Complice il successo della mostra “Giardino, testimone del tempo”, in programma dal 20 agosto al 21 settembre a palazzo de Bassus-Mengotti, Il Bernina ha conosciuto e intervistato la curatrice e realizzatrice delle opere, Moona Alma (questo il suo pseudonimo).
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Chi è Moona Alma? Come è arrivata in Valposchiavo?
Moona Alma è una donna di 43 anni, ucraina, con una vasta esperienza di vita e lavoro in diversi settori, dallo sport, al business, alla psicologia e all’arte. La mia vita è cambiata radicalmente diverse volte, e ogni volta, in modo naturale è apparso un nuovo nome, nickname o pseudonimo che mi ha accompagnato per tutto quel periodo. Moona Alma è il mio terzo o quarto pseudonimo. Non ha alcun significato particolare, è solo una combinazione di suoni piacevoli.
Sono arrivata in Valposchiavo due anni e mezzo fa, dopo un lungo viaggio attraverso l’Europa, di 6000 km e un mese di tempo. Ho guidato attraverso la Polonia, tutti i Paesi Baltici, la Germania, la Repubblica Ceca e altri Paesi, chiedendo nel frattempo a conoscenti e sconosciuti chi potesse ospitarci, cercando contatti. Tramite una persona di Zurigo, che avevo conosciuto a Kiev qualche anno fa a un festival di danza e teatro contemporaneo, ho avuto i contatti di una famiglia della Valposchiavo. Prima di allora non avevo mai sentito parlare di questo luogo.
Da dove nasce l’idea di questa mostra “Giardino, testimone del tempo”?
All’inizio non c’era l’idea di una mostra. Tanto che non ho nemmeno fatto foto o video del paravento* [NdR, in calce la descrizione che si trova sull’opera] prima di iniziare a smontarlo. Poi è successo come succede agli archeologi: trovano un piccolo frammento e iniziano a scavare, scoprendo magari un’antica città.
Ho iniziato smontando il paravento, poi ho dovuto pensare a come pulire la seta senza danneggiarla ulteriormente. A quel punto, l’idea ha cominciato a prendere forma, e ho iniziato a visualizzare l’immagine completa dell’opera nella mia testa. Riflettevo sulla sua concettualità e cercavo un modo per spingere lo spettatore a cercare i propri significati in ciò che vedeva. È stato un processo lungo. Alla fine tutto è andato al suo posto, creando un concetto solido e stratificato, descritto nel testo presente nella sala espositiva. Inoltre, ho già un’idea per aggiungere ancora più profondità e interattività al progetto.
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È vero che durante il mese la mostra cambierà? Verrà aggiunto del materiale?
Al momento è un lavoro in corso. Non è la versione finale. Continuo ad aggiungere nuove opere, perché la mia principale esigenza è quella di avere uno spazio dove trasformare un’idea in un oggetto reale. Vedere come appare nella realtà e poter combinare le opere per creare un’unità. Vedrò cosa manca e svilupperò l’idea. In laboratorio non era possibile proseguire. Questa settimana [Ndr, la prima di settembre] ricostruirò l’esposizione con nuove opere e forse aggiungerò una parte interattiva.
Cosa fai attualmente a Poschiavo? Che tipo di lavoro svolgi?
A dire il vero, non sono in un’ottima condizione di salute al momento. Da più di un anno e mezzo soffro di sindrome post-Covid. È uno stato di stanchezza cronica e le mie energie fisiche sono molto limitate. Devo distribuire con attenzione le mie energie, fare lunghe pause per riposarmi. Mi dispiace molto, perché avrei così tante idee da realizzare, ma non posso. C’è una frase che conosco sugli artisti e i creatori: “Se puoi – NON creare -, allora è meglio NON creare”. Ma io non posso non creare. Ci ho provato. Non funziona. Qualsiasi cosa mi spinge a creare qualcosa.
Ad esempio, per due anni di seguito ho creato le scenografie per l’Open Air Cavaglia. Ho anche organizzato un workshop di improvvisazione teatrale e uno spazio di gioco per bambini, “Garbage playground”. Dopo, ho dovuto fare una lunga pausa per recuperare le energie, avendo superato il mio limite fisico.
Faccio anche decorazioni floreali e altri tipi di decorazioni su commissione, creo gioielli con pietre naturali e materiali naturali. Di tanto in tanto faccio arte: lo scorso anno ho partecipato con alcune opere all’esposizione nella Galleria PGI.
Hai intenzione di mettere radici in questo piccolo paese della Svizzera o il tuo futuro sarà altrove?
Non ne ho idea. Vivo giorno per giorno. Ci sono troppe variabili in questa equazione.
Una curiosità: abbiamo sentito dire che ogni tanto vai in giro per Poschiavo con travestimenti o abiti insoliti. Puoi spiegarci il motivo? È anche questa un’espressione della tua arte?
No, non è un’espressione artistica. Prima di tutto, i miei vestiti sono molto comodi, quindi mi sento a mio agio. In secondo luogo, mi piace il tema dell’aviazione, e c’è un marchio ucraino che produce abbigliamento ispirato all’aviazione, quindi è perfetto: tema aeronautico e comfort.
Avrei voluto essere una pilota di aereo o di elicottero, ma nella mia situazione non è più molto realistico. Quindi mi resta solo questa sorta di “cargo cult”.
Infine, hai qualcuno da ringraziare?
Per prima cosa, avevo bisogno di molte vecchie cornici di vari formati e le ho ottenute grazie a Marco e Iginia Lanfranchi Costa e Milena Gisep. Grazie mille! Ho ancora molti materiali per ampliare l’esposizione.
Poi è sorto il problema di come esporre il tutto. Poiché le opere sono bifacciali, servivano degli espositori. Qui è stato di grande aiuto Marco Rossi. Grazie mille, e lo consiglio vivamente.
Grazie al supporto di Andrea Lanfranchi, Franco Dorizzi, Ilieia Nomi, Musei Valposchiavo e Movimento, abbiamo questo meraviglioso spazio, e io – tutti i materiali e le possibilità per costruire l’esposizione. Grazie!
Grazie a Maria Svitlichna per le foto.
Sto cercando un curatore, una galleria, uno spazio che ospiti il progetto per un’esposizione.
Foto di Maria Svitlychna
* Grazie ad Andrea Lanfranchi, mi è arrivato un antico paravento. Ha più di 100 anni e non poteva essere restaurato. Ho deciso di smontarlo e di creare con i suoi materiali qualcosa che continui la sua vita in un’altra forma e che serva come punto di riferimento materiale sulla linea del tempo, attraverso il quale lo spettatore può cercare di percepire fisicamente cosa sia il tempo. Realizzare quanto sia cambiato il mondo in questi poco più di 100 anni.
I suoi componenti sono seta ricamata giapponese, giornali giapponesi dell’inizio del XX secolo, due tipi di carta fatta a mano e due tipi di tessuto di cotone. Tutte le opere qui presentate sono realizzate esclusivamente con questi materiali. Essi, questi materiali, sono testimoni del mondo precedente la prima guerra mondiale. Un mondo che non esiste più da tempo, ma grazie a loro possiamo ancora toccarlo. E questi materiali sono molto simili a noi, esseri umani. Noi, persone adulte nel 2024, siamo anche portatori di un “Mondo della Fine della Storia”, un mondo che non esiste più. Eppure continuiamo ad esistere e a osservare la nascita di un nuovo periodo storico.
Sedetevi, calmatevi, rallentate, osservate.
Immaginiamo il mondo come un Giardino. Il Giardino nasce all’incrocio tra natura e cultura. Quindi, c’erano coloro che lo piantarono, lo fecero crescere, se ne presero cura, vi vissero. Hanno utilizzato questo Giardino in qualche modo – ciascuno a modo proprio. Le generazioni sono cambiate, da tempo non ci sono più coloro che coltivavano questo Giardino. Tutto è cambiato molte volte, ma i resti di questo Giardino esistono ancora da qualche parte, vivono la loro vita, continuano a testimoniare il tempo. Sulla parte esterna i materiali sono molto cambiati sotto l’influenza del tempo. Ma guardate attentamente – sul lato interno la seta conserva ancora il colore originale. E i giornali raccontano le notizie di quella vita. Vi invito a guardare in questo Giardino, a cercare di percepire fisicamente cosa sia il Tempo.