Ricordo di Janette e Odette e meditazione funebre per Marie-Claire Crameri – Droux

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A mia Madre.

La mia confidente. Sembra strano visto che il più delle volte lo è un’amica od un amico, ma lei è diventata la mia. Non ricordo quale giorno ed il perché ma tra noi è scattato un qualcosa, sarebbe più corretto ed ammettere di dire che c’è stata una “vicinanza” maggiore.

In questo dovrei metterci quello che lei ed io sapevamo: quel ti voglio bene. Non gliel’ho mai detto abbastanza e, seppure la prima volta che gliel’ho detto sia successo con un po’ di ritardo, da quel giorno non ho mai smesso di ricordarglielo.

Lei è stata la mia prima e vera vacanza, e seppur qualcuno possa storcere il naso al pensiero che si possa andare in vacanza da soli con la propria mamma, la verità è che già iniziavamo ad elencare possibili e prossimi posti in cui poter andare.

Era il suo premio per tutto ciò che stava passando, il nostro premio. La mia Guerriera preferita, come donna e come madre; per tutto ciò che ha fatto per la nostra famiglia, per tutto ciò che sappiamo ha fatto anche per altri.

Janette

Siamo i figli di un destino che ha chiesto di essere forti quando ancora non avevamo la capacità di camminare, e per questo non potendoci donare ali, ci hanno regalato una nuova famiglia dove imparare a volare. – ( Anonimo )

Libero adattamento di un testo di Haruki Murakami

Dicono che persino un fiume prima di riversarsi nell’oceano, tremi di paura. Guarda all’indietro per tutto il suo percorso, le cime, le montagne, la lunga strada sinuosa attraverso le foreste e attraverso i villaggi e vede davanti a sé un oceano così vasto, che a entrarci dentro sarebbe come sparire per sempre.
Però non c’è verso, il fiume non può tornare indietro. Nessuno può farlo. Tornare indietro è impossibile nell’esistenza. Puoi andare solo avanti.
Il fiume deve rischiare ed entrare nell’oceano. E soltanto quando entra nell’oceano, la sua paura sparisce. Perché solo allora, il fiume capisce che non si tratta di sparire nell’oceano, ma di trasformarsi in oceano.
Da un lato c’è la sparizione e dall’altro c’è la rinascita.

A cura di Odette

Cari Franco, Janette, Odette e Mario, cari familiari, quando si seppellisce una cara persona è un giorno doloroso. Lì, dove c’era presenza e contatto, ora c’è vuoto. All’improvviso distinguiamo da ciò che ha valore e cosa è superfluo. Il cordoglio ci tiene prigionieri con la rassegnazione e la domanda del “perché”? Perché si deve morire così presto, così rapidamente, perché questa divisione da chi fa parte di noi? Esistono situazioni in cui è difficile dire una parola giusta. Le parole mostrano pochezza, altre volte, sembrano troppe. A volte si può donare solo la propria vicinanza e partecipazione al dolore, nella speranza che aiuti. Forse questo è uno di quei momenti. La risposta al “perché” non è a portata di mano, ed è buono se non ci sfuggono di bocca vuote e facili “pie parole”.

Se da una parte la morte ci ammutolisce, Cristo ci dona voce e speranza. In Cristo, la morte non ci deruba della vita, anzi per chi crede, Gesù dice: “Io do loro la vita eterna e non periranno mai e nessuno le rapirà dalla mia mano” (Gv 10.28), perché chi rinasce in Cristo, ha una qualità di vita indistruttibile, piena, già oggi. Le indicazioni per vivere questa vita nel vigore divino sono nelle Beatitudini. Io potrò dire solo poche parole sulle Beatitudini, tuttavia ci dovrebbero aiutarci a capire perché siamo così colpiti dalla perdita di Marie-Claire, non solo per la sua età o per la morte prematura. C’è di più che ci colpisce e spero di chiarirlo con queste mie misere parole.

Il messaggio di Gesù è adrenalina pura che mette in circolo energie, forze vitali capaci di cambiare la società. La prima beatitudine non è lì per caso ma perché è la condizione affinché esistano tutte le altre. “Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli” o “Beati i poveri per lo spirito…” Mai nei Vangeli Gesù ha detto che i poveri, in quanto tali, siano beati. Non ha mai detto che è beato chi la società ha reso povero. I poveri sono sventurati ed è compito della comunità cristiana toglierli dalla condizione di povertà. Poveri per lo spirito può significare una scelta esistenziale, di quelli che, liberamente, volontariamente, per amore si sentono responsabili della felicità e del benessere degli altri. Ebbene Gesù assicura che, di questi, Dio si prende cura. Se ci prendiamo cura degli altri, permettiamo a Dio di prendersi cura di noi (ecco il regno dei cieli).

Nelle seguenti beatitudini Gesù presenta situazioni negative umane, che la comunità cristiana sceglie di eliminare. La prima di queste sofferenze dell’umanità è: “Beati gli afflitti, perché questi saranno consolati”. Gesù non parla di conforto, ma di consolazione, che è diverso. Il verbo consolare significa “l’eliminazione alla radice della causa della sofferenza”. C’è tanta gente afflitta, che grida nella disperazione, e attende il nostro impegno per mettere la parola fine alla loro sofferenza. Come Dio si è incarnato nella nostra condizione, così, chi crede, si incarna nelle sofferenze umane. Quindi gli afflitti sono beati perché vedranno la fine della loro afflizione.

Poi, “Beati i miti perché questi erediteranno la terra”. Si è sempre spiritualizzato questa Beatitudine, ma in senso riassuntivo al massimo, va detto che Gesù riprende l’aspetto dei diseredati e proclama beati i miti. Mite non indica qui il carattere della persona ma una condizione sociologica negativa. È la stessa differenza che c’è tra umili e umiliati. Qui si tratta di persone umiliate, di “diseredati”. Gesù indica a chi ha perso tutto. Che cosa vuol dire? Le persone che hanno perso tutto, gli “invisibili” della società, grazie alla comunità – che sceglie di realizzare la prima beatitudine – riscopriranno una dignità mai conosciuta. Queste beatitudini sono riassunte nella terza “Beati gli affamati e assetati della giustizia”, quelli che soffrono nel vedere che ci sono persone diseredate e oppresse. Questi saranno saziati. All’interno della comunità cristiana non deve esistere alcuna forma di ingiustizia, di sopraffazione. La rinascita della vita che Gesù porta è adrenalina per i nostri rapporti reciproci!

L’evangelista presenta due situazioni di ingiustizia (gli afflitti, e i diseredati), e le riassume in una terza beatitudine. Si rivolge adesso a chi vive per ridare dignità a chi non ce l’ha, a chi libera gli oppressi. Ebbene questi – assicura Gesù – fanno parte di una comunità di gente che rinuncia all’ambizione, all’avere di più, all’arricchirsi a scapito degli altri, e si mettono a disposizione per gli altri ed hanno capito che la felicità non consiste in quello che si ha, ma in quello che si dà. Questi saranno felici già oggi, pienamente su questa terra. Allora Gesù dice: la felicità non consiste in ciò che gli altri faranno per te, in ciò che riceverai, ma in ciò che tu donerai.

Accennato questi concetti delle Beatitudini dovremmo avere chiaro perché il distacco con Marie-Claire è così doloroso. Nella sua semplicità di vita, nei suoi modi gentili, senza esaltare, lei ha vissuto con noi condividendo questi sentimenti delle Beatitudini e ce li ha trasmessi. Per questo era piacevole averla come amica. È stata una persona umile, gentile, generosa, aperta con gli altri, si è “fatta povera” per incontrare altri nella gioia e nel dolore. Ha condiviso l’afflizione altrui affinché potesse essere rimossa. È stata affamata e assetata di giustizia, adoperandosi affinché molti ricevessero il proprio posto su questa terra, insieme a te, Franco e tanti altri. Chi di voi l’ha avuta a fianco nel contrastare la povertà, l’ingiustizia, l’ineguaglianza sa di cosa parlo e può comprendere perché ci manca. È stata misericordiosa con il prossimo. Si è adoperata per la pace, per questo era figlia di Dio. Non voglio essere retorico o sentimentalista, ma fare solo risaltare i veri valori dei nostri rapporti reciproci. Ci manca molto perché sappiamo quanto abbiamo perso e che ora tocca a noi continuare più decisi sulla via che Gesù ci indica per godere della vita piena già ora e qui.

Cari familiari, abbiamo perso molto ma ci ha anche dato molto. Il nostro compito è superare il dolore della separazione e continuare a vivere con il Signore sulla via delle Beatitudini. Il Signore metta la sua mano su voi, vi guidi e consoli i vostri cuori e i nostri. Amen.

Appunti del pastore Antonio Di Passa