Iniziativa popolare sulla caccia: due fronti in disaccordo

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L’iniziativa popolare cantonale sull’abrogazione della caccia speciale, nelle scorse settimane, ha infiammato gli animi degli appassionati dell’arte venatoria. Bastava infatti dare un breve sguardo all’ingorgo di lettere aperte inviate al principale quotidiano grigionese (la «Südostschweiz») per rendersi conto di come questo tema fosse molto divisivo. Anche sul nostro giornale online, recentemente, alcune lettere aperte si sono distinte sia per numero di visualizzazioni che di commenti, dando luogo ad un vivo dibattito.


Un po’ di storia della caccia nei Grigioni

Ma perché oltre ad essere così divisiva la caccia è un fenomeno tanto popolare?
La libertà di caccia nei Grigioni ha una lunga tradizione. A differenza di altri territori, infatti, qui i privilegi nobiliari di caccia vennero abbondantemente aboliti già nel XVI secolo con la nascita del «Libero Stato delle Tre Leghe». Nel corso dei secoli la caccia alla selvaggina, diffusa fra ampie fasce di popolazione, fece in modo che questa attività si radicasse a tal punto da divenire un fattore di identità culturale e una sorta di collante fra le varie etnie linguistiche del Cantone.
La caccia popolare combinata al progresso tecnologico delle armi ebbe però anche conseguenze nefaste sulla fauna. Lo stambecco, simbolo di libertà e icona della moderna bandiera grigionese, si estinse a seguito dell’attività venatoria già nella seconda metà del XVII secolo; gli orgogliosi stambecchi che oggi popolano ancora parte del paesaggio retico furono reintrodotti tramite alcuni esemplari provenienti dal Piemonte. A metà del XIX secolo anche il cervo e il capriolo non popolavano più le nostre montagne. E solo grazie a norme più restrittive e all’introduzione della patente di caccia, nel 1877, fu messo un freno a questa tendenza negativa e si riuscì a salvare dall’estinzione il camoscio e la marmotta.
Nel 1905, quando la selvaggina era ancora prevalentemente composta di camosci, si introdusse la tradizionale caccia “alta” di settembre. Questo periodo, in particolare, che ha inizio poco dopo la fine della transumanza estiva del bestiame da reddito, si presta ottimamente per la caccia al camoscio. Il tasso inferiore di riproduzione di questo animale selvatico rispetto a cervo e capriolo ha infatti permesso fino ad oggi – vista la restrizione di abbattere le femmine allattanti con prole – di mantenere un numero di capi costante senza eccessivi interventi dopo la caccia regolare.
A partire dagli anni ’30 del secolo scorso cervo e capriolo si insediarono nuovamente nelle Alpi retiche. L’aumento della loro popolazione, oltre a causare gravi danni all’agricoltura, portò a ingenti morie all’interno delle zone di protezione dalla caccia. Nei decenni seguenti si presero quindi le prime misure di contenimento con l’estensione della caccia alta nel mese di settembre (compreso l’abbattimento di femmine adulte senza vitello) e con cacce selettive nei mesi di novembre e dicembre.
Queste misure e il numero in costante aumento di cacciatori nel periodo fra gli anni ’50 e ’80 non bastarono però a contenere i fenomeni sopra descritti e la revisione totale della Legge cantonale sulla caccia nel 1989 aveva lo scopo principale di regolare il numero di capi di selvaggina mantenendolo in un sano equilibrio con l’ambiente.
Il prossimo 19 maggio il testo dell’iniziativa riguarda proprio la modifica dell’art. 11 di questa legge.
    

L’iniziativa per l’abolizione della caccia speciale e gli argomenti a favore
Dietro l’iniziativa promossa da Christian Mathis vi sono principalmente motivi etici legati alla caccia speciale nei mesi di novembre e dicembre. A detta degli iniziativisti le permissioni durante questo tipo di caccia rasentano la carneficina e sono in palese contrasto con le regole cui il cacciatore deve attenersi durante la caccia regolare a settembre. Oltre a ciò il prezzo della carne degli animali abbattuti (comprese le femmine allattanti) costerebbe circa la metà del prezzo pagato dai cacciatori che uccidono per errore gli stessi capi a settembre. Gli animali verrebbero anche sottoposti ad uno stress prima della sferza invernale.
Ma vi sono anche ragioni finalizzate a una migliore regolamentazione del numero dei capi di selvaggina: l’iniziativa propone infatti l’abolizione della caccia speciale a favore di un prolungamento di quattro giorni della caccia regolare (da 21 a 25 gg.) fra settembre e ottobre. Parallelamente l’iniziativa auspica un allentamento delle restrizioni di abbattimento, una soppressione o riduzione degli asili in cui, se necessario, dovrebbe essere liberata la caccia durante il periodo regolare. Spesso è nelle bandite di caccia, che coincidono con le zone di protezione del bosco, che vengono rilevati i maggiori danni agli alberi, impedendone la funzione protettiva contro frane e valanghe. Inoltre, come descritto nel libretto ufficiale recapitato a tutti i cittadini con diritto di voto, in caso di accettazione dell’iniziativa si prevedono abbattimenti selettivi effettuati dagli organi di vigilanza della caccia secondo quanto già regolato dall’art. 31 dell’attuale legge sulla caccia.

La posizione del Cantone e gli argomenti contro l’iniziativa
Gli organi cantonali e i detrattori dell’iniziativa sostengono che l’odierna strategia della caccia grigionese a due livelli (con caccia regolare e speciale) sia un modello vincente, capace di mantenere in un sano equilibrio le specie di animali cacciabili con l’ambiente circostante e guardato con ammirazione da molte altre regioni dell’arco alpino. Un prolungamento della caccia regolare di cinque giorni non consentirebbe in ogni caso di raggiungere il numero prefissato di capi da abbattere. Inoltre, fino ad ottobre, il numero totale di cervi che svernano nel nostro territorio non sarebbe ancora raggiunto. Esistono infatti popolazioni migratorie di cervi che durante la caccia settembrina si rifugiano nel Parco nazionale o altrove. Fra i nemici naturali degli ungulati vi sono il lupo, l’orso, la lince e l’aquila reale, ma oggi questi predatori non sono in numero sufficiente per regolarne la proliferazione e senza la caccia speciale molti capi si ammalerebbero o morirebbero durante l’inverno.
Secondo gli oppositori dell’iniziativa, inoltre, l’abolizione della caccia speciale introdurrebbe automaticamente anche un sistema oneroso di caccia a regia per l’eliminazione dei capi in sovrannumero. Siccome per legge la gestione cantonale della caccia è tenuta ad autofinanziarsi, ciò comporterebbe un aumento dei costi della patente regolare per la caccia. Per quanto riguarda gli asili essi affermano che sono necessari affinché cervi e caprioli non emigrino altrove o scompaiano dal territorio, come già successe in passato, mentre sul fatto che durante la caccia speciale gli animali sarebbero sottoposti ad uno stress oppongono l’argomento che, qualora cervi e caprioli fossero in sovrannumero, sarebbe l’inverno stesso il maggiore fattore di stress.

Il caso politico
Malgrado nella cerchia dei cacciatori l’iniziativa stia riscuotendo molto consenso, su suggerimento del Governo, il 4 dicembre 2018 essa è stata respinta a larghissima maggioranza dal Gran Consiglio; a livello cantonale non gode del favore di alcun partito politico (solo l’UDC ha lasciato libertà di voto), né tantomeno dell’Associazione cantonale dei cacciatori grigionesi. Politicamente degno di nota è però il fatto che a causa di questa iniziativa, inoltrata alla Cancelleria di Stato nell’agosto del 2013, nel dicembre del 2017 il consigliere di Stato Mario Cavigelli abbia rischiato di vedersi appioppare una commissione parlamentare d’inchiesta per non avere riferito in Gran Consiglio il parere positivo dell’UFAM (Ufficio federale dell’ambiente) relativo al testo dell’iniziativa. Il rischio è stato sventato solo con delle scuse ufficiali pronunciate davanti al Parlamento grigionese. L’iniziativa non era infatti stata inizialmente accolta dal Cantone, ma il comitato si è spinto fino davanti al Tribunale Federale che ne ha in seguito decretato la legittimità.

Il sondaggio de Il Bernina
Il nostro sondaggio sull’iniziativa in votazione il prossimo 19 maggio ha confermato che la caccia è un tema molto sentito e divisivo. L’esito dell’inchiesta dà conferma che anche fra i nostri abbonati le opinioni divergono principalmente fra chi sostiene l’abolizione della caccia speciale (48%) e chi vuole mantenere l’attuale strategia a due livelli (37%), mentre un restante 15% è a favore dell’abolizione della caccia. Supponiamo che quest’ultima categoria, al momento ancora minoritaria, sia prevalentemente rappresentata da animalisti, pacifisti e gente completamente disinteressata all’argomento o disgustata dai troppi tecnicismi della votazione.
In Valposchiavo l’attività venatoria è però ancora molto radicata, e l’evidente spaccatura emersa dal nostro sondaggio e dai commenti alle lettere aperte è un chiaro segnale di quanto la gestione di questa attività stia in fondo molto a cuore di chi la pratica o vive da vicino. La formazione di due chiari fronti è sinonimo di dibattito e vivacità; c’è quindi da aspettarsi che le discussioni su come gestire la caccia in futuro non finiscano dopo il voto sull’iniziativa e che rimangano in cima alla lista delle pendenze del Cantone anche nei prossimi anni.


Achille Pola

1 COMMENTO

  1. Difficile per un non cacciatore decidere. Gli argomenti sembrano esserci sia da parte dei favorevoli che dei contrari alla caccia speciale. Una cosa inaccettabile e che da da pensare è l’agire del Governo nel tentativo di bloccare a tutti i costi l’iniziativa ( che aveva raccolto oltre 10’000 firme) nascondendo perfino il rapporto favorevole dell’UFAM. Che il caso si sia risolto con delle semplici scuse da parte dell’onorevole Cavigelli mi risulta incomprensibile. Mi rallegro che finalmente la popolazione possa votare e decidere in modo democratico su questa questione.