Anna Lardi, a piedi da Galway a Coira

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Un lungo cammino non è solo un percorso, ma un’esperienza che ci cambia. Anna Lardi, 50 anni, vive da tempo a Galway, in Irlanda, dove dirige anche un’associazione culturale, “Music of Galway”. Dal 2 maggio al 16 luglio di quest’anno, un lunghissimo cammino l’ha portata a percorrere a piedi i 1720 km che separano la città irlandese da Coira. L’abbiamo raggiunta per un’intervista.


Come è maturata l’idea di un’impresa tanto singolare?
Come già accennato nell’introduzione, vent’anni fa da Coira in poi, mi sono unita a mio cugino Achille Pola che stava facendo il suo viaggio “da casa a casa”, camminando da Winterthur a Poschiavo. Allora abitavo già a Galway da sette anni ed è stata quell’esperienza che mi ha ispirato. Quest’anno compio i cinquant’anni e così mi sono fatta questo regalo.

Il viaggio l’ha fatto da sola?
Come già in quel primo viaggio, la compagnia per me era importante quindi ho invitato parenti e amici ad accompagnarmi. Ho avuto grandissima fortuna, mio marito Philip ha fatto circa un terzo del viaggio con me e anche per il resto mi ha sempre accompagnato qualcuno.

Come si è preparata e si è organizzata?
La preparazione è una parte essenziale di tutta l’avventura. Ci siamo presi circa sei mesi durante i quali abbiamo camminato regolarmente allungando le distanze e il peso che ci portavamo in spalla. Strada facendo poi si impara a capire quale attrezzatura scegliere, quando e quanto mangiare e bere per strada, quando fare le pause, insomma, si trova il proprio ritmo.
Philip ha trovato una app fortissima che ci ha guidato su tutto il percorso così abbiamo perso pochissimo tempo con carte geografiche. 

In base a quali criteri ha scelto le tappe del suo viaggio?
Un cugino di mio marito è missionario dei Colombani.  È lui che ci ha sposati a Le Prese. San Colombano con San Gallo nel sesto secolo è arrivato proprio dall’Irlanda, da Dublino a Cherbourg, attraversando la Francia. Ho pensato di seguire questa traccia (all’incirca – loro si sono trattenuti vent’anni in Francia prima di raggiungere la Svizzera). Mi sono decisa di fare circa 25 chilometri al giorno e volevo camminare il più possibile su sentieri. Tutto qua. 

Quante e quali sono state?
Sono stata 71 giorni in viaggio con pause ogni sei giorni circa. 

Ha avuto modo di visitare le varie località?
La gran parte delle tappe finiva in paesini o perfino in trattorie di campagna. Poi, dopo sette ore di cammino di solito l’energia per andare ad esplorare mancava. Però certe cose le ho viste come la tappezzeria di Bayeux, i giardini di Versailles, abbiamo completamente attraversato Parigi – vedendola così col sacco in spalla fa tutto un altro effetto. Siamo passati anche dalle parti meno conosciute dai turisti. Le così dette banlieux dove abbiamo scoperto un mondo completamente diverso di quello della Parigi chic dei musei, della torre d’Eiffel. 

Quanto tempo è rimasta in ognuna?
Di solito una notte. Solo quando ci fermavamo per un giorno di riposo restavamo due notti.

Dove ha pernottato?
In ostelli, castelli, alberghi, chambres d’hôte… tutto tranne in tenda o all’aperto.

Ha avuto qualche contrattempo?
Forse qualche vescica ai piedi di un accompagnatore, la canicola all’inizio di giugno ci ha fatto aspettare un giorno in più. In fondo è sempre andato tutto bene… Se qualcosa non andava come pianificato siamo sempre riusciti a trovare rimedi. Ho avuto tanta fortuna.

Quali sono stati i momenti più belli?
Proprio quelli del camminare in compagnia. Strada facendo ci si parla in un modo diverso, si scherza, si può essere profondi, poi ci sono i silenzi. Belli anche quelli.

Ha incontrato altri camminatori?
Certo! Anche se non tanti siccome per molte tratte non ho percorso sentieri che fanno parte di reti come quelle del Cammino di Santiago e della Francigena. 

Quali sono stati gli incontri più interessanti?
Mi rimane impressa la memoria di una giovane donna che si era messa in cammino a Strasburgo e stava percorrendo proprio il Cammino di Santiago. Sola. Ci siamo incontrati in un castello medievale che ospitava proprio i pellegrini. Mentre io e Philip abbiamo dormito in una stanza lei è rimasta fuori sotto una tettoia su una specie di canapè.
Un altro incontro interessante è avvenuto a Brugg con un signore olandese. Era in cammino da Roma ad Amsterdam. Lungo il Reno aveva già percorso la tratta da Rotterdam al lago di Toma e si ricordava benissimo di Coira.   

Ha notato differenze culturali e di ospitalità tra i Paesi e le regioni attraversati?
Devo dire di sì. Attraversando l’Irlanda ci siamo accorti della differenza che c’è all’interno del paese. In Francia invece devo dire che sono rimasta un po’ sorpresa dalla riservatezza dei francesi. Gli osti erano sempre molto gentili, ma per strada, nelle contrade, nei paeselli non si incontravano persone, niente negozi, fontane, bar. Al loro posto c’erano i cani che abbaiavano dietro le siepi e tanti ma tanti cartelli che indicavano la proprietà privata, il ferro spinato. Netta la differenza poi nella Franche-Compté dove tutto ad un tratto trovammo negozi aperti, bar e gente disposta a scambiare due parole. Una famiglia ci invitò persino al loro picnic domenicale. In Svizzera, la stessa cosa. A tal punto che a Ottikon nello Zürcher Oberland, una signora rispose alla nostra richiesta se ci fosse una fontana vicina, offrendoci acqua, una panchina all’ombra, il caffè e l’uso dei servizi, anche se casa sua era attigua a un ristorante. Un caffè ci fu offerto una volta anche in Francia, appena entrati nella Franche-Compté.  

Come ha fatto nelle grandi città, come Parigi?
Non sono passata da tante grandi città. A Dublino, seguendo l’argine del Grand Canal, siamo arrivati fino ad un quartiere dove abbiamo deciso che era meglio non passarci e così abbiamo evitato prendendo un bus che ci portò oltre. A Parigi ho avuto la fortuna di avere due accompagnatori, tutti e due che parlano benissimo il francese e uno di loro che conosce la città abbastanza bene. Come sempre abbiamo seguito la nostra App, avevo riservato le camere per noi già qualche giorno prima. Ci abbiamo messo due giorni per uscire completamente dalla città passando da quartieri di lusso a quartieri abbastanza miseri.  

Quali sono state le reazioni delle persone che ha incontrato nel cammino? E quelle di chi è stato a casa?
Tanti mi chiedevano se stavamo percorrendo il Cammino di Santiago. Certi avevano già fatto esperienze simili. Ce n’è di gente che fa questi viaggi senza farsi alcuna pubblicità.

Ha tenuto una sorta di diario di viaggio?
Sì, qualcosa ho scritto ma la sera dopo gli esercizi, la doccia e la cena mi crollavano gli occhi.

Viaggi del genere sono spesso anche percorsi dell’anima… Interiormente cosa ha significato un percorso come il suo?
Il cammino fa bene. Proprio perché andando a passo d’uomo (o di donna) anima e corpo hanno il modo di spostarsi insieme. E così è possibile elaborare ciò che si vede, ciò che si sente. Lo scambio con tanti amici, quelli svizzeri con i quali da anni non avevo l’opportunità di un riscontro approfondito, sia con quelli Irlandesi che forse conoscono un po’ meglio la mia realtà odierna, mi ha arricchito di sicuro.
Camminando e riflettendo sono tanti i pensieri che sorgono. Penso a tutta quella gente che questi lunghi viaggi non li fa per scelta. Penso al nostro ambiente e al modo di vivere che è troppo frenetico, specialmente il nostro modo di viaggiare. Penso a come abbiamo collettivamente dimenticato cosa siamo in grado di fare, semplicemente usando il nostro corpo e le nostre facoltà mentali… Però per sapere veramente che cosa questo viaggio significhi me lo devo chiedere fra qualche mese o qualche anno.  

Giunti alla fine, lo rifarebbe?
Assolutamente sì.  

Pensa di rifare esperienze simili in futuro?
Non lo escludo. 

Consiglierebbe un lungo cammino di questo tipo ad altri?
Il cammino lo consiglierei a tutti. Lungo o corto, non importa. Forse prima di saltare in macchina ci si potrebbe chiedere se il percorso sarebbe fattibile a piedi.

Maurizio Zucchi
Collaboratore esterno