1° agosto, il discorso del Podestà

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Gentili Signore, stimati Signori

Cari presenti, cari amici della Valposchiavo

È con grande emozione che vi do il mio più cordiale benvenuto a questa festa del Primo Agosto e che vi porto i saluti del Consiglio comunale.

L’emozione nasce dal fatto che non sono abituato a salire su un palco e a parlare a un vasto pubblico, ma anche dal fatto che ho assunto il mandato di Podestà da soli sette mesi. Sette mesi in cui ho lavorato con piacere e con grande energia ai tanti e svariati temi che sono arrivati sul mio tavolo: agricoltura, sport, sanità, scuole, inerti, raccolta della spazzatura, edilizia, irrigazione e altri ancora. Sette mesi in cui ho incontrato molti cittadini del nostro Comune, sia negli uffici comunali sia fuori, che mi hanno incoraggiato a proseguire nel mio lavoro come fatto finora e anche alcuni che hanno manifestato il proprio disappunto per una o l’altra decisione presa. Ringrazio indistintamente tutte queste persone, perché con il loro riscontro partecipano in modo attivo a mantenere vivo il processo democratico. Sette mesi in cui ho potuto contare sul sostegno dei colleghi del Consiglio comunale e dei colleghi dell’amministrazione e per questo li ringrazio sentitamente. Insieme abbiamo già affrontato anche diverse questioni complicate, discusso a fondo – a volte animatamente quando le opinioni divergevano – e abbiamo cercato soluzioni, in parte difficili da trovare, a livello comunale, regionale o cantonale. Alcune di queste si stanno già concretizzando: non sono forse soluzioni perfette, ma, considerati i presupposti e le tempistiche, sono quelle che abbiamo ritenuto migliori.

Da convinto democratico e federalista, ritengo che il sistema svizzero sia adeguato alla nostra cultura, alla nostra tradizione elvetica. 26 cantoni, 4 lingue ufficiali, innumerevoli dialetti, vallate montane distanti dai centri, libertà di religione e di parola ecc. richiedono un sistema politico decentralizzato, federale. Occorre lasciare più potere possibile, più competenze possibili al livello più basso possibile. Ciò significa partire dal singolo cittadino, dalla responsabilità individuale. Più siamo responsabili come individui, più riusciremo a mantenere vivi i nostri comuni e a lasciar loro le competenze necessarie alla gestione del proprio territorio. In altre parole, se siamo solo egoisti e non ci curiamo del nostro vicino, inteso come persona ma anche come territorio, ci ritroveremo con una miriade di leggi, restrizioni, obblighi e controlli. Noi, con il nostro comportamento, possiamo favorire o evitare tale fenomeno. Io mi impegno per cercare di rallentare questo processo che, a mio parere, causa una situazione piuttosto assurda: sempre più regole e sempre più leggi fanno sì che alla fine ogni individuo sia portato a pensare che ciò che non è proibito è legittimo, o a cercare lacune legali per trarre profitto. E così si va incontro a un circolo vizioso che conduce a una deresponsabilizzazione del cittadino, a un impoverimento della democrazia e del federalismo.

Le origini della Svizzera – lo sappiamo – risalgono al 1291, quando è stata stipulata l’alleanza tra le popolazioni delle regioni di Uri, Svitto e Untervaldo. L’accordo è stato siglato allo scopo di difendersi contro qualsiasi aggressore. In effetti gli Asburgo avevano tentato di far valere le loro pretese su Svitto e Untervaldo, fatto che ha portato a un susseguirsi di interventi militari. Sono dunque nate nuove alleanze, dapprima con i vicini di Lucerna, Zugo, Zurigo, Berna, poi anche con il Vallese e lo stato delle tre leghe.

L’unione fa la forza: la popolazione di tre territori si è accorta che, combattendo ognuno per conto proprio, non poteva far fronte alle difficoltà, all’oppressione che giungeva dall’esterno. Si trattava dunque di collaborare, di unire appunto le forze per raggiungere un obiettivo comune: la libertà e il controllo sui propri territori. Anche oggi, molte volte, se vogliamo raggiungere degli obiettivi, dobbiamo collaborare. La collaborazione può essere a livello individuale, comunale o anche
regionale, indipendentemente dal colore politico e dallo scopo perseguito. In parte sono le direttive che arrivano da Berna o da Coira a imporci una collaborazione, in parte sono gli imprenditori e le aziende stesse che vedono la necessità, per esempio, di investire in nuovi macchinari o nuove tecnologie con altri operatori del settore.

Le basi per lo Stato federale moderno sono state poste con la Costituzione del 1848 all’indomani della guerra del Sonderbund. Per creare lo stato moderno è stato necessario trovare dei compromessi tra una forma di federalismo intransigente e uno stato centralizzato secondo il modello francese. Da quel momento la Svizzera ha avuto un governo con compiti anche centralizzati: competenze fino ad allora cantonali sono passate alla Confederazione, per esempio la difesa nazionale, la moneta, le dogane e il servizio postale. Con la creazione di uno “spazio economico comune”, lo stato federale si è fatto promotore dello sviluppo economico e con l’industrializzazione la Svizzera si è trasformata radicalmente.

Ci sono stati cambiamenti massicci, impensabili per la maggior parte della popolazione e inverosimili anche dal punto di vista dell’autonomia dei cantoni. La lungimiranza delle persone di quel momento ha permesso di trovare un compromesso e attribuire alla Confederazione soltanto quei compiti e quelle funzioni la cui centralizzazione ha portato a un miglioramento della collaborazione tra i cantoni e a una semplificazione dell’attività commerciale. Grazie a questi cambiamenti, allo sviluppo economico, all’innovazione, all’industrializzazione, è stato creato lo stato di cui oggi andiamo fieri: è stata creata la Svizzera moderna.

Oggi ci troviamo in una situazione analoga: siamo nel bel mezzo di una trasformazione tecnologica che sta modificando il nostro modello di vita forse ancora più dell’industrializzazione. La digitalizzazione, per esempio, rivoluziona il modo di lavorare, alcuni mestieri scompaiono, ma ne nascono di nuovi. Cambia il sistema d’insegnamento e di apprendimento. Il mondo della comunicazione e anche quello finanziario sono stati rivoluzionati e si trovano sempre ancora in una fase di mutamenti radicali.

Parallelamente, anche a livello politico si nota un cambiamento strutturale: da anni stiamo discutendo e negoziando con l’Unione Europea riguardo ai contratti bilaterali e alle regole del gioco da applicare. Qualunque cosa si decida, nel nostro Paese ci saranno dei cambiamenti importanti, ma non dobbiamo avere paura di affrontarli. Ogni cambiamento è da considerare anche un’opportunità per modificare ciò che non va bene, per introdurre delle novità o magari anche per ripristinare qualcosa che prima funzionava meglio.

Sono convinto che, in una fase di trasformazione come quella che stiamo vivendo, sia fondamentale essere aperti al dialogo e che sia necessario un dibattito democratico approfondito a tutti i livelli, anche a livello comunale, dei singoli partiti e dei gruppi d’interesse. Le nuove condizioni quadro che noi cittadini svizzeri definiremo attraverso il dibattito politico devono poter garantire al nostro Paese uno sviluppo democratico ed economico che ci permetta di mantenere un alto grado di benessere e la maggior autonomia possibile. Sta a noi cittadini partecipare all’importantissimo processo democratico che stiamo vivendo in questo periodo di rinnovamento tecnologico e politico.

La Costituzione svizzera, quella grigionese e quella del Comune di Poschiavo, esattamente come il nostro sistema di democrazia diretta, ci danno la possibilità di esprimerci anche in merito a questi temi fondamentali: partecipiamo alla discussione, facciamo uso del nostro diritto e andiamo a votare. Anche questo significa essere svizzeri.

La democrazia diretta e il federalismo sono dei valori essenziali per la Confederazione, per i cantoni e i comuni. Nella misura in cui continueremo attivamente a fare uso dei diritti che ne scaturiscono, questi valori rimarranno vivi e continueranno a sostenere lo sviluppo del nostro Paese. Dobbiamo essere fieri e anche gelosi di quanto democrazia e federalismo ci danno e viverli nella nostra quotidianità. Anche questo fa parte del nostro Paese, anche questo fa parte del Primo Agosto.

Viva Poschiavo, viva i Grigioni, viva la Svizzera!
Buon Primo Agosto a tutti.


Giovanni Jochum