Giornata Porte Aperte al Mulino Aino: un’immersione nella storia artigianale preindustriale

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Deve essere capitato a tutti di chiedersi “ma come si faceva una volta? Come venivano fatte le cose quando non c’erano i mezzi di oggi?”. Alla maggior parte di queste curiosità non abbiamo risposte che ci permettono di conoscere direttamente il come funzionavano veramente le cose. Talvolta lo apprendiamo per via indiretta, magari nozionistica, altre volte lo possiamo solo immaginare, o ipotizzare, altre ancora, invece, non lo possiamo nemmeno immaginare.

Non è questo il caso del Mulino Aino, che ha aperto le sue porte al pubblico sabato 1° giugno, in onore di Giovanni Lardelli, per una giornata speciale dedicata alla scoperta del Complesso artigianale preindustriale e al Centro di conservazione dei beni culturali. Questo evento, introdotto da Giovanni Ruatti, ha offerto ai visitatori l’opportunità di esplorare il mulino storico in funzione, visitare il museo annesso e conoscere il prezioso contributo di Giovanni Lardelli nella preservazione di questo tesoro culturale. Dopo aver assistito alla lavorazione delle materie prima, il grano nelle macine e il ferro nella fucina, si è potuto pranzare con la polenta macinata a pietra nel mulino la mattina stessa.

La situazione artigianale preindustriale
Prima dell’avvento dell’industrializzazione, i mulini ad acqua come il Mulino Aino erano il fulcro della vita artigianale e agricola delle comunità locali. Questo mulino in particolare, alimentato da alcune turbine azionate dalla forza dell’acqua e non dalle più antiche pale sostituite agli inizi del ‘900, utilizza l’energia idrica per azionare rispettivamente macine, fucina e segheria. Il complesso, però, comprende anche un lavatoio, posto prima dell’ingresso dell’acqua nelle turbine, e un laboratorio. Il lavoro nei mulini richiedeva abilità specifiche e una conoscenza approfondita delle tecniche artigianali tramandate di generazione in generazione: il periodo di maggiore attività ha impiegato fino 15 addetti per tutto il complesso. Come spiega Adriano Menghini, le tracce storico-documentali di cui disponiamo attestano un passaggio di proprietà all’inizio dell’800 ma «la nascita del Complesso artigianale dal Punt de la rasiga in Aino risale sicuramente al periodo in cui l’uomo in Valle di Poschiavo cominciò a coltivare cereali, dunque molto prima del periodo storico al quale si riferiscono i documenti in nostro possesso».

Il valore del Mulino Aino
Il Mulino Aino è un esempio magnificamente conservato di architettura e tecnologia preindustriale: ristrutturato così come era stato aggiornato negli anni’30, non sono stati reintrodotti elementi più vecchi per non comprometterne l’autenticità e mostrare invece l’ingegnosità e il progresso tecnologico raggiunto al suo apice, preservandone l’integrità storica e nondimeno la sua funzionalità. «Negli anni’30 – spiega ancora Adriano Menghini – l’attività del mugnaio era fiorente e la Valposchiavo era disseminata di mulini e segherie azionate dall’acqua, e di “Puntunai”, vere e proprie arterie vitali per le attività di quel tempo. Erano quelli gli anni in cui i valposchiavini cominciavano a vedere la tecnica come uno strumento per sfruttare a proprio favore le forze della natura». Più tardi, con il progredire delle tecnologie industriali, il mulino ha diminuito la sua attività fino a cessarla negli anni ’70.

Adiacente al mulino, il museo offre una collezione di 6000 oggetti tra utensili, documenti e manufatti che raccontano la storia della società e della vita rurale. Il museo, però, non è solo inventariazione, ma un viaggio nel tempo che permette di avvicinarsi personalmente alla storia di questo luogo.

Il contributo di Giovanni Lardelli:
Giovanni Lardelli, è stato strettamente legato al Mulino Aino, e il suo impegno di fondamentale importanza per la conservazione e la valorizzazione di questo sito storico per come lo troviamo oggi. Grazie alla sua dedizione e al suo impegno, il mulino è stato restaurato e trasformato in un centro culturale vivo e dinamico. Giovanni Lardelli ha lavorato instancabilmente per assicurare alle future generazioni la possibilità di apprezzare e imparare dalla storia artigianale rappresentata dal Mulino Aino, perché non venga dimenticata. Grazie agli sforzi di persone come Giovanni Lardelli, questo patrimonio continua a vivere, arricchendo la comunità e preservando un pezzo importante della nostra storia. Per questo, la Fondazione Musei Valposchiavo ha posto una targhetta commemorativa in suo onore all’ingresso del mulino. Adriano Menghini lo ha voluto ricordare, infine, con una frase emblematica e pregnante: «non è importante quanto un uomo abbia raccolto nel corso della propria vita, bensì quanto egli abbia seminato».