Ignazio Cassis in Iran

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@amnesty.org

Lo scorso 7 settembre si è conclusa la visita di tre giorni in Iran del Consigliere federale Ignazio Cassis per celebrare i 100 anni della presenza diplomatica elvetica in Iran. Durante l’incontro a Teheran con il presidente Hassan Rohani e il ministro degli esteri Mohammad Javad Zarif sono stati affrontati temi concernenti le relazioni tra i due paesi, pace e diritti umani, nonché questioni relative ai rapporti tesi tra Iran e Stati Uniti di cui la Svizzera da 40 anni difende gli interessi.

Prima della partenza per Teheran, Amnesty International chiedeva al Ministro degli esteri di mettere i diritti umani in cima all’agenda dei colloqui con il governo iraniano. In vista di questa visita si ricordava che la Svizzera, in qualità di Stato ospite del Consiglio dei diritti umani dell’ONU, “dovrebbe esprimersi, con forza, contro le gravi violazioni dei diritti umani in Iran ed esortare il governo iraniano a rispettare i principi fondamentali del diritto internazionale. Gli osservatori indipendenti devono essere autorizzati a visitare il paese per indagare sull’ondata di arresti, sparizioni forzate, torture e uccisioni di manifestanti pacifici.” A tutt’oggi, dai brevi comunicati pubblicati al rientro del nostro Consigliere federale, non emergono dati particolari sui colloqui avuti con i governanti iraniani a questo proposito.

In un rapporto pubblicato lo scorso 2 settembre da Amnesty International si accusano le forze di polizia, le forze di sicurezza, i servizi segreti e le direzioni delle carceri dell’Iran di aver commesso, con la complicità di giudici e procuratori, una lunghissima lista di violazioni dei diritti umani nei confronti dei manifestanti durante le proteste del novembre 2019, persone che avevano unicamente esercitato i loro diritti alla libertà di espressione, associazione e manifestazione pacifica. Il rapporto contiene le orrende testimonianze di decine delle 7000 persone arrestate perché prendevano parte alle manifestazioni o che vi partecipavano semplicemente come osservatori. Frustate, scariche elettriche, violenze sessuali e condanne a morte. Pene inflitte durante interrogatori svolti senza avvocato e “confessioni estorte con la tortura, momenti inquisitori spesso mandati in onda in televisione, accompagnati da grottesche dichiarazioni di alti rappresentanti dello stato che elogiavano i servizi segreti e le forze di sicurezza”.

“Nei giorni delle proteste di massa, il mondo fu scioccato dalle immagini delle forze di sicurezza iraniane che uccidevano o ferivano intenzionalmente manifestanti inoffensivi. Ma quello che è accaduto dopo, lontano dagli occhi dell’opinione pubblica, è un catalogo di crudeltà” aggiunge Diana Eltahawy, vicedirettrice di Amnesty International per il Medio Oriente e l’Africa del Nord.

Il suddetto rapporto di Amnesty International è stato redatto dopo aver raccolto i nomi e i dettagli relativi a oltre 500 manifestanti, giornalisti e difensori dei diritti umani.