2019 : uno sguardo alle Americhe

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Durante il 2019 milioni di persone scese in strada per protestare contro la violenza
dilagante, le disuguaglianze, la corruzione e l’impunità o costrette a fuggire dai propri
paesi in cerca di sicurezza. In questo contesto diversi Stati delle Americhe hanno risposto
limitando in modo importante il diritto di protestare e di chiedere asilo, mostrando un totale disprezzo per gli obblighi stabiliti dal diritto interno e internazionale.

I movimenti di protesta , spesso guidati da giovani, si sono sollevati per chiedere il
rispetto dei diritti umani in paesi come il Venezuela, Honduras, Porto Rico, Ecuador,
Bolivia, Haiti, Cile e Colombia. Le autorità hanno risposto dispiegando tattiche repressive e
facendo intervenire l’esercito, invece di istituire meccanismi volti a promuovere il dialogo e
affrontare le questioni sollevate dai manifestanti. In Cile, l’esercito e la polizia hanno
cercato di ferire deliberatamente i manifestanti per scoraggiare il dissenso. In Venezuela
la repressione è stata particolarmente violenta, le forze di sicurezza del governo hanno
commesso gravi violazioni dei diritti umani quali esecuzioni extragiudiziali, detenzioni
arbitrarie e uso eccessivo della forza. La Colombia si è confermata il Paese con il maggior
numero di morti tra i difensori dei diritti umani, con almeno 109 uccisioni. Si tratta perlopiù di leader indigeni, afro-discendenti e campesinos.

A questa situazione di estrema violenza si aggiunge anche l’ostilità nei confronti di
migranti, rifugiati e richiedenti di asilo. Negli ultimi anni il numero di uomini, donne e bambini fuggiti dalla crisi dei diritti umani in Venezuela è salito a quasi 4,8 milioni, un cifra senza precedenti nelle Americhe. Intanto Perù, Ecuador e Cile hanno deciso di imporre requisiti restrittivi per i nuovi ingressi e respingendo illegalmente i venezuelani bisognosi di protezione internazionale. Più a nord, il governo statunitense ha abusato del sistema giudiziario per attaccare i difensori dei diritti dei migranti, ha detenuto illegalmente bambini in fuga da situazioni di violenza e ha attuato nuove misure e politiche per attaccare e limitare fortemente l’accesso all’asilo, in violazione degli obblighi previsti dal diritto internazionale. Migliaia di persone sono ora costrette ad aspettare in Messico, in condizioni più che pericolose e senza alcuna prospettiva per il loro futuro.

In questo quadro di violenze e ristrettezze si inserisce anche la crisi ambientale in
Amazzonia che ha colpito le popolazioni indigene in Brasile, Bolivia, Perù ed Ecuador
dove le politiche anti-ecologiche del governo brasiliano hanno alimentato incendi
devastanti , disboscamento, allevamento illegale di bestiame, sequestro di terre protette,
senza preoccuparsi della necessaria protezione delle popolazioni indigene.
L’America latina è rimasta la regione più pericolosa del mondo per i difensori dei diritti
umani: coloro che si dedicano alla tutela del diritto alla terra, al territorio e all’ambiente
sono particolarmente a rischio di uccisioni mirate, criminalizzazione, sgomberi forzati e
molestie di vario tipo.

Il 2019 ha comunque portato a qualche novità positiva: giovani donne e ragazze sono in
prima linea nei movimenti per i diritti umani (lo testimoniano le grandi manifestazioni
tenutesi in Argentina, Messico e Cile nonostante le ostilità dei rispettivi governi), un trattato regionale innovativo sui diritti ambientali nonché l’assoluzione di cinque persone ingiustamente condannate per aver ospitato “illecitamente” alcuni migranti.


A cura del gruppo di Amnesty Valposchiavo