Chiesa cattolica grigionese può versare contributi a Adebar

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La diocesi di Coira esce sconfitta dalla vertenza che da anni la oppone alla Chiesa cantonale cattolica grigionese riguardo al finanziamento del centro di consulenza per la pianificazione famigliare Adebar: secondo il Tribunale federale (TF) il sostegno a tale organizzazione non viola la libertà di credo.

La disputa è nata dalla decisione, risalente all’ottobre 2012, della Chiesa cantonale cattolica grigionese di sostenere Adebar con 15’000 franchi, a patto che questi soldi non servano per consulenze abortiste.

In precedenza il vicario generale della diocesi di Coira Martin Grichting aveva chiesto che i fondi non venissero versati poiché a suo dire Adebar non esclude l’aborto e anzi offre consulenza in merito. Vengono inoltre contestate le posizioni dell’associazione riguardo alla contraccezione, all’inseminazione artificiale e all’educazione sessuale, sostenendo che sono contrari all’insegnamento cattolico.

La richiesta era però stata respinta. Grichting e la Chiesa cattolica romana avevano quindi inoltrato ricorso presso l’apposita commissione della Chiesa cantonale cattolica grigionese, ma anch’essa era stata bocciata. Stesso discorso per il reclamo presentato al Tribunale amministrativo grigionese.

Ora, con una sentenza pubblicata oggi, anche il TF respinge un ulteriore appello della diocesi di Coira, mentre non è nemmeno entrato nel merito di quello inoltrato dal vicario generale. I giudici losannesi sostengono che la libertà di credo della Chiesa cattolica romana non viene violata e tanto meno il diritto delle chiese nazionali.

Mon Repos ammette che una parte delle attività dell’associazione viene respinta dalla Chiesa cattolica romana, ma non sussiste alcun diritto al non versamento del contributo. Secondo le spiegazioni del TF, bisogna inoltre tener conto del fatto che la somma non
proviene dalla Chiesa cattolica romana, ma da entrate della Chiesa cantonale cattolica grigionese. E con la sovvenzione versata ad Adebar né la Chiesa né i credenti vengono ostacolati a vivere o diffondere la propria fede.

Secondo i giudici losannesi le esigenze della Chiesa cattolica romana sono inoltre già rispettate attraverso la condizione posta dalla Chiesa cantonale cattolica grigionese di non utilizzare i fondi per consulenze abortiste.

Mon Repos considera poi esagerati i timori della diocesi di non sembrare credibile agli occhi del pubblico e dei fedeli a causa del sostegno all’associazione. Già il Tribunale amministrativo grigionese aveva scritto nella sua sentenza del febbraio 2018 che i cittadini sono in grado di differenziare tra i compiti della diocesi e della Chiesa cantonale cattolica grigionese.

In una presa di posizione odierna la diocesi di Coira afferma che con la sentenza del TF si sente confinata al ruolo di spettatrice rispetto alla Chiesa cantonale. In Svizzera, con le chiese nazionali lo Stato crea strutture giuridiche che perseguono una propria agenda ma che nonostante ciò possono chiamarsi cattoliche. Contro questo “inganno” e questo “abuso del suo nome” la Chiesa cattolica non può intraprendere nulla, sostiene la diocesi in un comunicato.


Ats