La storia, ancor oggi, pare non avere prove certe del suo soggiorno, ma nel Codice Atlantico Leonardo da Vinci scrisse delle terre di Bormio, delle sue terme e delle sue montagne; la Magnifica Terra di leonardesca memoria ha origini ben più antiche, i primi ritrovamenti riportano al V secolo A.C. e all’epoca etrusca. In questa conca accogliente e ampia si sono avvicendati popoli e culture e ognuno ha lasciato tracce più o meno evidenti. La cultura di un luogo non è mai la sommatoria delle culture che lo hanno abitato; è una miscellanea ben più complessa e misteriosa, che restituisce alle generazioni che si avvicendano tradizioni e passioni, la cui sopravvivenza è il frutto di impegno e amore.
La Settimana Santa in alta Valtellina è davvero un viaggio nel passato, come se il tempo si fosse fermato a qualche secolo fa; leggere gli studi etnografici di Glicerio Longa, lo storico che nel 1912 pubblicò “Usi e Costumi del bormiese”, è un primo passo per cogliere la ricchezza umana di questi luoghi. Ma vivere l’atmosfera del Paese in questa settimana così speciale aiuta a comprendere come in un contesto sempre più secolarizzato, le tradizioni contribuiscono a tenere viva la Fede.
Le celebrazioni pasquali bormine culminano con i celeberrimi Pasquali, ma incontrano nel Venerdì Santo un momento di profondo raccoglimento: la processione del Venerdì Santo anima le vie del borgo medievale e richiama nella Collegiata di San Gervasio e Protasio una folla silenziosa. L’appuntamento serale è preceduto, alla chiusura dei negozi, da alacri preparativi a cui partecipano ancor oggi almeno tre generazioni di bormini. E’ proprio in questa partecipazione attiva che si coglie l’attualità di un rito antico, vivo, custodito con passione e rispetto, capace di rinnovarsi a ogni nuova generazione. E così, anno dopo anno, le stazioni della via Crucis diventano opere artistiche, piccoli capolavori di volontariato e artigianato che, insieme ai Pasquali, regalano alle festività pasquali di Bormio una dimensione davvero eterna.
Da quasi quarant’anni sono testimone ammirato di questo impegno; e ogni anno riesco a sorprendermi di quanto suggestiva e intima possa diventare la via commerciale per antonomasia di Bormio con le luci spente e le vetrine dei negozi trasformate nelle stazioni della via Crucis. Buio e silenzio disorientano un po’ i turisti, soprattutto stranieri, che giungono qui per la prima volta; ma il clima di raccoglimento che si respira suscita quanto meno curiosità e rispetto. Per qualche ora Bormio si spegne, per lasciare che si accendano i lumini della Fede e della Speranza, della Temperanza e della Fortezza.
In questo rito senza tempo, accade anche che le avversità meteorologiche abbiano la meglio, come è accaduto quest’anno, quando allo scoccare delle venti e trenta un vero e proprio diluvio più simile a una pioggia estiva che primaverile si è abbattuto sul borgo, impedendo la tradizionale processione per le vie. Un imprevisto che, tuttavia, non ha tolto nulla al raccoglimento: il lavoro dei tanti volontari non è stato vanificato, perché chi ha percorso le strade di Bormio in quella notte così buia ha osservato le stazioni preparate e ha lasciato che il pensiero corresse comunque verso il mistero della Pasqua.
Chiara Maria Battistoni