Pentecoste: lo Spirito Santo e il vento da nord a Poschiavo

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Collegiata di Poschiavo - Veni Sancte Spiritus

Potrebbe esistere, così come la conosciamo, Poschiavo senza il celeberrimo vento da nord? Quel vento che spazza la nostra Valle, quel soffio impetuoso che ogni poschiavino conosce, perché almeno una volta nella vita ne ha subito un qualche effetto…
Ebbene, forse non tutti sanno che c’è un modo ingegnoso con cui qualcuno ha pensato di sfruttare il vento da nord. E, siccome si tratta dell’ingegno di un architetto del XVI secolo, egli non ha pensato a pale eoliche o a sfruttare il vento con le tecnologie moderne di cui oggi disponiamo. Ma ha realizzato un’opera che, a distanza di mezzo millennio, ancora funziona. Dove? Nella collegiata di San Vittore Mauro.
Quando, a partire dal 1503, Sebold Westolf lavorò a Poschiavo per ampliare la navata della chiesa e dotarla della volta che ancora oggi vediamo, ebbe un’intuizione per favorire il ricambio d’aria all’interno dell’edificio, considerando che probabilmente il portale princapale, quello orientato ad ovest, era l’unico esistente. Westolf trovò il modo di canalizzare il vento da nord all’interno del sottotetto e di fare in modo che il suo soffio, attraverso una presa d’aria, entrasse nella navata. Un cartiglio, affrescato sotto la grata attraverso cui l’aria viene filtrata, reca l’iscrizione “Veni, Sancte Spiritus” (Vieni, Santo Spirito).

Collegiata di Poschiavo - Vento da nord

Una volta che l’architetto germanico trovò il modo ingegnoso di condurre l’aria in chiesa, fu subito colto il collegamento con lo Spirito Santo. Che la Scrittura ci descrive come vento impetuoso – un po’ come il vento da nord – che scuote le nostre vite e le rinnova interioramente. Sempre la scrittura ci dice che lo Spirito Santo è anche soffio leggero, come il ricambio d’aria che giunge all’interno dell’edificio di San Vittore. E così avviene anche nella Chiesa – non quella fatta di mura -: lo Spirito la rinnova, la rinfresca e la fa conservare un’eterna giovnizza, perché non marcisca sotto la polvere che si accumula.
Se qualcuno non si fosse mai accorto di quella presa d’aria – certamente però avrà raramente percepito “odore di chiuso” in San Vittore -, la prossima volta che sarà in chiesa potrà alzare gli occhi alla crociera della volta dell’ultima campata davanti il presbiterio, scorgere la grata e l’invocazione “Veni, Sancte Spiritus”. Sono le parole iniziali della sequenza che si prega nelle Messe di Pentecoste. E potremmo recitare per intero questa preghiera.

Vieni, Santo Spirito,
mandaci dal cielo
un raggio della tua luce.
Vieni, padre dei poveri,
vieni, datore dei doni,
vieni, luce dei cuori.
Consolatore perfetto,
ospite dolce dell’anima,
soave refrigerio.
Nella fatica, riposo,
nella calura, riparo,
nel pianto, conforto.
O luce beatissima,
invadi nel profondo
il cuore dei tuoi fedeli.
Senza il tuo soccorso,
nulla è nell’uomo,
nulla senza colpa.
Lava ciò che è sordido,
bagna ciò che è arido,
sana ciò che sanguina.
Piega ciò che è rigido,
scalda ciò che è gelido,
raddrizza ciò ch’è sviato.
Dona ai tuoi fedeli
che solo in te confidano
i tuoi santi doni.
Dona virtù e premio,
dona morte santa,
dona gioia eterna.
Amen.