Nelle scorse settimane Evelina Raselli ha annunciato, tramite il suo profilo Instagram, che è giunto il momento di ritirarsi dall’hockey. Il Bernina, che negli anni ha sempre seguito con piacere l’atleta di casa, non ha perso l’occasione di intervistarla in questo momento particolare della sua carriera.
Evelina, partiamo dalla scelta di annunciare il tuo ritiro su Instagram. Solo un modo di raggiungere più persone possibile con la notizia o ci sono ragioni particolari per cui hai scelto questo social media per l’annuncio, anziché per esempio farlo tramite stampa o tv?
Nei giorni precedenti al post su Instagram ho informato personalmente la federazione, allenatori, compagne di squadra e le persone che mi sono vicine. Dopodiché volevo semplicemente renderlo “ufficiale”. Non mi aspettavo tutta questa attenzione mediatica. Negli ultimi mesi sono stata confrontata molto spesso con domande riguardanti il mio futuro sportivo, da tutte le parti. Rendendolo ufficiale mi sono tolta un bel peso. Non è stata una decisione facile, ma per me quella giusta.
Scrivi: “E’ giunto il momento di congedarsi da pattini e ghiaccio per aprire un nuovo capitolo di vita”. Da quanto ci pensavi?
Non è stata una decisione presa velocemente. Ci sono state tante cose da mettere sulla bilancia per prenderla. Sono grata per tutto quello che ho potuto vivere grazie all’hockey su ghiaccio, ma sento che questo è il momento giusto per smettere.
A livello di club: 269 partite nelle Ladies Lugano, un’esperienza in Svezia al Brynäs e una negli Stati Uniti al Boston Pride. Quali sono i tuoi momenti più belli di questa lunga carriera?
Diciamo che il titolo con Boston è il più recente e quindi quello più presente nella mia mente. Ma di momenti belli ne ho avuti parecchi: i miei primi passi con le Ladies a Lugano, gli anni da capitano, il bronzo in Coppa Europa o il recente titolo svizzero nel 2021. Della mia avventura in Svezia sono fiera a livello personale, per aver avuto il coraggio di fare questa esperienza, che mi ha poi aiutato parecchio negli anni seguenti. Tutta la mia esperienza a Boston è stata fantastica, vivere negli USA, vivere di hockey.
Con la nazionale elvetica due bronzi: uno mondiale (2012) e uno olimpico (2014), indossando la fascia da capitano in diverse occasioni. I tuoi ricordi più belli?
Non ho mai ambito alla C o a far parte del Captain’s team, però devo ammettere che il quarto di finale agli ultimi mondiali vissuto da capitano è stato davvero speciale. Forse anche perché ero consapevole che sarebbero potuti essere gli ultimi.
La prima medaglia con la nazionale nel 2012 è indimenticabile: avevamo raggiunto qualcosa mai raggiunto prima e questo ci ha fatto rendere conto di quali erano le nostre potenzialità. Il bronzo di Sochi avrà sempre un posto speciale nel mio cuore. Vincere una medaglia alle olimpiadi è il sogno di ogni sportivo. A dirla tutta, ogni mondiale e ogni partecipazione alle olimpiadi sono stati speciali. Ad ogni singolo torneo sono successe tante cose e ho avuto ruoli diversi.
Non ti ha sfiorato il pensiero l’idea di continuare e chiudere la carriera con i Giochi Olimpici in Italia nel 2026? Troppi anni ancora?
Chiaramente ci ho pensato. Ma sono 4 anni, 1460 giorni di allenamenti e impegno. Per me è sempre stato o 100% o niente e sento che la decisione presa è quella giusta.
Sullo stesso tono della domanda precedente: all’apice della tua carriera, raggiunto e vinto il miglior campionato professionistico di hockey al mondo (quello americano), non te la sentivi, come il tuo contratto ti consentiva, di allungare almeno di una stagione?
Da quando ho iniziato a pensare seriamente al ritiro ho ricevuto qualsiasi tipo di offerta. Improvvisamente, anche giocando in Svizzera avrei guadagnato dei soldini. Poi un’altra offerta dalla PHF e poche settimane fa dalla Svezia. Ma non si tratta di soldi o meno, dovrei essere motivata al 100%, si tratta di allenarsi quotidianamente, non solo di partecipare a olimpiadi e mondiali.
Parlando di soldi, può aver pesato su questo tuo ritiro il fatto che l’hockey femminile a livello economico è profondamente svantaggiato rispetto a quello maschile? Un diverso trattamento economico ti avrebbe invogliato a proseguire oltre i 30 anni?
Non posso rispondere a questa domanda perché questo non è stato il mio caso. Non so cosa avrei deciso se il mio percorso fosse stato diverso.
Molti ex atleti appena ritirati si reinventano all’interno dello stesso sport, come allenatori, preparatori, commentatori, ecc. A te piacerebbe fare qualcosa del genere o dopo tutti questi anni vuoi proprio cambiare aria?
Al momento preferisco staccare. Non ho più messo i pattini dall’ultima partita dei mondiali in agosto. Ho davvero bisogno di questa nuova libertà e del tempo libero. Non escludo comunque un ritorno: ho già fatto dei corsi di allenatrice e ne ho in programma degli altri. Ma cosa succederà e in quale funzione si vedrà…
Segui la squadra di Poschiavo? Qui c’è Xenia Balzarolo che sta un po’ seguendo le tue orme, ma anche tanti altri giovani promettenti. Hai qualche consiglio da dare loro dall’alto della tua esperienza?
Certo, ho sempre seguito l’HC Poschiavo, sia la prima squadra che il settore giovanile. È difficile dare un consiglio, ognuno segue il proprio percorso. Consiglio solo di porsi degli obiettivi e lavorare duro per raggiungerli.