Si era nell’estate del 2016, Rodolfo Maurizio e Saveria Masa stavano perlustrando la “via cavallera” verso il passo del Muretto. “Scrivi un libro”, esortò il bregagliotto. Fatto.
Oltre all’esortazione è servito il sostegno in primo luogo della Fondazione Gaudenzio e Palmira Giovanoli, presieduta appunto dal professor Maurizio e dalla Fondazione Centro Giacometti di Stampa, e del Progetto Interreg B-Ice-Heritage.
Il mese scorso, il libro “Il passo del Muretto tra Valtellina e Grigioni. Storia di una via dimenticata” è stato presentato a Sondrio nella Sala Besta della Banca Popolare stracolma di convenuti (per il prestigio dell’autrice e per il tema).
Altre presentazioni seguiranno (citiamo alla rinfusa): Stampa, Coira, Zurigo, Varallo Sesia, Milano e forse in Val Malenco. Altre date sono in via di definizione e quindi è opportuno consultare l’elenco aggiornato pubblicato nel sito della Fondazione Giacometti.
Dunque il libro: 285 pagine con un centinaio di illustrazioni.
Si tratta della storia della strada del Muretto che collega Sondrio a Maloja (una quarantina di chilometri con l’apice ai 2562 metri del passo). Racconta di luoghi, di eventi dimenticati, di persone che a lungo hanno percorso valli (la Val Malenco e la Bregaglia) troppo spesso ritenute marginali a causa della loro collocazione geografica; eppure il passo del Muretto ha favorito per secoli i transiti tra Nord e Sud delle Alpi nel nostro quadrante. Quasi tutti gli studi sulla storia medievale e dell’inizio dell’epoca moderna, si sono focalizzati sui percorsi più noti, come il Settimo o lo Spluga a ovest, e su Fraele e sul Bernina a est. Ora vien riconosciuto il giusto ruolo a questo collegamento (Mürét a nord, Muretto a sud), come tragitto più diretto tra Sondrio (riconosciuto capoluogo dal Governo delle Tre Leghe) e Coira.
“È stato un piacere collaborare con Saveria Masa per il suo prezioso lavoro svolto con passione. Ci auguriamo che i saperi da lei messi in luce vengano trasmessi a un largo pubblico e ai numerosi appassionati di storia che amano camminare lungo i percorsi storici”, così termina la prefazione di Marco Giacometti, presidente Fondazione Centro Giacometti, che ha personalmente contribuito al libro con inserti e cartine “parlanti”. Sempre nella prefazione, Giacometti così ricorda i diversi ruoli personali:”Le famiglie dei Salis, Planta, Marmels, Castelmur, Capitanei, Beccaria, Lavizzari, Lambertenghi o Chiesa hanno saputo monetizzare il traffico di merci e di mercenari lungo importanti assi viari tra cui la strada cavallera del Muretto. Ma il libro parla anche di contadini, cavallanti e cantonieri che lavoravano per tenere aperte le strade continuamente compromesse da calamità naturali, che, non meno di oggi, erano all’ordine del giorno”.
In avvio del volume Thomas Reitmaier, del Servizio Archeologico dei Grigioni, sostiene che “mancano tuttora testimonianze archeologiche di una regolare frequentazione del passo del Muretto durante l’Età del Ferro, l’epoca romana e il primo Medioevo”. Ma “il percorso dovrebbe tuttavia avere avuto senza dubbio un ruolo di un certo rilievo come strada alpina di collegamento verso l’importante tracciato di una strada antica attraverso la Bregaglia (con la stazione doganale romana di Murum) o via Maloja verso i passi del Giulia e del Settimo a partire dal I millennio a.C.”.
A partire da pag. 11 sino a pagina 252 “parla” l’autrice e subito, in esergo, esplicita il suo pensiero con un motto di W. A. B. Coolidge: “Una sommità montana è l’opera della natura, mentre un passaggio alpestre è l’opera dell’uomo”. Insomma i passi sono vivi quando gli uomini vi transitano.
Introduzione e undici, densi, capitoli. Politicamente centrale come s’è già detto il ruolo di questa via durante la dominazione delle Leghe, mentre con il passaggio della Valtellina ai francesi e poi agli austriaci fino al Regno d’Italia è venuto man mano perdendo d’importanza, quasi sparendo dalla memoria. E tutto questo è trattato nei capitoli centrali.
Nel titolo abbiamo accennato ai commerci. Legali: piode e pietra ollare, le “grassine” (burro, ricotta, formaggio), bestiame, vino e così via. Illegali: tutto ciò che si poteva contrabbandare, in particolare durante le guerre mondiali.
Ancora nel titolo: …via di invasioni e di salvezza.
Racconta Saveria Masa: “Il 19 luglio 1620 un gruppo di armati guidati da alcuni di quegli esponenti della nobiltà cattolica valtellinese già messi al bando dal tribunale penale del 1608, al comando del cavaliere Giovanni Giacomo Robustelli di Grosotto, diede inizio ad una rivolta anti protestante che, originatasi da Tirano, si espanse nell’arco di pochi giorni in tutta la Valtellina e la Valchiavenna, causando la morte di più di 400 persone, tutte riformate, metà delle quali concentrate nel territorio di Sondrio e della Val Malenco. I Grigioni furono cacciati dalla Valtellina e dai contadi, dove si costituì un governo autonomo, quello della Repubblica Valtellinese. A partire da questo grave momento storico la via cavallera del Muretto assunse un ruolo inedito e strategico al tempo stesso: essa divenne via di fuga e di salvezza per molti riformati, confine tra stati con i precedenti dominatori, i Grigioni, ora divenuti nemici, corridoio di transito per l’invasione di eserciti, teatro di scontri bellici, canale di diffusione del contagio della peste”.
E le epidemie.
Continua Saveria Masa: “Già nel 1624 furono inviati dei soldati per custodire il valico del Muretto a causa del sospetto di un’epidemia di peste“. “Il diffondersi del contagio si accrebbe ulteriormente durante gli anni successivi tanto che, nell’ottobre del 1628, un’ordinanza del governatore costringeva le guardie poste a Chiareggio a vietare il transito sulla strada del Muretto a tutti i mercanti e viaggiatori provenienti da Altemps, da Vienna, da Linz o dal Vallese. Alcuni giorni più tardi, il governatore Robustelli imponeva addirittura che venisse chiusa definitivamente l’osteria di Chiareggio, al fine di impedire che mercanti e viaggiatori d’ogni sorte vi prendessero alloggio. Venne altresì ordinato che fossero poste guardie ai confini del Muretto e di Poschìavo, per interdire qualsiasi transito”.
“A Sondrio e in Val Malenco, l’epidemia si diffuse in maniera consistente proprio tra il 1629 e il 1630: si stima che dei 3000 abitanti che popolavano il capoluogo, ne sopravvissero soltanto 900 e, anche in Val Malenco, la mortalità superò in alcuni casi ampiamente la metà della popolazione”.
Cambiamo registro per chiudere, citando la parte finale della postfazione di Rodolfo Maurizio.
“Le vicende umane subiscono un continuo mutamento in lassi di tempo relativamente brevi; il maestoso paesaggio del passo del Muretto, in apparenza immutabile, sarà per sempre fonte di ispirazione poetica come lo è stato per il chiavennasco Giovanni Bertacchi (1869-1942) che, nella lirica “La nube del Muretto” (1920), così declama l’ascesa dal versante italiano:
[…] E fu il nostro un salir forte e soave
per la soffice neve. Intorno il rombo
dei torrenti era spento entro la cave
di ghiaccio: il ciel parea nero, di piombo.
Crescea la costa, apparìa sì breve,
come a chi sogna e va da luogo a luogo.
Quanto durammo su quell’alta neve
Prima d’aver tocco il giogo!
Pur, nell’ansia d’un ultimo conato,
puntando il piede, curvando la fronte,
col petto anelo e l’occhio abbacinato,
quell’ostinato margine di monte
fu vinto, alfìne. S’allentò la fiera
fatica e l’ansia su la curva altura.
Piergiorgio Evangelisti