamo indietro.

Camminiamo sì accanto a lui finché non scorgiamo le esigenze derivanti da tale comunione, ma davanti a esse siamo rapidi a fare di testa nostra e riprendiamo la guida della marcia. Quante volte agiamo contro il suo gradimento e la sua volontà.

Non possiamo che meravigliarci della pazienza di Dio, il quale non ci abbandona, ma attende sempre che smettiamo di girovagare.

Pastore Paolo Tognina